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Etichette a semaforo, allarme rientrato per il Made in Italy. Ma il dibattito non si spegne

di PAOLA JADELUCA
Etichette a semaforo, la minaccia sembra del tutto rientrata? E? quello che pensano in molti, soprattutto ora che le big dell'agroalimentare hanno sospeso le loro sperimentazioni. L'etichetta interpretativa, cosiddetta a semaforo, è stata al centro di un acceso dibattito per tutto l'anno. Fino a quando, a fine settembre, l'Oms, Organizzazione mondiale della sanità, ha escluso le restrizioni verso i prodotti agroalimentari ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale, presenti invece nella prima stesura di un documento sulla riduzione delle malattie non trasmissibili che doveva agire entro il 2030, documento discusso a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu.
Le restrizioni, sotto forma di etichette a semaforo e tasse,  avrebbero colpito indiscriminatamente anche i prodotti simbolo del made in Italy, come “il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano, ma anche l’olio extravergine d’oliva, il vino stesso". "Un danno immenso ingiustificato", sostiene Luigi Scordamaglia, presidente Federalimentare. (vedi intervista)

Nella versione definitiva del documento dell'Oms sono spariti strumenti dissuasivi su prodotti alimentari e bevande. La vicenda sembrava felicemente conclusa. A metà novembre, a sorpresa, sette paesi del gruppo Foreign Policy and Global Health (Ppgh) hanno presentato di nuovo all'Onu una risoluzione che contiene di nuovo il contestato tema delle etichette "ammazza Made in Italy". Il documento si dovrebbe discutere il 14 dicembre nell'ambito dell'Assemblea dell'Onu di fine anno. I sette paesi sono: Brasile, Francia, Norvegia, Indonesia, Sudafrica, Thailandia e Senegal. Una coalizione alquanto variegata sia per area geografica che per politica che per cultura alimentare.
Dopo la presa di posizione delle multinazionali, potrebbe essere la volta di un nuovo alt da parte dell'Onu alla riunione del 14 dicembre. 
Coca Cola, Nestlè, Mondelez, Unilever, PepsiCo e Mars avevano lanciato nel marzo dell’anno scorso una sperimentazione dell’etichetta a semaforo (dal rosso a verde passando per una scala di colori per giudicare i contenuti di grassi, zuccheri e sale) denominata Enl, Evolved Nutrition Label, impegnandosi a provarla sui loro prodotti in determinate regioni per verificarne l’efficacia. I colossi internazionali hanno comunicato nei giorni scorsi la sospensione della sperimentazione di questo tipo sui cibi. La Coldiretti ha subito cantato vittoria. "Una buona notizia per i consumatori e per gli agricoltori", l'ha definita anche il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

Secondo quanto ricostruito dal sito Ilfattoalimentare.it, la vicenda sarebbe più complessa. Le multinazionali si sono scontrate con un dettaglio fondamentale del sistema da loro studiato: la mancanza di una definizione condivisa delle porzioni. La sperimentazione si basava  sul modello britannico, che attribuisce un colore a diversi nutrienti (grassi, grassi saturi, zuccheri semplici e sale), ma per la singola porzione di alimento e non per la quantità standard di 100 grammi, come fa il Nutri-Score francese. In un comunicato congiunto le big hanno scritto: “la mancanza di una definizione delle dimensioni delle porzioni da parte dell’UE ha portato a un supporto e una comprensione insufficiente dello schema proposto. In questo contesto, e in assenza di dimensioni delle porzioni legalmente definite, le aziende hanno deciso di sospendere le sperimentazioni sul cibo”. Nel documento, però, si precisa: " Tutte e cinque le compagnie continueranno a chiedere una più ampia collaborazione dell'Ue su uno schema unitario di etichettatura e l'intenzione di supportare questo processo". Insomma. hanno rinunciato. Ma la battaglia non sembra del tutto chiusa.
 

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