Esteri

Merkel difende il multilateralismo, gelo con gli Usa sull'Iran

Angela Merkel stringe la mano al vicepresidente Usa Mike Pence (ap)
Al vertice di Monaco la cancelliera esorta a "non prendere decisioni affrettate sull'Afghanistan". Il cinese Yang: "Washington ha una mentalità da acchiappa-tutto"
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MONACO DI BAVIERA - Ha citato Alexander von Humboldt e “il mondo come cosa unica” per riaffermare la necessità che il multilateralismo resista alle spallate dei russi e degli americani. Alla Conferenza sulla sicurezza Angela Merkel ha espresso il suo discorso più appassionato di sempre davanti alla platea di esperti della difesa e della sicurezza che si danno ogni anno appuntamento a Monaco. E ha difeso la Nato “non solo come alleanza militare, ma come alleanza di valori”, come simbolo di Paesi impegnati “nella democrazia, nel multilateralismo, nello Stato di diritto”. E sulla strenua difesa del multilateralismo, la Germania è stata sostenuta poco dopo, con altrettanto vigore, dal potente membro del Politburo cinese, Yang Jiechi: “dobbiamo fermamente difendere il multilateralismo che ci ha garantito un mondo migliore”. Yang ha definito la politica americana “a somma zero” e dettata da una mentalità “del vincitore acchiappa-tutto”. La ‘strana coppia’ della conferenza di Monaco si è vista stretta tra gli attacchi di Stati Uniti e Russia.
 
Merkel ha anche “chiesto col cuore in mano” che sull’Afghanistan, dopo le minacce di ritiro da parte di Washington, “ci si parli” prima di prendere decisioni avventate. E, bruciata dalla recente uscita degli Usa e della Russia dal trattato sui missili di medio raggio Inf, la cancelliera ha ricordato che “per noi europei l’addio all’accordo Inf è una cattiva notizia. Cercheremo di fare di tutto per ripristinarlo. Dobbiamo anche coinvolgere la Cina nel disarmo”. Ma su questo, e sui tentativi già intrapresi nei giorni scorsi da Ursula von der Leyen di coinvolgere Pechino nell’intesa anti nucleare, Yang è stato tranchant. “Spero che Usa e Russia rientrino, ma sono contrario a un’estensione dell’accordo all’Asia. La Cina svilupperà la sua forza militare in base alle sue esigenze”.
 
Sull’Iran e sulle guerre commerciali, sono state la Germania e gli Stati Uniti a sfidarsi invece a distanza. Merkel ha sottolineato di essere “orgogliosa delle nostre automobili, dobbiamo esserlo”. E il fatto che sul cuore dell’industria tedesca penda la spada di Damocle delle sanzioni americane “perché gli Usa considerano le auto una minaccia, è scioccante”, ha sottolineato la politica conservatrice. Sui colloqui con gli americani, Yang ha invece segnalato “grandi progressi”.
 
Resta l’abisso sulle accuse di spionaggio a Huawei che dominano il dibattito in occidente da mesi. Anche su questo dossier, Pence ha rivolto agli alleati europei un invito molto esplicito: “La legge cinese consente allo Stato di fornire agli apparati di sicurezza l’accesso a qualsiasi dato che passi per le loro reti e le loro infrastrutture”. La replica di Pechino non si è fatta attendere: Yang ha smentito che esista una legge che legittima lo spionaggio da parte di Huawei e ha concluso, velenoso: “Spero che gli americani imparino ad essere più rispettosi nei confronti dei Paesi del cosiddetto ‘vecchio mondo’”.
 
Uno dei passaggi più assertivi di Merkel, ma anche del vicepresidente americano Mike Pence, ha riguardato l’Iran. Dopo le bordate dei giorni scorsi, il vice di Trump ha ribadito che Teheran “punta all’Olocausto”, che è “il Paese leader ad appoggiare il terrorismo islamico” e ha invitato i partner europei “a disdettare l’intesa nucleare con l’Iran”. Merkel, poco prima, gli aveva risposto che a distanza è “una questione che mi deprime molto”, ma che la Germania resta convinta che “un’àncora come quella” sia utile, insomma che l’intesa tra Berlino, Parigi e Londra per mantenere un canale aperto con l’Iran resti importante.
 
Pence è anche tornato a strigliare i partner europei che non si attengono agli accordi Nato sul due per cento di spese militari: “Non è stato fatto ancora abbastanza”, anche se rispetto al primo, forte richiamo di Trump, due anni fa, “il numero dei Paesi che raggiungono il due per cento è raddoppiato”.  

Infine, Pence non avrebbe potuto essere più esplicito su uno dei tanti dossier che ha visto l’Italia totalmente isolata in Europa. “Invito tutti i Paesi europei”, ha scandito il vicepresidente americano, “a riconoscere Guaidò come legittimo presidente del Venezuela”. Per gli americani, ha sottolineato il politico repubblicano, “Maduro è un dittatore”. A Roma a qualcuno saranno sonoramente fischiate le orecchie.