Esteri

Il Papa: "Evitare la violenza in Venezuela". E sul lavoro: "Ipocriti i cattolici che lo sfruttano"

Sul volo di ritorno da Panama, Francesco interviene sulla crisi nel Paese sudamericano: "Mi fa paura lo spargimento di sangue, serve una soluzione pacifica". Parla anche dell'aborto, che è un "fallimento", e dice sì all'educazione sessuale nelle scuole: "Il sesso non è un mostro, ma un dono di Dio".

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Parla della crisi del Venezuela, Papa Francesco: "Mi fa paura lo spargimento di sangue. E per questo chiedo di essere grandi a coloro che possono aiutare a risolvere il problema. Il problema della violenza mi atterrisce. E se hanno bisogno di aiuto che si mettano d'accordo e lo chiedano". Dice che l'aborto è un fallimento e che lo si comprende bene solo in confessionale. E che, comunque, Dio ha già perdonato chi ha abortito. E ancora in proposito, in uno dei momenti più empatici della conferenza stampa tenuta sul volo che da Panamá lo porta a Roma, che lui in confessionale dice alle donne che hanno abortito: "Tuo figlio è in cielo, parla con lui. Cantagli la ninna nanna che non hai potuto cantargli".

Parla di migranti e dice che l’Europa può aiutare chi fugge per fame a non migrare. Risponde a una domanda sull'educazione sessuale dicendo che è giusto impartirla nelle scuole: "Il sesso – spiega – è un dono di Dio, non è un mostro". Continua raccontando di percepire "un'aspettativa gonfiata" rispetto al summit sugli abusi che avrà luogo a febbraio in Vaticano. E conclude facendo sua una risposta di Paolo VI sul celibato sacerdotale: "Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato", ma spiega che si può discutere "se ordinare anziani sposati dove c'è il problema pastorale per la mancanza di sacerdoti".

Non è affaticato, Francesco, dopo i cinque giorni di incontri a Panamá insieme a 700 mila giovani provenienti da tutto il mondo. E, anzi, scherza quando, parlando della contro testimonianza che spesso danno i cristiani, i preti, i vescovi, commenta: "Non dico dei Papi perché è troppo… ma anche pure!". E racconta del suo rinnovato stupore per quanto visto a Panamá: "Come in Colombia ho visto l'orgoglio dei panamensi, sollevano i bambini come a dire 'Questo è il mio orgoglio'. Nell'inverno demografico che stiamo vivendo in Europa – in Italia sottozero –, qual è l’orgoglio? Il turismo, la villa, il cagnolino, pensiamoci".

In questi giorni ha detto di sentirsi molto vicino ai venezuelani, e domenica ha chiesto "una soluzione giusta e pacifica, nel rispetto dei diritti umani". I venezuelani vogliono sapere cosa significa questo. Il riconoscimento di Juan Guaidò? Nuove elezioni libere? La gente sente che lei è un Papa latinoamericano e vuole sentire il suo appoggio.
"Io appoggio tutto il popolo venezuelano, che sta soffrendo. Se mi mettessi a dire 'date retta a questi Paesi o a quegli altri', mi metterei in un ruolo che non conosco. Sarebbe una imprudenza pastorale da parte mia e farei danni. Le parole che ho detto le ho pensate e ripensate, ho espresso la mia vicinanza e quello che sento. Io soffro per tutto questo. Mettersi d'accordo, non ci si riesce? Una soluzione giusta e pacifica. Mi fa paura lo spargimento di sangue. E per questo chiedo di essere grandi a coloro che possono aiutare a risolvere il problema. Il problema della violenza mi atterrisce. Dopo tutto lo sforzo fatto in Colombia, quello che è accaduto nella scuola dei cadetti di polizia è spaventoso. Devo essere un pastore. E se hanno bisogno di aiuto, che si mettano d'accordo e lo chiedano".

Durante la Via Crucis abbiamo sentito parole molto dure sull'aborto. Non è una posizione troppo radicale?
"Il messaggio della misericordia è per tutti. Anche per la persona umana che è in gestazione. Dopo aver fatto questo fallimento c'è misericordia pure. Ma una misericordia difficile perché il problema non è dare il perdono, ma accompagnare una donna che ha preso coscienza di aver abortito. Sono drammi terribili. Una volta ho sentito un medico che parlava di una teoria secondo cui una cellula del feto appena concepito va al midollo della mamma e lì riceve una memoria anche fisica. Questa è una teoria, ma per dire, una donna quando pensa a quello che ha fatto... ti dico la verità, bisogna essere nel confessionale e tu devi lì dare consolazione. Per questo io ho concesso la potestà di assolvere l'aborto per misericordia, perché tante volte devono incontrarsi con il figlio. Io quando hanno questa angoscia consiglio: "Tuo figlio è in cielo, parla con lui. Cantagli la ninna nanna che non hai potuto cantargli". E lì si trova una via di riconciliazione della mamma con il figlio. Con Dio c'è già il perdono, Dio perdona sempre. Ma la misericordia, che lei elabori questo. Il dramma dell'aborto, per capirlo bene, bisogna essere in un confessionale".

In Italia le nuove politiche sui migranti hanno portato alla chiusura del Cara di Castelnuovo di Porto, che lei conosce bene. Cosa prova?
"Non conosco bene la cosa ma immagino. Il problema dei migranti è un problema molto complesso, un problema che ci vuole memoria, domandarsi se la mia patria è stata fatta da migranti. Noi argentini siamo tutti migranti, gli Stati Uniti sono tutti migranti. Un vescovo, un cardinale, non ricordo quale, ha scritto un articolo bellissimo: 'È un problema di mancanza di memoria'. Le parole che io uso…  ricevere, il cuore aperto per ricevere, accogliere, accompagnare, far crescere e integrare. E anche dico: il governante deve usare la prudenza perché la prudenza è la virtù del governante. Questo l'ho detto qui nell’ultimo volo. È un'equazione difficile. A me viene in mente l'esempio svedese che negli anni '70 con le dittature dell’America Latina ha ricevuto tanti e tutti integrati. Anche vedo cosa fa Sant'Egidio: integra subito. Ma gli svedesi l'anno scorso hanno detto fermatevi un po' perché non possiamo finire il percorso e questa è la prudenza del governante. È un problema di carità, di amore, di solidarietà e io ribadisco che le nazioni più generose nel ricevere sono state l'Italia e la Grecia, anche un po' la Turchia. Ma la Grecia è stata generosissima e l'Italia tanto. Ma è vero che si deve pensare realisticamente. Poi c'è un'altra cosa importante: un modo per risolvere il problema delle migrazioni è aiutare i Paesi da dove i migranti vengono. I migranti o vengono per fame o vengono per guerra: investire dove c'è la fame e l'Europa è capace di farlo. Aiutare a crescere, ma sempre c’è, parlando dell'Africa, quell’immaginario collettivo che noi abbiamo nell'inconscio: l’Africa va sfruttata. Questo è storico e questo fa male. I migranti del Medio Oriente hanno trovato altre vie d'uscita. In Libano è una meraviglia di generosità: ci sono più di un milione di siriani. In Giordania è lo stesso, aperti, fanno quello che possono".

Abbiamo visto per quattro giorni tanti giovani pregare con molta intensità. Fra loro c'è forse un certo numero che intende abbracciare la vita religiosa. Ma forse qualcuno sta esitando perché pensa che sia un cammino difficile perché non ci si può sposare. È possibile pensare che nella Chiesa cattolica lei permetterà a degli uomini sposati di diventare preti?
"Nel rito orientale della Chiesa cattolica possono farlo. Si fa l'opzione celibataria prima del diaconato. Nel rito latino mi viene in mente una frase di san Paolo VI: 'Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato'. È una frase coraggiosa. In un momento più difficile di questo, si era nel '68-'70. Personalmente penso che il celibato sia un dono alla Chiesa. In secondo luogo, dico che non sono d'accordo di permettere il celibato opzionale, no. Soltanto rimarrebbe qualche possibilità nei posti lontanissimi, penso alle isole del Pacifico… quando c'è necessità pastorale il pastore deve pensare ai fedeli. C'è un libro di padre Lobinger interessante in merito, ma la mia decisione è: il celibato opzionale prima del diaconato no. È una cosa mia, personale, io non la farò. E questo rimane chiaro. È solo il mio pensiero personale. Sono chiuso, forse? Non sento di mettermi davanti a Dio con questa decisone. Padre Lobinger dice che la Chiesa fa l'eucaristia e l'eucaristia la fa la Chiesa. In tanti posti, dice, chi fa l’eucaristia? I direttori di quelle comunità sono diaconi o suore o direttamente laici. E Lobinger dice: si può ordinare un anziano sposato, è la sua tesi, ma soltanto che eserciti il munus sanctificandi, cioè che celebri la messa, che amministri il sacramento della riconciliazione e dia l'unzione. L'ordinazione sacerdotale dà i tre munera: regendi, docendi e sanctificandi. Il vescovo gli dà soltanto la licenza del sanctificandi. Il libro è interessante. E forse può aiutare a pensare il problema. Credo che il tema deve essere aperto in questo senso: dove c'è il problema pastorale per la mancanza di sacerdoti. Non dico che si debba fare, perché non ho riflettuto, non ho pregato a sufficienza su questo. Ma i teologi devono studiare".

(afp)

Molte ragazze in Centroamerica restano incinta precocemente, i detrattori della Chiesa dicono che è responsabilità della Chiesa perché si oppone all’educazione sessuale: qual è la sua opinione sull’educazione sessuale?
"Nelle scuole bisogna dare educazione sessuale, il sesso è un dono di Dio, non è un mostro, è un dono di Dio per amare. Che poi alcuni lo usino per guadagnare soldi o sfruttare è un altro problema. Ma bisogna dare un’educazione sessuale oggettiva, senza colonizzazione ideologica. Se inizi dando un’educazione sessuale piena di colonizzazione ideologica distruggi la persona. Il sesso come dono di Dio deve essere educato. Educare nel senso di far emergere il meglio delle persone e accompagnarle lungo la strada. Il problema è il sistema: che maestri si scelgono per questo compito e che libri di testo. Ho visto qualche libro un po' sporco. Ci sono cose che fanno maturare e cose che fanno danni. L’ideale è iniziare da casa, ma non sempre è possibile”.

In questi giorni lei ha parlato con tanti ragazzi che si allontanano dalla Chiesa, o che trovano difficoltà. Secondo lei, quali sono i motivi che li allontanano dalla Chiesa?
"Sono tanti! Alcuni sono personali, ma i più generali! Il primo credo che sia la mancanza di testimonianza dei cristiani, dei preti, dei vescovi, non dico dei Papi perché è troppo... ma anche pure! La mancanza di testimonianza! Se un pastore fa l'imprenditore o l'organizzatore di un piano pastorale, o se un pastore non è vicino alla gente, questo pastore non dà testimonianza. Il pastore deve essere con la gente, deve essere davanti al gregge, per marcare il cammino, in mezzo al gregge, per sentire l'odore della gente, e capire cosa sente la gente, di quale cosa ha bisogno, come sente, e dietro al gregge per custodire la retroguardia. Ma se un pastore non vive con passione, la gente si sente abbandonata, orfana. Oltre ai pastori anche i cristiani, i cattolici ipocriti, che vanno tutte le domeniche a messa e poi non pagano la tredicesima, pagano in nero, sfruttano la gente, poi vanno ai Caraibi a fare le vacanze. 'Ma io sono cattolico, vado tutte le domeniche a messa!'. Se tu fai questo dai una contro testimonianza. È questo ciò che più allontana la gente dalla Chiesa. Io direi: non dire che sei un cattolico, se non dai testimonianza. Dì: 'Io sono di educazione cattolica ma sono tiepido, sono mondano, non guardate a me come modello'. Io ho paura dei cattolici così eh? Che si credono perfetti! Ma la storia si ripete, lo stesso Gesù coi dottori della legge, no? 'Ti ringrazio Signore perché non sono come questo... povero peccatore...'. Questa è la mancanza di testimonianza".

Tanti cattolici americani pregano per la Chiesa, ma molti si sentono traditi e abbattuti dopo le recenti notizie di abusi e insabbiamento da parte di alcuni vescovi e hanno perso fiducia in loro. Quali sono le sue aspettative e speranze per l’incontro di febbraio affinché la Chiesa possa ricominciare a ricostruire la fiducia fra i fedeli e i loro vescovi?
"L'idea di questo è nata nel G9 perché noi vedevamo che alcuni vescovi non capivano bene o non sapevano cosa fare o facevano una cosa buona e un'altra sbagliata e abbiamo sentito la responsabilità di dare una "catechesi" su questo problema alle conferenze episcopali. Per questo si chiamano i presidenti. Una catechesi che, primo, aiuti a prendere coscienza del dramma, cos'è un bambino abusato, una bambina abusata. Io ricevo con regolarità gente abusata. Ricordo uno che è stato quarant’anni senza poter pregare. È terribile questo, la sofferenza è terribile. Primo: che si prenda coscienza di questo. Secondo: che si sappia cosa si deve fare, la procedura, perché tante volte il vescovo non sa cosa fare. Che si facciano programmi generali che arrivino a tutte le conferenze episcopali. Cosa deve fare il vescovo, cosa deve fare l’arcivescovo che è il metropolita, cosa deve fare il presidente della conferenza episcopale. Che vi siano dei protocolli che siano chiari. Poi lì si farà preghiera, ci sarà qualche testimonianza per aiutare a prendere coscienza e poi qualche liturgia penitenziale per chiedere perdono per tutta la Chiesa. Io mi permetto di dire che ho percepito un po' un’aspettativa gonfiata. Bisogna sgonfiare le aspettative a questi punti che ho detto. Perché il problema degli abusi continuerà, è un problema umano, ma umano dappertutto. Ho letto una statistica l'altro giorno: il 5 per cento di chi è denunciato viene condannato, è terribile. È un dramma umano e dobbiamo prenderne coscienza. Anche noi risolvendo il problema nella Chiesa, ma prendendone coscienza, aiuteremo a risolverlo nella società, nelle famiglie dove la vergogna fa coprire tutto. Ma prima dobbiamo prendere coscienza, avere i protocolli e andare avanti".