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Cina, quattro anni di prigione per il noto avvocato per i diritti umani Wang Quanzhang

Ha difeso attivisti politici e membri del gruppo religioso Fa Lun Gong. È accusato di tentata sovversione al potere dello Stato. La famiglia non aveva sue notizie da tre anni. La moglie aveva marciato per 100 km in segno di protesta. Amnesty: "Condanna oltraggiosa"

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Un'altra condanna eccellente in Cina: lunedì un tribunale di Tianjin ha condannato a quattro anni e mezzo di carcere il noto avvocato per i diritti umani, Wang Quanzhang, con l'accusa di tentata sovversione al potere dello Stato. Wang è un un avvocato molto conosciuto nel Paese:ha difeso attivisti politici, persone a cui avevano sequestrato la terra e membri del gruppo religioso bandito dalle autorità di Pechino, il Fa lun Gong. È stato processato in un'udienza a porte chiuse il 26 dicembre scroso: i tribunali cinesi spesso celebrano le udienze "sensibil" nei periodi di festa, quando diplomatici e media occidentali sono meno presenti.

La sentenza arriva dopo oltre tre anni dall'inizio della sua detenzione. Wang è stato anche privato dei diritti politici per cinque anni. Al processo aveva licenziato il suo avvocato, nominato dal tribunale, e non è chiaro se sia difeso da solo e se ricorrerà in appello. La moglie, Li Wenzu, non ha avuto accesso all'aula.

L'avvocato è in prigione dal luglio 2015, quando venne preso in consegna dalle forze dell'ordine durante una retata che ha portato all'arresto di circa 250 tra avvocati e attivisti in Cina. Lavorava per lo studio legale Fengrui. ll suo caso ha sollevato dubbi a livello internazionale: tra i primi a condannare la sentenza è stata Amnesty International, che la ha definita "oltraggiosa" e ha chiesto il rilascio immediato e incondizionato dell'avvocato.

Dal giorno dell'arresto, nel 2015, la famiglia di Wang non ha avuto più sue notizie per quasi tre anni fino al luglio 2018. La moglie per protesta aveva marciato per 100 km nel Paese. Secondo il China Digital Times nel fine settimana il regime di Pechino ha emanato una direttiva ai media cinesi che ordinava di non parlare della condanna di Wang "senza un accordo preventivo valido per tutti, non raccogliere notizie o rapporti, non commentare o riportare".