Cronaca

'Ndrangheta: risolto omicidio del 2003, arrestati vertici cosca Mancuso

La soluzione di un "cold case" di 16 anni fa ha permesso di decapitare il clan del Vibonese
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REGGIO CALABRIA. Grazie a un "cold case" del 2003, cadono capi e reggenti del potentissimo clan Mancuso. Su richiesta dei magistrati di Catanzaro, guidati da Nicola Gratteri, questa mattina all'alba sono finite in manette quattro persone, fra cui i vertici operativi del casato mafioso che da decenni terrorizza non solo la natia Limbadi, ma tutto il vibonese. Tra gli arrestati, ci sono anche i boss Cosmo Mancuso, al vertice di uno dei rami dell'omonima famiglia di 'ndrangheta e Giuseppe Accorinti di Zungri, capo della cosca- costola del clan attiva nel vibonese,  più Antonio Prenesti, detto "Yò Yò", di Nicotera e Domenico Polito di Paradisoni di Briatico, residente a Tropea, ritenuto vicino al clan La Rosa.

Personaggi noti, ingombranti, pericolosi dicono gli investigatori. Soggetti che per conto dei Mancuso hanno tenuto in scacco Nicotera, Zungri, la nota località turistica di Tropea. Per tutti, l'accusa è di omicidio. È tra loro, hanno capito gli uomini della Squadra mobile di Catanzaro, della questura di Vibo, guidata da Andrea Grassi, e dello Sco, che vanno cercati mandanti ed esecutori dell'omicidio di Raffaele Fiamingo detto "Il Vichingo", ritenuto il boss di Rombiolo, e del ferimento del boss Francesco Mancuso di Limbadi, detto "Ciccio Tabacco".
 Un'immagine del delitto del 2003 

Un delitto maturato nell'ambito dello scontro interno fra due rami del noto casato di 'ndrangheta di Limbadi, quello capeggiata da Francesco Mancuso e quella guidata dallo zio Cosmo,  ricostruito anche grazie al primo pentito "eccellente" del clan. Dal giugno scorso, Emanuele Mancuso, il nipote di "Tabacco", collabora con i magistrati. È stato lui a spiegare chi fossero i responsabili dell'omicidio Flamingo, considerato da tempo un punto di svolta nelle dinamiche interne del clan del vibonese.

Dichiarazioni che hanno permesso di rafforzare l'impalcatura investigativa e incastrare i quattro boss. "Speriamo di averli tolti dalla circolazione, almeno per un po'" commenta un investigatore di lungo corso, che ha seguito da vicino le indagini e conosce bene i personaggi. Gente abituata ad imporre con violenza ed arroganza il proprio volere, dagli affari alle processioni. E che non ha mai avuto paura di farsi riconoscere.

L'ultima volta è successo qualche mese fa, il 5 agosto, quando "Peppone" Accorinti ha interrotto la festa religiosa più sentita di Zungri, piccola frazione del vibonese, pretendendo di essere fra i portatori del quadro della "Madonna della neve". All'epoca uomo libero e senza conti con la giustizia in sospeso, quello che per gli investigatori è l'uomo forte dei Mancuso nella zona, era riuscito a infiltrarsi fra i portatori della statua, nonostante le proteste di parte del comitato per i festeggiamenti. Alla fine era toccato ai carabinieri bloccare la processione, mentre Accorinti si dileguava fra la folla. Sfrontatezze da boss, che sul territorio vuole dimostrare chi comanda. Ma da questa mattina all'alba è chiuso in una cella.