Economia

Reddito di cittadinanza agli italiani? "Impossibile escludere stranieri lungo-soggiornanti e rifugiati"

Alberto Guarisso dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione: "Sono il 65% degli stranieri. Se si tagliassero fuori, andremmo incontro a infrazioni o pronunce della Corte Ue"
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Il vicepremier Luigi Di Maio ha ribadito oggi quanto scritto nel contratto di governo con la Lega e recentemente confermato da una mozione approvata alla Camera su iniziativa dei due azionisti del governo: "Il reddito di cittadinanza è uno strumento di sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno".

Alberto Guariso, avvocato dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, è possibile limitare una simile misura ai "cittadini italiani"?
Le prestazioni che rispondono a bisogni essenziali della persona non possono essere soggette a limitazioni di alcun genere, né per la cittadinanza, né per titolo di soggiorno né per durata della residenza. La Corte costituzionale ha affermato - ad esempio, nella sentenza 187/2010 - ripetutamente questo principio facendo riferimento a tutte le prestazioni "destinate a far fronte al sostentamento della persona". Si è trattato sinora di sentenze riferite alle prestazioni di invalidità, ma lo stesso principio non può che essere applicato anche a una prestazione rivolta (anche o esclusivamente, dipenderà dai limiti di reddito) a far uscire molte famiglie dalla condizione di povertà assoluta.

Come sarebbe allora possibile circoscrivere la platea, sulla base di criteri concettualmente affini alla 'cittadinanza'?
Anche se il reddito non venisse configurato come risposta a bisogni primari della persona, non potrebbe essere negato agli stranieri per i quali le direttive europee prevedono parità di trattamento in tutte le prestazioni, anche ulteriori rispetto a quelle minime essenziali. Si tratta, oltre ai cittadini dell'Unione (tutelati dall'articolo 18 del Trattato) dei titolari di permesso di lungo soggiorno (direttiva 2003/109) e dei titolari di protezione internazionale (direttiva 2011/95) oltre ad altre categorie di minor importanza (carta blu eccettera). Queste categorie sono il 65% degli stranieri e per questi non c'è spazio per alcuna deroga. Se si derogasse, si finirebbe con una procedura di infrazione della Commissione oppure con una pronuncia della Corte Ue. Se poi il reddito di cittadinanza venisse configurato come un sostegno al reinserimento lavorativo, potrebbe rientrare anche nell'ambito della direttiva 2011/98 e in questo caso sarebbero tutelati anche i titolari di permesso unico lavoro, cioè il restante 35% degli stranieri presenti in Italia. In ogni caso, migliaia di cause sarebbero assicurate. Si finirebbe per affidare un diritto sociale fondamentale alle aule dei giudici invece che a criteri certi e omogenei su tutto il territorio: una situazione inaccettabile dal punto di vista sociale.   
 
Ci sono casi recenti di misure che hanno generato un contenzioso come quello che ci sta descrivendo?
Tutte le prestazioni che inizialmente erano state negate a lungo-soggiornanti e rifugiati sono poi state estese a queste categorie o per sentenza della Corte Costituzionale e della Corte UE, o per circolari INPS. In passato abbiamo visto la stessa trafila, praticamente per tutte le prestazioni inizialmente negate agli stranieri che poi sono state via via ammesse per via giudiziaria o amministrativa: assegno famiglie numerose, indennità di maternità, bonus bebè, carta acquisti e via dicendo. Attualmente la situazione è che tutte queste prestazioni sono riconosciute ai lungo-soggiornanti e rifugiati. Il contenzioso - finora sempre favorevole agli stranieri - riguarda la ulteriore estensione ai titolari di permesso unico di lavoro.

Se poi guardiamo al Rei, il reddito di inclusione del precedente governo e padre putativo del reddito di cittadinanza, attualmente è previsto per chi è residente da almeno 2 anni, ma è limitato ai soli stranieri con permesso di lungo periodo o titolari di protezione internazionale. La legittimità del primo requisito potrebbe essere forse discutibile, ma sul secondo sono già pendenti giudizi: per noi è illogico e incostituzionale che vengano esclusi da una prestazione contro la povertà proprio gli stranieri che non hanno neanche il reddito minimo per ottenere il permesso di lungo periodo e che sono comunque regolarmente soggiornanti. Vale per il Rei e varrà a maggior ragione per il reddito di cittadinanza.
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