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Il Regno Unito in allarme per gli sbarchi dei migranti, ma l'emergenza non c'è

Negli ultimi due mesi sono aumentati gli arrivi sulle spiagge britanniche attraverso il canale della Manica, sono più di 200. Ma si tratta di numeri neanche paragonabili ai flussi che hanno dovuto affrontare Italia, Spagna o Grecia. Il nodo della collaborazione con la Francia 

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LONDRA. A Londra il governo la chiama "emergenza", il ministro dell'Interno Sajid Javid ha interrotto le sue vacanze in Sudafrica per tornare in patria in fretta e furia e affrontare il problema "molto serio", la popolazione britannica (in particolar modo quella costiera) è spaccata sul da farsi. Già, nel Regno Unito c'è un problema: aumentano gli sbarchi di migranti che giungono su gommoni e altre imbarcazioni di fortuna attraversando la Manica.

Le autorità sono in allarme: Javid ha già annunciato il richiamo immediato di due motovedette della Marina britannica dal Mediterraneo per affrontare la situazione nel Canale tra Inghilterra e Francia. Il 30 dicembre, l'ultimo episodio: sei migranti ritrovati sulla spiaggia di Kingsdown, poco a est di Dover, tutti iraniani, nazionalità che rappresenta una parte importante del flusso.

"L'emergenza", tuttavia, sinora consiste in numeri minuscoli di arrivi, rispetto ai flussi colossali che negli ultimi anni hanno sopportato altri Paesi europei, in primis Italia e Grecia. Negli ultimi due mesi ci sono stati sulle spiagge britanniche soltanto 220 sbarchi o tentativi di sbarchi di migranti, di cui 94 a dicembre.

Certo, sono numeri in ascesa rispetto al recente passato, ma neanche lontanamente paragonabili ai 25mila circa, per esempio, che l'Italia accoglieva soltanto in un mese nel 2016, quando c'è stato il picco dell'emergenza, o dei 10mila arrivi via terra e via mare in Spagna lo scorso ottobre. E in ogni modo, a oggi, i migranti arrivati nel Regno Unito su gommoni o altre barcacce rappresentano soltanto lo 0,57 per cento delle domande di asilo complessive oltremanica. Cifre irrisorie, nel loro complesso.

Non solo. Altri numeri smentiscono "l'emergenza" di Londra. Il numero totale delle domande di asilo nel Regno Unito nel 2017 (circa 34mila) è più basso del 2016 (tendenza confermata nel 2018) e molto inferiore rispetto per esempio alle richieste in Germania (222mila), Italia (128mila) o nella stessa Francia (100mila), che in genere, in base ad alcuni accordi bilaterali, filtra la rotta su Londra.

Anche se si va a controllare il numero di richieste di asilo rapportate alla popolazione, il Regno Unito è al penultimo posto, con 0,52 domande ogni 1000 persone (in Grecia è 5,26, in Germania 2,4, in Italia 2,17), superato solo dalla Bulgaria.

Altro paragone illuminante: nel 2007 Londra era il secondo Paese Ue con più richieste di asilo (quasi 32mila), dietro alla Francia (circa 42mila) e davanti all’Italia (poco più di 30mila). Oggi questo dato nel Regno Unito è rimasto più o meno simile, mentre negli altri Paesi Ue mediterranei è schizzato vertiginosamente.

Dunque, anche se le avvisaglie non sono da sottovalutare, in realtà non c'è ancora alcuna emergenza sbarchi a Londra. Al contrario, si diffonde sempre più una sorta di "sindrome Lampedusa" - di un'isola assediata dagli arrivi via mare - che si gonfia al pensiero della Brexit: l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, infatti, potrebbe prosciugare decisamente la collaborazione della Francia sul flusso di migranti.

Così, l’isteria di qualche politico conservatore e di alcuni tabloid si è imposta così tanto che Javid è stato criticato per aver richiamato (smentendo se stesso) le due motovedette dal Mediterraneo in quanto "diventerebbe un incentivo gli sbarchi". Ma il ministro è stato chiaro: "Dobbiamo riportare le acque in sicurezza ma, allo stesso tempo, salvare coloro in pericolo di vita".