Economia

Confalonieri contro la Rai: vende gli spot a prezzi di saldo. Salini: "Non esiste"

Il presidente di Mediaset accusa la televisione di Stato di fare dumping. E si appella al Garante per le Comunicazioni. Anzaldi (Pd): esiste norma a tutela corretta competizione

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 ROMA - La Rai "fa dumping". Vende spazi pubblicitari a prezzi di saldo, addirittura stracciati. L'accusa arriva da Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, che interviene al convegno del Garante per le Comunicazioni (AgCom) a Roma.

Dice Confalonieri: "Non si può vendere la propria merce, buttarla alla disperata facendo sconti fino al 90-95 per cento quando si ha anche il canone in bolletta" che impedisce, dunque, l'evasione. "Per abbassare un prezzo ci vogliono cinque minuti, ma per recuperarlo ci vuole la fatica di Sisifo".

Confalonieri si appella proprio "all'arbitro" cioè all'AgCom: "Fatevi aiutare dalla Var, ma intervenite...". 

Le accuse di Mediaset alla Rai in tema di dumping "non sono vere. La Rai non fa dumping". A respingere al mittente il j'accuse di Fedele Confalonieri è, a stretto giro, l'amministratore delegato della Rai, Fabrizio Salini.

Salini, oltre a ricordare che viale Mazzini ha un tetto pubblicitario, osserva che "alcuni nostri canali non ospitano la pubblicità. Non facciamo inoltre pubblicità al betting, il comparto delle scommesse. Anzi, promuoviamo campagne di sensibilizzazione. In Rai non c'è nessuna pratica di dumping", conclude l'ad.
Si fa vivo anche il deputato Michele Anzaldi, del Pd: "Se la denuncia pubblica di Confalonieri sia fondata o no lo valuteranno gli organi competenti. Di certo il nuovo contratto di servizio, approvato dal governo Gentiloni lo scorso anno, per la prima volta contiene una precisa norma antidumping". 

"La Rai è tenuta a stipulare i contratti pubblicitari sulla base di principi di leale concorrenza, trasparenza e non discriminazione. Le competenti autorità di settore verificano su base annuale il rispetto del corretto assetto del mercatò. La norma antidumping c'è. Antitrust e AgCom hanno adesso gli strumenti per fare i dovuti accertamenti e intervenire a tutela del mercato, se ce n'è bisogno".

Intanto il Biscione vive una giornata da dimenticare a Piazza Affari, all'indomani della pubblicazione dei conti trimestrali e con il pepe della polemica lanciata verso la televisione di Stato.

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Il titolo è sommerso da una pioggia di revisioni del "target price" (obiettivo di prezzo) da parte degli analisti, in gran parte motivati con i timori sull'andamento futuro della raccolta pubblicitaria. Il titolo tratta così ai minimi dal dicembre del 2016, quando Vivendi diede avvio al fallito tentativo di scalata.

Banca Akros ha abbassato il target price da 3,7 a 3,6 euro in quanto, anche se il terzo trimestre è stato "in linea o leggermente migliore delle attese", nel quarto trimestre la raccolta pubblicitaria potrebbe essere "negativa" provocando una revisione al ribasso degli utili. Da settembre la pubblicità sembra aver preso una direzione negativa anche per Barclays, che ha dunque tagliato da 3 a 2,9 euro il target price, secondo quanto riporta Bloomberg.

Mentre sulla revisione del prezzo da 3,3 a 3,1 di Jp Morgan, ha pesato il taglio delle stime di crescita del mercato pubblicitario italiano nel 2019. Tra i broker che hanno rivisto al ribasso i loro target price figurano anche Mediobanca, Kepler e Mainfirst.