Cronaca

Pamela Mastropietro, il superteste accusa Oseghale dell'omicidio: "Mi disse che era stato lui a ucciderla e farla a pezzi"

Pamela Mastropietro 
Il pentito di 'ndrangheta Marino racconta le confidenze del nigeriano in carcere: "La ragazza voleva tornare a Roma e denunciarlo, a quel punto lui l'ha ferita a morte e poi squartata"
3 minuti di lettura
MACERATA - Pamela disse a Oseghale che voleva tornare a casa, denunciarlo, e a quel punto lui l'accoltellò. Credendola morta, iniziò a farla a pezzi, ma la diciottenne era ancora viva, si lamentava e allora lui la uccise con la lama. È la storia del delitto di Macerata nelle parole del supertestimone Vincenzo Marino, il pentito di 'ndrangheta che oggi ha testimoniato in aula riportando le confidenze che proprio Oseghale gli avrebbe fatto in carcere.

La seconda udienza del processo, iniziato il 13 febbraio, si è aperta oggi davanti alla Corte di Assise di Macerata. L'imputato, il nigeriano Innocent Oseghale, è accusato di aver ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana Pamela Mastropietro poco più di un anno fa. In aula c'è anche la mamma di Pamela, Alessandra Verni: indossa una maglietta con la foto della figlia e una collana con il suo nome.

Il collaboratore di giustizia

A inizio udienza, il collaboratore di giustizia, un pentito di 'ndrangheta, aveva fatto sapere di aver paura per la sua famiglia, dopo che sua moglie ha ricevuto una bambolina con la testa tagliata, e aveva chiesto di essere riammesso al programma di protezione. Per questi i legali di Marino e dei Mastropietro avevano proposto il rinvio della testimonianza. Ma il procuratore Giovanni Giorgio si è opposto, spiegando di aver avuto garanzie dal prefetto sulla sicurezza di Marino e dei suoi familiari. E anche la difesa di Oseghale era contraria. Ha preso così le mosse il lungo racconto della confessione che Oseghale avrebbe reso a Marino nel periodo in cui i due erano insieme in carcere ad Ascoli. I testi da ascoltare nel processo, che è iniziato il 13 febbraio, sono una quarantina.
 

Il primo incontro in carcere

"L'8 luglio scorso- ha raccontato Marino spiegando che lui e Oseghale erano detenuti a 4 quattro metri di distanza - uscii dalla mia cella e vidi Oseghale davanti alla sua. In carcere lo chiamavano macellaio. Gli dissi: Cornuto, pezzo di m... che facesti? E gli lanciai una bottiglia". A quel punto i due detenuti furono divisi e fu stabilito il divieto di incontro. Ma giorni dopo "un altro carcerato venne a dirmi che Oseghale si voleva riappacificare", ha continuato il teste, spiegando che il nigeriano "parlava italiano e mi chiamava zio", che in carcere è "una persona che merita rispetto".
 
La droga e il sesso
Innocent Oseghale, ha spiegato Marino stamattina, "all'inizio mi disse che lui non c'entrava nulla". Solo in un secondo momento l'imputato avrebbe accettato di confessare la verità. "Disse che la ragazza arrivò a Macerata, ai giardini Diaz, e gli chiese un po' di eroina". Il nigeriano le rispose che lui aveva "solo erba" ma che avrebbe potuto farla arrivare. Poi "chiamò il suo connazionale Desmond Lucky", e in attesa della droga la ragazza pagò "con una collanina che le aveva regalato la madre".
 
A quel punto i tre, secondo Marino, "sono andati a comprare una siringa e poi a casa, per consumare un rapporto a tre" perché "Desmond Lucky e Oseghale volevano stare con Pamela". Oseghale, ha detto oggi in aula il pentito, "mi raccontò che la ragazza si era fatta di roba, Desmond si avvicinò per approcciarla e lei lo respinse. A quel punto l'uomo "le diede uno schiaffo e la ragazza cadde a terra e svenne. Poi Lucky se ne andò". Oseghale riuscì a rianimare Pamela gettandole un po' d'acqua sul viso. Lei era sveglia - ancora Marino - ma aveva "gli occhi girati all'insù" e i due "ebbero un rapporto completo".
 

Le coltellate e l'occultamento del corpo

Secondo il superteste, la ragazza spiegò a Oseghale che "voleva andare via, tornare nella sua casa di Roma in treno, che voleva denunciarlo". Per reazione il nigeriano le "diede una coltellata all'altezza del fegato e Pamela cadde a terra".  A quel punto, Oseghale "mi raccontò che, credendo che la diciottenne fosse già morta, andò ai giardini Diaz per chiedere, invano, aiuto a un connazionale. Poi "tornò a casa, e la squartò iniziando dalla gamba. Ma lei iniziò a muoversi e lamentarsi e lui le diede una seconda coltellata al fegato".
 

La mafia nigeriana

Oseghale, sempre secondo il pentito, "mi disse che era il referente della mafia nigeriana, sia a livello di prostituzione che di stupefacenti. E che faceva riferimento a Padova e a Castel Volturno". Ma quanto a eventuali complici "non fece nessun nome. Mi raccontò che dopo averla fatta a pezzi l'aveva lavata con la varechina perché così non si sarebbe saputo se era morta di overdose o assassinata". "Disse che aveva un sacco in frigo dove mettere i pezzi, ma non ci entravano e l'ha dovuta tagliare e l'ha messa in due valigie". A quel punto, secondo la ricostruzione del testimone, l'uomo "chiamò un taxi, ma mentre era in auto la moglie gli telefonava e lui andò nel panico".