Cronaca

IL COMMENTO

Le parole semplici del buonsenso

(ansa)
Nei 15 anni di Simone, c’è il gusto profondo della sfida al pensiero dominante
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Sembrava un “Aprile” a lieto fine, ma senza Nanni Moretti in tinello e Massimo D’Alema sullo schermo.

Un giovane, ripreso dai telefonini di chi voleva irriderlo, che metteva in fila una via l’altra quattro cose se non di sinistra, di civiltà. Concetti di buon senso, ovvietà valoriali che ormai da questa parte del mondo, spesso barcollante, timorosa, inchiodata alla ricerca del consenso spicciolo o del quieto vivere, pensiamo destinate a una minoranza. Empiti di tolleranza che ci paiono, più che irricevibili, non consegnabili, circondati come sono dal crepitio delle tv, e dei social, che ripetono lo stesso gorgogliando la stessa parodia di insulto: “Buonisti!”.

Nei 15 anni di Simone, c’è il gusto profondo della sfida al pensiero dominante. Il coraggio concreto di scandire i propri riferimenti culturali, più che politici, sapendo che sono impopolari tra chi lo circonda. Concretamente. Con la concreta possibilità di perdere un dente o più, non follower. La speranza che il “cosa” dici, quando speri di cambiare le regole del gioco, sia più importante del rumore altrui che ti fa velo.

C’è, inoltre, un tono di voce che radical chic — altro rifugio espressivo dei cattivisti — proprio non è. Un lessico popolare che in pochi secondi fa giustizia della polemica anabolizzata tra élite e popolo, il cui sfruttamento da parte delle vere élite, comprese Lega ed elettori ex berlusconiani/neogrillini, rappresenta uno dei più clamorosi inganni della nostra Storia recente. Dal quale il popolo prima o poi si desterà. Prendendola malissimo.

Il destino scampi e liberi il piccolo riformista riluttante dal consenso interessato di cui sarà oggetto da oggi (ieri, dai) in poi. Spero non disdegni il “grazie” di un vecchio signore che, affaticato pure ieri dal clangore dei social, per un attimo ha aperto la finestra e ha scorto un improvviso, promettente, scintillio.