Imprenditore e picchiatore. Orgogliosamente fascista. Già pregiudicato, e tutt'ora sotto processo per violenze. È l'identikit di Francesco Polacchi, 33 anni, dirigente di CasaPound che con la sua casa editrice Altaforte è al centro delle polemiche sul Salone del Libro di Torino. "Il vero male italiano è l'antifascismo", ringhia Polacchi dicendosi sorpreso dal clamore sollevato dalla presenza della sua etichetta editoriale alla kermesse torinese.
Ma vediamo meglio chi è questo imprenditore-militante, già compagno di cene di Salvini che un anno fa lo onorò indossando allo stadio un giubbino Pivert, il marchio di moda prodotto da Polacchi. Già dirigente del Blocco Studentesco - la branca giovanile di CasaPound, sempre più diffusa nelle scuole - il primo episodio che lo fa conoscere alle cronache nazionali risale al 2008: a Roma Polacchi guida gli scontri dei giovani fascisti contro gli studenti del movimento dell'Onda che protestano contro i tagli del governo Berlusconi sulla scuola (riforma Gelmini). Colpi di spranghe e caschi integrali in piazza Navona: lui, il ragazzotto col cranio rasato che assalta gli avversari in camicia azzurra e mazza, viene arrestato e condannato a un anno.
Due anni prima - ha solo 21 anni - è protagonista di un'estate turbolenta: in vacanza a Porto Rotondo, accoltella un giovane sassarese e ne ferisce altri due davanti ad una discoteca. Botte anche nella notte del 13 Aprile 2010, quando Polacchi e i suoi aggrediscono con cinghie e bastoni alcuni militanti del Centro Sociale Acrobax che stanno attaccando manifesti a Roma Tre. In quell'occasione i fascisti ebbero la peggio (Polacchi stesso ebbe un braccio ingessato). Tutti i partecipanti alla rissa furono denunciati.
Dopo avere collezionato guai giudiziari, nel 2015 Polacchi decide di lanciarsi nell'avventura imprenditoriale (la prima): il capetto casapoundista fonda Pivert. Il brand è, fin da subito, legato a CasaPound (curiosità: il numero di telefono dell'azienda è lo stesso de Il Primato Nazionale, testata giornalistica del partito fascista). Il simbolo è un picchio e i "fascisti del terzo mllennio" adottano i capi di abbigliamento Pivert come un segno di riconoscimento. Polacchi è l'amministratore unico con il 70% della proprietà (il restante 30% è intestato alla società Minerva Holding, a sua volta controllata per un quarto da Polacchi stesso). La sede legale di Pivert è a Roma, ma il quartier generale è a Cernusco sul Naviglio, dove si trovano anche i magazzini di stoccaggio della merce (felpe, magliette, giubbotti). L'azienda ha negozi a Milano, Brescia, Torino e Roma. Testimonial (inconsapevole?) di Pivert il 9 maggio 2018 è Matteo Salvini, il capitano sovranista che nel 2014-2015 con la Lega era alleato con CasaPound: come rivelato da "Repubblica", il ministro dell'Interno (stava per diventarlo) si presenta in tribuna d'onore allo stadio Olimpico di Roma per assistere alla finale di Coppa Italia Juventus-Milan proprio con il giubbino Pivert. Per la gioia di Polacchi, che con Salvini e gli altri capi di CPI si fa fotografare a cena (è lui che scatta il selfie).
Il picchiatore di Piazza Navona fa affari. Ma il primo amore, la militanza politica, ritorna. E' il 29 giugno 2017: un gruppo di militanti di CasaPound, con in testa Polacchi, fa irruzione a Palazzo Marino durante un Consiglio comunale. L'obiettivo della protesta è il sindaco Giuseppe Sala, all'epoca coinvolto nell'indagine su Expo. "Dimissioni, dimissioni" urlarono i camerati dopo avere srotolato uno striscione. Il blitz delle "tartarughe nere" ha anche un contorno violento: i militanti neofascisti aggrediscono nell'androne la delegazione di un comitato di inquilini della zona San Siro. Diciassette mesi dopo per i protagonisti del blitz arriva il rinvio a giudizio disposto dalla procura di Milano: l'8 febbraio scorso, alla prima udienza, compaiono cinque esponenti di Casa Pound. Si legge nella citazione che in due "aggredivano con calci e pugni" due membri del comitato inquilini, procurandogli delle lesioni "al volto e alla testa", dopo avere apostrofato - secondo la denuncia fatta dagli stessi aggrediti - un ragazzo di colore con frasi razziste del tipo "Nero di merda...che ci fai dentro?". Uno dei due casapoundisti è lui, Francesco Polacchi. Che nel frattempo diventa coordinatore lombardo di CasaPound e dà il via alla seconda avventura imprenditoriale: la casa editrice Altaforte. Arriviamo al discusso libro-intervista a Matteo Salvini e al caso del Salone del Libro. "Ci aspettavamo le polemiche, ma attacchi così violenti no", dice l'imprenditore-squadrista. Come se la violenza fosse un oggetto à lui sconosciuto. L'unica certezza è la costante ammirazione per Salvini: "E' uno che parla chiaro e mantiene le cose. Ha fatto bene su immigrazione e sui rom". Polacchi dixit.
Ma vediamo meglio chi è questo imprenditore-militante, già compagno di cene di Salvini che un anno fa lo onorò indossando allo stadio un giubbino Pivert, il marchio di moda prodotto da Polacchi. Già dirigente del Blocco Studentesco - la branca giovanile di CasaPound, sempre più diffusa nelle scuole - il primo episodio che lo fa conoscere alle cronache nazionali risale al 2008: a Roma Polacchi guida gli scontri dei giovani fascisti contro gli studenti del movimento dell'Onda che protestano contro i tagli del governo Berlusconi sulla scuola (riforma Gelmini). Colpi di spranghe e caschi integrali in piazza Navona: lui, il ragazzotto col cranio rasato che assalta gli avversari in camicia azzurra e mazza, viene arrestato e condannato a un anno.
Salone del libro, quando Francesco Polacchi (Altaforte) partecipò agli scontri di piazza Navona
Due anni prima - ha solo 21 anni - è protagonista di un'estate turbolenta: in vacanza a Porto Rotondo, accoltella un giovane sassarese e ne ferisce altri due davanti ad una discoteca. Botte anche nella notte del 13 Aprile 2010, quando Polacchi e i suoi aggrediscono con cinghie e bastoni alcuni militanti del Centro Sociale Acrobax che stanno attaccando manifesti a Roma Tre. In quell'occasione i fascisti ebbero la peggio (Polacchi stesso ebbe un braccio ingessato). Tutti i partecipanti alla rissa furono denunciati.
Dopo avere collezionato guai giudiziari, nel 2015 Polacchi decide di lanciarsi nell'avventura imprenditoriale (la prima): il capetto casapoundista fonda Pivert. Il brand è, fin da subito, legato a CasaPound (curiosità: il numero di telefono dell'azienda è lo stesso de Il Primato Nazionale, testata giornalistica del partito fascista). Il simbolo è un picchio e i "fascisti del terzo mllennio" adottano i capi di abbigliamento Pivert come un segno di riconoscimento. Polacchi è l'amministratore unico con il 70% della proprietà (il restante 30% è intestato alla società Minerva Holding, a sua volta controllata per un quarto da Polacchi stesso). La sede legale di Pivert è a Roma, ma il quartier generale è a Cernusco sul Naviglio, dove si trovano anche i magazzini di stoccaggio della merce (felpe, magliette, giubbotti). L'azienda ha negozi a Milano, Brescia, Torino e Roma. Testimonial (inconsapevole?) di Pivert il 9 maggio 2018 è Matteo Salvini, il capitano sovranista che nel 2014-2015 con la Lega era alleato con CasaPound: come rivelato da "Repubblica", il ministro dell'Interno (stava per diventarlo) si presenta in tribuna d'onore allo stadio Olimpico di Roma per assistere alla finale di Coppa Italia Juventus-Milan proprio con il giubbino Pivert. Per la gioia di Polacchi, che con Salvini e gli altri capi di CPI si fa fotografare a cena (è lui che scatta il selfie).
Il produttore del giubbotto di Salvini: "Mi ha fatto pubblicità, ma il motto 'prima gli italiani' è di CasaPound"
Il picchiatore di Piazza Navona fa affari. Ma il primo amore, la militanza politica, ritorna. E' il 29 giugno 2017: un gruppo di militanti di CasaPound, con in testa Polacchi, fa irruzione a Palazzo Marino durante un Consiglio comunale. L'obiettivo della protesta è il sindaco Giuseppe Sala, all'epoca coinvolto nell'indagine su Expo. "Dimissioni, dimissioni" urlarono i camerati dopo avere srotolato uno striscione. Il blitz delle "tartarughe nere" ha anche un contorno violento: i militanti neofascisti aggrediscono nell'androne la delegazione di un comitato di inquilini della zona San Siro. Diciassette mesi dopo per i protagonisti del blitz arriva il rinvio a giudizio disposto dalla procura di Milano: l'8 febbraio scorso, alla prima udienza, compaiono cinque esponenti di Casa Pound. Si legge nella citazione che in due "aggredivano con calci e pugni" due membri del comitato inquilini, procurandogli delle lesioni "al volto e alla testa", dopo avere apostrofato - secondo la denuncia fatta dagli stessi aggrediti - un ragazzo di colore con frasi razziste del tipo "Nero di merda...che ci fai dentro?". Uno dei due casapoundisti è lui, Francesco Polacchi. Che nel frattempo diventa coordinatore lombardo di CasaPound e dà il via alla seconda avventura imprenditoriale: la casa editrice Altaforte. Arriviamo al discusso libro-intervista a Matteo Salvini e al caso del Salone del Libro. "Ci aspettavamo le polemiche, ma attacchi così violenti no", dice l'imprenditore-squadrista. Come se la violenza fosse un oggetto à lui sconosciuto. L'unica certezza è la costante ammirazione per Salvini: "E' uno che parla chiaro e mantiene le cose. Ha fatto bene su immigrazione e sui rom". Polacchi dixit.