Economia

Manovra, l'Istat allontana i numeri del governo sulla crescita. Di Maio: "Rispetto regole Ue è suicidio"

L'istituto di statistica: per centrare l'obiettivo del Pil 2018 serve una crescita a +0,4% nel quarto trimestre, ma i dati indicano un possibile rallentamento. Anche l'Upb dopo la Commissione corregge i conti dell'esecutivo: "Nel 2019 deficit/Pil al 2,6%". Corte dei Conti: "Da flat tax rischi evasione e meno dipendenti". Boccia: Con quota 100 non automatico ingresso giovani"
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MILANO - Gli obiettivi di crescita fissati dal governo si allontanano sempre di più. L'avvertimento, seppur per via indiretta, è arrivato questa mattina dall'Istat, che ha aperto il nuovo giro di audizioni sulla Legge di Bilanco. Secondo l'istituto di statistica, per conseguire l'obiettivo di crescita del Pil all'1,2% nel 2018 previsto dalla Nota di aggiornamento al Def "in termini meccanici, sarebbe necessaria una variazione congiunturale del Pil pari al +0,4% nel quarto trimestre dell'anno in corso".

Numeri considerevoli se si pensa che nell'ultimo trimestre la crescita è stata nulla e che l'istituto di statistica, come rimarcato nei giorni scorsi nella nota mensile sull'economia, ricorda che l'indicatore anticipatore "registra un'ulteriore flessione" prefigurando una persistente "una fase di debolezza del ciclo economico". Anche per questo il presidente Istat Maurizio Franzini ha rimarcato che  "un mutato scenario economico potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica in modo marginale per il 2018 ma in misura più tangibile per gli anni successivi". Prudenza analoga a quella espressa dalla Corte dei Conti secondo cui dato il rallentamento del Pil, "l'obiettivo della crescita dell'1,5% per il 2019 richiederebbe una ripartenza particolarmente vivace, e una ripresa duratura".

Il governo però non intende cambiare rotta. Lo ha ribadito il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio: ""Noi stiamo cercando di invertire la rotta il prima possibile. Condivido pienamente quello che ha detto il ministro Tria, che l'unico modo per rispettare tutti i parametri europei è fare una manovra suicida che poi porta alla recessione".

Critiche ai numeri della Manovra sono arrivate anche dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio, che in passato aveva già bocciato il quadro macroeconomico programmatico indicato dal governo nella nota di aggiornamento al Def.  "Nelle valutazioni più recenti dell'Upb, che incorporano la manovra al suo valore facciale" il deficit "si posizionerebbe nel 2019 al 2,6% del Pil", ha detto il presidente Giuseppe Pisauro  aggiungendo che "le divergenze rispetto alla stima della Nadef e a quella recentemente diffusa dalla Commissione europea sono imputabili alla diversa previsione sulla crescita economica e all'impatto dell'aumento dello spread sulla spesa per interessi". Rispetto alle stime di crescita "Il rallentamento congiunturale già sottolineato" con la Nadef "si è ulteriormente accentuato" ed "emergono ulteriori rischi al ribasso" sul 2019. "Secondo le stime di breve termine la crescita del 2019 già acquisita risulterebbe pari allo 0,1 per cento, rendendo l'obiettivo" dell'1,5% del Pil per il 2019 "ancora più ambizioso di quanto già rilevato in precedenza".
 


Reddito di cittadinanza, possibile impatto tra +0,2% e +0,3%

Nella sua disamina della Legge di Bilancio l'Istat si è soffermato poi su alcuni dei provvedimenti principali. Soffermandosi sul reddito di cittadinanza, il presidente Istat ha spiegato che l'introduzone potrebbe portare una crescita variabile tra lo 0,2% e lo 0,3%.  "Sotto l'ipotesi che il Reddito di cittadinanza corrisponda a un aumento dei trasferimenti pubblici pari a circa 9 miliardi, secondo le simulazioni effettuate il Pil registrerebbe un aumento dello 0,2% rispetto allo scenario base", mentre "questa reattività potrebbe essere più elevata, e pari allo 0,3%, nel caso in cui si consideri l'impatto del Reddito di cittadinanza come uno shock diretto sui consumi delle famiglie".
L'Istat ha poi evidenziato che quattro famiglie su 10 sotto la soglia di povertà (il 40,7%) vivono in case di proprietà, sulle quali una su 5 paga un mutuo medio di 525 euro, mentre il 15,6% in abitazioni in uso o usufrutto gratuito. Il 43,7% vive invece in affitto, quota che è "particolarmente elevata nei centri metropolitani (64,1%) e nel Nord del Paese (50,6%). La spesa media effettiva per l'affitto è di 310 euro". Per questo, ha rilevato il presidente Istat,  nell'erogare il reddito di cittadinanza vi è un "problema di equità che potrebbe essere risolto in diversi modi, ed in particolare fissando soglie di accesso che tengano conto, oltre che dei diversi livelli di reddito, anche delle condizioni di godimento dell'abitazione", che può essere di proprietà (migliorando la situazione economica) o in affitto (peggiorandola). A proposito delle misure per tagliare le liste di attesa, Franzini ha detto che  "la rinuncia a visite o accertamenti specialistici per problemi di liste di attesa complessivamente riguarda circa 2 milioni di persone (3,3% dell'intera popolazione" mentre "sono oltre 4 milioni le persone che rinunciano per motivi economici".

Per più di un terzo delle imprese aumento delle tasse con misure in Manovra

Secondo l'Istat poi il saldo  delle misure che riguardano le imprese rischia in definitiva di penalizzare le aziende dal punto di vista fiscale. Nel complesso i provvedimenti" sulla tassazione delle imprese "generano una riduzione del debito di imposta Ires per il 7% delle imprese, mentre per più di un terzo tale debito risulta in aumento. L'aggravio medio di imposta è pari al 2,1%: l'introduzione della mini-Ires (-1,7%) non compensa gli effetti dell'abrogazione dell'Ace (+2,3%) e della mancata proroga del maxi-ammortamento (+1,5%)". E' il calcolo fornito dall'Istat in audizione sulla manovra. "L'aggravio - ha aggiunto  è maggiore tra le imprese fino a 10 dipendenti".


Corte dei Conti: "Risorse carenti per nodi irrisolti"

Dalla Corte dei conti sono arrivati invece rilievi sulle scelte di allocazione dei fondi. La "polarizzazione" delle risorse su
"limitati interventi", decisa dal governo per la manovra del 2019, ha evidenziato il presidente iAngelo Buscema si "traduce in una carenza di risorse per affrontare nodi irrisolti e garantire un adeguato livello di servizi in comparti essenziali per la collettività". Secondo i magistrati contabili "occorrerebbe, infine, una più incisiva azione sul fronte della razionalizzazione della spesa nelle sue componenti meno funzionali al sostegno della crescita".

La Corte ha anche messo in guardia sull'estensione del regime forfettario per le partite Iva, ribattezzata flat tax. Bisogna "valutare attentamente gli effetti negativi" dell'ampliamento della misura sia "in termini di rinvio della fatturazione, allo scopo di non superare la soglia di legge o, peggio, spingendo all'occultamento tout court delle prestazioni effettuate" sia per gli effetti sul "mercato del lavoro", si legge nella relazione della Corte dei Conti sulla manovra in cui si sottolinea che l'ampliamento "può o indurre i nuovi contribuenti e le imprese datoriali a preferire l'assoggettamento a tale regime piuttosto che costituire nuovi rapporti di lavoro dipendente.

Confindustria: "No a derive assistenzialistiche"

Anche Confindustria è tornata a criticare su alcuni punti la Manovra. L'associazione delle imprese condivide interventi "orientati alla solidarietà e alla coesione sociale", tuttavia "siamo contrari a derive assistenzialistiche, che negano la dignità del lavoro, e a interventi estemporanei che rischiano di minare la sostenibilità del bilancio pubblico, scaricando sulle generazioni future il peso delle scelte di oggi", ha detto il presidente Vincenzo Boccia, auspicando che "il reddito di cittadinanza" non si trasformi "da potenziale 'ponte' verso il lavoro in mera assistenza". Boccia si è soffermato anche sulle misure pensionistiche: "Vorrei evidenziare come i benefici sull'occupazione derivanti dalla revisione delle regole pensionistiche siano tutt'altro che automatici, per ragioni legate alla specializzazione (e, quindi, alla non agevole sostituibilità) delle figure in uscita e, di nuovo, al peggioramento del clima di fiducia". ha detto  sottolineando che "non siamo riusciti a trovare un'analisi che sostanzi l'ipotesi di una sostituzione 1 a 1 tra giovani e persone più avanti in età".