Esteri

Cina e Stati Uniti, è duello in Oceania. Xi: "Usa egoisti". Pence: "Pechino pericolosa"

Il presidente della Cina Xi Jinping (afp)
I leader di Cina e Stati Uniti hanno usato il forum dell'Apec, l'organizzazione dei Paesi di Asia e Pacifico, per ribadire di non voler arretrare di un millimetro nella sfida che li vede protagonisti. E a meno di due settimane dall'annunciato incontro tra Trump e Xi in Argentina le posizioni paiono più lontane che mai
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PECHINO - Prima è salito sul palco Xi Jinping, stoccata: "Il protezionismo è destinato a fallire”, perché frutto di una “agenda egoistica". Dopo qualche minuto ha preso il microfono il vice presidente statunitense Mike Pence, parata e risposta: "Andremo avanti (con i dazi, ndr) fino a che la Cina non cambierà il suo atteggiamento". Se non proprio un faccia a faccia, è stato un duello a distanza ravvicinatissima quello andato in scena sabato mattina su una nave da crociera ormeggiata a Port Moresby, capitale di Papua Nuova Guinea.

I leader di Cina e Stati Uniti hanno usato il forum dell'Apec, l'organizzazione dei Paesi di Asia e Pacifico, per ribadire di non voler arretrare di un millimetro nella sfida che li vede protagonisti. E a meno di due settimane dall'annunciato incontro tra Trump e Xi in Argentina, a margine del G20, le posizioni paiono più lontane che mai.


"Dobbiamo dire no a protezionismo e unilateralismo - ha detto il segretario comunista - la storia ci insegna che nessuno guadagna dallo scontro, che prenda la forma di una guerra fredda, calda o commerciale". Se la difesa del multilateralismo è una costante dei suoi discorsi, il riferimento così diretto alla guerra, fredda e calda, suona come una novità. Sembra una risposta alla frase che lo stesso Pence, ormai la voce più critica dell'amministrazione contro la Cina, aveva affidato al Washington Post in volo verso questo tour asiatico: "Se Pechino vuole evitare una guerra fredda deve fare una serie di concessioni".

Non solo sul commercio, come Pence ha ribadito dal palco oggi. Gli Stati Uniti contestano la crescente proiezione di Pechino all'estero, quella militare verso il Mar Cinese Meridionale, conteso con i Paesi vicini, e quella economica in tutta l'area, attraverso la famosa Via della seta di Xi Jinping. Proprio la Nuova Guinea ne è un simbolo, visto che negli ultimi anni la Cina ha realizzato molte infrastrutture nella capitale, una delle più povere della regione. Xi è arrivato a Port Moresby un giorno prima del vertice in visita ufficiale, accolto in pompa magna dal premier Peter O'Neill.
Oggi Pence ha replicato sotto entrambi gli aspetti.

Ha annunciato che gli Stati Uniti lavoreranno insieme all'Australia a una nuova base navale in Nuova Guinea: una delle paure infatti è che la Cina voglia costruire qui un avamposto militare simile a quello realizzato a Djibouti. Pence ha poi spiegato ai leader presenti che la cooperazione con gli Stati Uniti rappresenta una "opzione migliore" rispetto a quella con la Cina: "Non accettate debito estero che può compromettere la vostra sovranità, noi non affoghiamo i nostri partner in un mare di debito, non esercitiamo coercizione, non corrompiamo, non offriamo una cintura che stritola o una strada a senso unico".

Una cintura, belt, e una strada, road, così si chiama la Via della seta disegnata da Xi Jinping: "non è una trappola" e "non serve nessuna agenda geopolitica", aveva detto pochi minuti prima il presidente. Ma la differenza ora è che oltre a criticare gli Stati Uniti offrono un'alternativa: 60 miliardi di investimenti in infrastrutture in Asia, a cui si aggiungono i 10 del Giappone e gli 1,5 dedicati all'Oceania dall'Australia, governi a loro volta preoccupati per l'avanzata cinese.

Insomma una vera gara a conquistarsi l'appoggio dei Paesi dell'Asia e del Pacifico. Il fatto che all'Apec sia venuto Pence e non Trump, la prima volta che un presidente  americano diserta il vertice, è un grande punto a favore di Xi. Come il timore di molti Paesi dell'Asia nutrono per gli effetti negativi di una guerra commerciale su larga scala. D'altra parte le paure per la crescente assertività della superpotenza cinese sono altrettanto forti. I leader di Asia e Oceania stanno provando a destreggiarsi tra i due contendenti, perfino a sfruttarne la loro sfida per strappare all'uno o all'altro delle concessioni migliori. Sperando che la tensione non salga ancora. A quel punto, ha avvertito il premier di Singapore, potrebbero essere costretti a scegliere un campo.