Esteri

Birmania, il governo respinge le accuse Onu: "Non accettiamo alcuna risoluzione del consiglio"

(ap)
Yangon risponde declinando ogni responsabilità, al rapporto degli investigatori dell'Onu sul caso Rohingya, in cui si accusa l'esercito birmano di "genocidio"
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YANGON. Il portavoce del governo birmano, Zaw Htay, ha ricordato che il Birmania "non ha concesso alla missione Onu di entrare nel Paese, ed è per questo che non concordiamo e accettiamo qualsiasi risoluzione fatta dal Consiglio per i Diritti umani".
Il Paese asiatico ha istituito la propria commissione d'inchiesta indipendente che risponderà alle "false accuse fatte dalle agenzie Onu e altre comunità internazionali", ha aggiunto, assicurando che le autorità birmane hanno un atteggiamento di "tolleranza zero verso le violazioni di diritti umani" e che il governo prenderà "iniziative legali contro qualsiasi" abuso.
Questa è la prima risposta del governo di Yangon al rapporto delle Nazioni Unite, secondo il quale i militari birmani hanno compiuto un genocidio nei confronti della minoranza islamica dei Rohingya nello Stato settentrionale del Rakhine, costringendo oltre 700mila persone alla fuga nel vicino Bangladesh. I risultati dell'indagine delle Nazioni Unite hanno spinto gli Usa e altri Paesi a chiedere che la giustizia accerti le responsabilità dei vertici militari birmani. Presentato lunedì, il resoconto ha riferito di prove evidenti di genocidio e crimini contro l'umanità perpetrati su larga scala contro la minoranza, vittima tra l'altro di stupri, violenze sessuali e omicidi di massa. Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace, non ha mai pronunciato parole di condanna per tali violenze contro i Rohingya, attirandosi le critiche internazionali. Anzi, negli ultimi giorni, ha dichiarato che la repressione militare è stata una risposta proporzionata ai ribelli della minoranza islamica dopo i loro attacchi a commissariati di polizia. Secondo i gruppi per i diritti umani, però, l'offensiva contro i Rohingya era già stata pianificata.

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