Esteri

Svezia, sfiducia al governo: oggi si chiude l'era del modello socialdemocratico

Il primo ministro svedese Stefan Lofven (ansa)
Dopo le elezioni del 9 settembre scorso, l'Alleanza dei quattro partiti "borghesi" ha votato contro il governo uscente. L'esponente del movimento conservatore Parito Moderato, Andreas Norlen, è il nuovo presidente del parlamento svedese
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BERLINO. Addio, modello socialdemocratico svedese. Stamane il nuovo Riksdag – il Parlamento reale uscito dalle libere elezioni del 9 settembre scorso – ha votato la sfiducia al governo uscente, la coalizione di minoranza "rossoverde" al potere da 4 anni, cioè piena legislatura, del premier socialdemocratico sconfitto Stefan Löfvén, che si è assicurato 142 preferenze senza riuscire ad aggiudicarsi i 204 voti del blocco di opposizione.
L'Alleanza dei quattro partiti "borghesi" (centrodestra per bene, cioè Nuovi moderati, centristi, liberali, democristiani) ha votato contro, insieme agli SverigeDemokraterna (SD), il partito sovranista antimigranti guidato dal giovane, rassicurante, telegenico ex ultrà Jimmie Akesson, nuova forza nella vita politica del paese-leader del Grande Nord. Si apre dunque formalmente la crisi politica a Stoccolma, solo il boom economico ininterrotto rassicura, ma gli ambienti economici e finanziari secondo i media ritengono preoccupati che sarà difficile formare una nuova coalizione stabile, e che la grande incognita – se i "borghesi" vorranno guidare il Paese attraverso compromessi da vincitori con la sinistra sconfitta o invece con i sovranisti – introduce incertezze inedite.

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Finisce così al freddo d'autunno nella splendida Stoccolma un'era che iniziò nel 1917 e che con l'assenso della monarchia, delle élites d'ogni campo, dell´intelligentsija e del potere economico creò passo per passo un modello invidiato dal mondo: solidarietá, welfare al massimo, ottime strutture di pubblica istruzione, trasporti, infrastrutture, polizia, e insieme competitività economica ai massimi mondiali. I suoi valori costitutivi però non sono rinnegati dai futuri governanti.

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I socialdemocratici hanno guidato il paese con piccole pause di esecutivi conservatori dal 1932. Le pause furono nel 1936, dal 1976 al 1982, dal 1997 al 1994, poi nel Duemila il leader della sinistra Göran Persson introdusse dolorose riforme per rilanciare il sistema rendendo il welfare finanziabile. Perse, cedette il potere al liberale Reinfeldt, poi 4 anni fa socialdemocratici e verdi tornarono al potere, e il boom economico non si interruppe, anzi. Ma l'ondata di migranti dal 2015 – oggi la Svezia è il paese dell'Unione europea col massimo numero di migranti e profughi per abitante – ha messo in crisi il sistema-paese almeno a livello politico, ha portato nuove paure e crimine. Per questo anche i sovranisti di tutta Europa guardano con le loro speranze a Stoccolma.

Il segnale della svolta si è avuto già ieri lunedì quando l'Alleanza borghese ha conquistato la presidenza del Riksdag: il suo candidato Andreas Norlen, è stato eletto anche con i voti degli SverigeDemokraterna (sovranisti). Successi conservatori anche nelle vicepresidenze. E da domani toccherà ad Anders Norden proporre chi dovrebbe avere il conferimento d'incarico di formare il nuovo esecutivo. Favorito appare il leader dei NyaModeraterna Ulf Kristersson, buone chances ha anche una donna, la popolare e centrista Annie Lööf, ma meno del dinamico, preparatissimo Kristersson. Il quale vantando un ottimo curriculum accademico e grandi capacità negoziali ha escluso una partecipazione degli SD (sovranisti appunto) a un nuovo governo di centrodestra, ma ha lasciato la porta aperta all'ipotesi di un loro appoggio esterno.
  
I risultati delle elezioni del 9 settembre infatti rendono difficile costruire una maggioranza solida. Sui 349 seggi del nuovo Riksdag, i socialdemocratici restano il primo partito con 100 legislatori, ma perdendo massicciamente, come i loro alleati fino a ieri Verdi calati a 16. I NyaModeraterna di Kristersson sono al secondo posto con 70 seggi tallonati però dai sovranisti con 62. Gli altri partiti della "Alleanza borghese" hanno rispettivamente: 31 seggi il Centro, 22 i cristiani, 20 i liberali. Presenti in forza gli ex comunisti (Venstre).

Aritmetica di governabilità ardua nel Paese-guida del nord, e qualche preoccupazione emerge anche sul futuro dell'unica economia industriale europea avanzata che oggi cresce piú di quella tedesca – tre per cento abbondante - e ha un rapporto debito/pil da far invidia ai tedeschi col 39-40 per cento. Sullo sfondo, si profilano sia tensioni con l'aggressiva, provocatrice Russia di Putin che hanno imposto forti aumenti delle spese per la Difesa e il ripristino della leva obbligatoria per donne e uomini, sia la bomba a tempo delle nuove ondate migratorie, sia l´intenzione dichiarata di Kristersson di liberalizzare e privatizzare.

Certezze e "lagom" (lo spirito solidale ottimista) addio. È il tramonto di un modello che il mondo invidiava, e conferma come anche in Scandinavia la sinistra affronti una profonda crisi. Nonostante i suoi successi. Per citarne solo alcuni, nel dopoguerra Tage Erlander pose le fondamenta del modello di mix di welfare solidarietà e competitività con altissime spese per alta tecnologia ricerca scientifica industria esportatrice e istruzione. Poi venne il mitico Olof Palme, il "Kennedy vichingo", governò a lungo, dopo una sconfitta elettorale lui che girava sempre senza scorta, una sera uscendo dal cinema con l'amata moglie Lisbeth sottobraccio fu assassinato da un killer pare mediorientale. Il caso non fu mai risolto, il trauma pesa ancora sulla Svezia e su tutto il grande nord. Anni dopo la ministra degli Esteri Anna Lindh fu uccisa da un folle. E nel 2017 il terrorismo islamista colpì al cuore Stoccolma, come aveva fatto a Berlino Londra Parigi Bruxelles e altrove: alla guida di un camion rubato un terrorista si lanciò sulla folla a Sergelstorget, la piazza centrale del centro pieno di shopping malls, falciando i civili. Fu arrestato mentre fuggiva a piedi armato di machete solo grazie alla prontezza di una poliziotta esperta in arti marziali che lo mise a terra e lo ammanettò. Il criminale è stato condannato all´ergastolo, la giovane agente ha una vita di anonimato iperprotetta.
    
Il boom continua, con export sempre più avveniristici, da quelli internettiani di Skype e Spotify fino alle armi – sottomarini e navi invisibili, supercaccia, cyberwar, ma per legge tutto venduto solo a paesi democratici e non conducono guerre d'aggressione – e alla Volvo rinata grazie all'investimento cinese, tornata concorrente temibilissima sui mercati mondiali per i marchi tedeschi e per Lexus o alle super-fotocamere Hasselblad. Occupazione al massimo, efficienza, tutto quel che noi nell'Europa mediterranea possiamo solo sognare. Non è bastato a evitare la morte del modello svedese.