Petra Reski: "Cercavo la mafia in Sicilia, l'ho trovata nel cortile di casa"

Alla Nuvola la giornalista tedesca che Beppe Grillo ha voluto incontrare e che da anni vive tra Venezia e Palermo. Per prima ha svelato al suo paese d'origine gli intrecci 'ndranghetisti dopo la strage di Duisburg e qui presenta il suo nuovo lavoro: "Palermo connection", sotto forma di romanzo "per non continuare a difendermi da minacce e querele"

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Ecco la giornalista che piace tanto a Grillo, Petra Reski, per la quale il comico fondatore del Cinquestelle è venuto alla Nuvola, alla manifestazione Più libri Più Liberi, e qui ha presentato l'ultimo libro dell'amica cronista esperta di mafia.

Petra Reski è una signora tedesca che vive tra Venezia e Palermo, giornalista e scrittrice di cui molto si cominciò a parlare quando nel 2008 scrisse il primo libro intititolato "Santa Mafia" in cui svelava gli intrecci 'ndranghetisti dietro la strage di Duisburg, le sei persone uccise per la faida aspromontina tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari.

Dopo la pubblicazione - racconta la reporter che conobbe Grillo nel primo meet up del Movimento a Torino nel 2006 e da allora sono rimasti molto amici - ha trascorso anni a difendersi nei processi: tre querele, due denunce penali e minacce anche durante le udienze in tribunale. E tutti coloro che l'avevano denunciata, "vari imprenditori italiani" sottolinea lei stessa, vincono le cause. Alcune pagine di "Santa Mafia" vennero letteralmente annerite su richiesta dei tribunali tedeschi e nere, illegibili, in Germania lo sono ancora oggi.

Adesso Reski presenta il suo nuovo lavoro, "Palermo connection", storie di malaffare siciliano molto attinenti alle cronache giudiziarie, ma in forma di romanzo, per non incorrere, soprattutto nel suo paese, in una nuova sequela di interdizioni.

Dopo il movimentato viatico di Grillo - con tanto di contestazione al fondatore M5s che si è rivolto ai giornalisti con solito rosario di insulti - Reski viene presentata e affiancata all'Arena Robinson da Enrico Bellavia, il giornalista di Repubblica per anni cronista di nera e giudiziaria a Palermo che di libri sulla mafia ne ha scritti sette, l'ultimo per Laterza, "Sbirri e padreterni", quindi collega assai pratico di fonti segrete, di confidenze nell'ombra, di intrecci di malavita e potere finanziario.

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"Sì, il mio è un romanzo di necessità" così conferma la Reski la definizione del volume data da Bellavia, "ha nomi e personaggi immaginari, ma molto attinenti alla realtà, e non appare come una inchiesta vera e propria". Un fantasy, ma con parecchia attualità italiana, "per cercare di non trascorre anche i miei prossimi anni tra aule di tribunale e ricorsi d'avvocato". "Nel libro mi soffermo soprattutto su due tabù. La Germania, il mio paese, che ancora si stupisce di scoprire che ha dentro di sé famiglie mafiose che la innervano. E questa stranezza davvero italiana della distruzione dei nastri delle intercettazioni delle conversazioni tra Napolitano e Mancino durante il processo per la trattativa Stato-mafia. Ecco, nel libro immagino una trascrizione fedele di quella conversazione che invece non sarà mai più possibile avere".

Il protagonista del libro è un giornalista straniero che arriva a Palermo perchè vuole riuscire a intervistare un vero boss mafioso. "Sì, questa è una vera e propria fissazione dei grandi inviati che non conoscono le cose palermitane", conferma Bellavia che ricorda che non tanto tempo fa fu organizzata una vera e proprio burla a un collega titolato, i cronisti locali lo misero in contatto con un amico vetturino - molto siciliano ma per nulla mafioso - e l'intervista al presunto capo-mandamento finì davvero alle stampe. E poi c'è Serena Vitale procuratrice antimafia italo-tedesca  appassionata e battagliera, conosce bene i rischi che corre quando decide di trascinare in tribunale per collusione mafiosa un politico di fama.
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"Rispetto all'Italia, in Germania è molto più difficile scrivere di mafia, ma il compito dei giornalisti non è quello di scrivere solo a sentenza avvenuta ma di fiutare altro e prima, dove sta il malaffare" sottolinea Reski, "nel mio paese si tiene in massima considerazione il diritto alla privacy, c'è molta prudenza, cose così. E ad esempio è quasi impossibile per un magistrato tedesco che vuole intercettare un sospetto boss mafioso procedere con le registrazioni perchè in Germania l'orecchio dello Stato è sentito come un ritorno al spie del nazismo, o ai fantasmi dell'Est. Ma il mio paese dovrebbe smettere con queste cautele e assolutamente adeguare le leggi alle nuove emergenze criminali".