Esteri

"Siamo vittime dell’aggressione militare della Federazione Russa”

Parla con Repubblica il capo e padre della Chiesa greco-cattolica recentemente invitato al Sinodo dei vescovi, autore per Cantagalli di "Dimmi la verità"

4 minuti di lettura
"Dal 2014 l’Ucraina è stata aggredita dalla Federazione Russa: prima con l’annessione della Crimea, poi con l’invasione militare nella parte dell’Ucraina dell’Est, nella zona chiamata Donbas. Da cinque anni non vediamo alcun cessate il fuoco nonostante numerosi sforzi diplomatici, a partire dall’avvio dei famosi accordi di Minsk, e poi dagli accordi raggiunti nel formato di contatti diplomatici. Purtroppo, ogni giorno ci giungono le notizie delle nuove vittime, sia nell’esercito ucraino ma, soprattutto, tra la popolazione civile. Questa zona, secondo le conclusioni ufficiali degli organismi internazionali, attualmente risulta come una delle più contaminate dal materiale esplosivo nel mondo. Centinaia di migliaia di bambini sono quotidianamente esposti al contatto con il materiale esplosivo. Non vi è mai stata raggiunta una tregua, un cessate il fuoco. L’Ucraina ha perso l’8% del proprio territorio e il 25% del suo potenziale economico e industriale. Nella zona si respira una grave catastrofe umanitaria perché quasi 4 milioni di abitanti di questo territorio sono intrappolati nella suddetta azione militare. Gli organismi per gli aiuti umanitari non possono accedere alla zona e portare aiuti alla popolazione civile che soffre. Inoltre, adesso si avverte una fortissima crisi ecologica perché la zona di Donbas è la zona delle miniere di carbone che sono state riempite delle acque sotterranee e chiuse. Di conseguenza, tutto il materiale chimico sta risalendo in superficie e sta contaminando l’acqua potabile. Dunque, nei prossimi mesi milioni di abitanti della zona non avranno più l’acqua potabile a disposizione. Si può, senza dubbio, affermare che l’Ucraina è una vera vittima di aggressione che vive la più grande catastrofe umanitaria d’Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, ciò che ci fa più male è il fatto che questa guerra, purtroppo oggi viene definita una guerra dimenticata perché non si parla più della situazione umanitaria in questa zona, e le notizie sull’Ucraina non raggiungono l’Europa occidentale".

Così a Repubblica Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, Capo e Padre della Chiesa greco-cattolicaucraina, presente al recente Sinodo dei vescovi, fresco autore per Cantagalli di "Dimmi la verità", un testo scritto assieme a Paolo Asolan.

Pochi giorni fa si è consumato uno scisma storico fra Mosca e il patriarcato di Costantinopoli. Chi ha ragione secondo lei?
"Sì, è vero. L’Ucraina oggi non è solo il Paese dove dopo la caduta dell’Unione sovietica si scontrano due progetti di sviluppo sociale: cioè, quello del ritorno al passato sovietico e quello dello sviluppo secondo gli standard democratici europei. Si averte anche lo scontro tra il patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli. Chi ha ragione? Non mi sento autorizzato di dare la ragione a nessuna delle parti, perché ciascuna di loro è mossa dalle proprie ragioni. Come rappresentante della Chiesa greco-cattolica ucraina posso dire che il mondo ortodosso è frammentato e avverte un profondo bisogno di un arbitro supremo della cristianità, di quello che noi, cattolici, vediamo nella persona del Papa, il Successore di Pietro, il quale non è solamente il rappresentante dell’Autorità suprema della Chiesa ma anche l’arbitro universale nell’aiutare le Chiese locali a raggiungere la concordia e a portare all’unità della Chiesa. E’ vero che ogni parte presenta le proprie ragioni storiche, canoniche, pastorali ecc. Noi greco-cattolici non facciamo parte di questa discussione, non possiamo essere coinvolti in questo processo che consideriamo un affare interno del mondo ortodosso. Come Chiesa, preghiamo per l’unità. L’unità dei cristiani, e anche per l’unita tra i nostri fratelli ortodossi. Sentiamo che la nostra vocazione nel contesto attuale è di essere testimoni dell’unità della Chiesa ma anche della missione specifica per questa unità - del servizio particolare del Successore di Pietro".     
 
Da anni si attende un possibile viaggio del Papa a Mosca. Perché ancora non avviene?
"Questo fatto è stato recentemente spiegato dagli alcuni rappresentanti dello stesso Patriarcato di Mosca. Si intende che nella Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca vi è un’immagine negativa della Chiesa cattolica, nonostante i contatti che intercorrono tra i vertici di queste Chiese. Una possibile visita potrebbe suscitare delle proteste. Inoltre, in Russia non ci sono molti cattolici né numerose persone che aspetterebbero la visita del Papa. Queste sono le ragioni date dalla stessa Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca. Noi, invece, aspettiamo il Papa in Ucraina. Aspettiamo la visita del Successore di Pietro che potrebbe veramente diventare il messaggero della pace. Anzi, posso confermare che in Ucraina gli ortodossi di tutte le confessioni, cattolici e protestanti e perfino i non credenti vedono nella persona del Papa non solo il messaggero della pace ma anche il costruttore della pace. C’è una percezione spirituale che se papa Francesco verrà in Ucraina la guerra cesserà. I politici oggi sono capaci di cominciare le guerre ma poi diventano schiavi di queste guerre e non sono in grado di farle finire. Ma Papa è il messaggero della pace e anche il costruttore della pace. C’è questa sensazione che la possibile visita del Papa in Ucraina potrebbe aiutare i politici, i diplomatici di oggi di far finire lo scontro militare nel nostro paese".
 
Pensa che dopo lo storico accordo fra Vaticano e Cina qualcosa possa cambiare anche fra Mosca e Roma?
"Non credo. Credo che queste due dimensioni dei rapporti fra le Chiese si realizzano su livelli diversi. Il rapporto, il contatto tra Roma e Mosca è un rapporto ecumenico tra le due Chiese che sono divise tra di loro. Invece il contatto tra il Vaticano e la Cina è il contatto fra i cattolici. E’ una premura paterna di papa Francesco, innanzitutto, aiutare a far finire le persecuzioni contro la Chiesa perseguitata e clandestina per il gruppo dei cattolici in Cina. Ma, d’altra parte, si tratta della premura paterna a far rientrare questa Chiesa chiamata patriottica, alla comunione con la Chiesa madre. Cioè, il Santo Padre nei confronti della Cina si vede come il Padre della sua Chiesa, il Pastore supremo della Chiesa cattolica che cerca il bene di tutti i suoi figli".

Nel suo libro parla di "verità" e dialoga sul tema. Dopo gli anni identitari di Benedetto XVI ritiene che con Francesco questo tema sia superato oppure no? E perché?
"Non credo che il tema della verità possa essere superato una volta per sempre, specialmente nel nostro contesto culturale che spesso viene definito come il mondo, la cultura di post-verità. Penso che Papa Francesco è il successore ma anche il continuatore dell’opera di Papa Benedetto XVI e segue la linea secondo la quale la Chiesa di oggi ha il dovere, la missione di essere testimone della verità. Nel mio libro cerco di spiegare che per noi cristiani della tradizione orientale la verità non rappresenta un concetto puramente teoretico, astratto dell’idea della verità. Per noi la verità è la vita, la verità è la storia, la verità è la fede, la speranza e la carità. Anzitutto, la verità per noi è la Persona, la Persona di Cristo. Nel mio libro ho cercato di trasmettere questa idea come l’esperienza della verità che ha vissuto e che sta vivendo la nostra Chiesa e il nostro popolo in Ucraina".