L’ex superministro per l’economia australiano, il cardinale George Pell, dovrà restare in carcere ancora almeno tre mesi: la sua domanda di appello verrà infatti accolta soltanto i prossimi 5 e 6 giugno.
Pell, ex numero tre del Vaticano (oggi sospeso da Francesco da ogni incarico) è stato giudicato colpevole a dicembre da una giuria dello Stato di Victoria con l'accusa di violenza sessuale contro un ragazzo di 13 anni e quattro accuse di atti indecenti contro lo stesso ragazzo e un altro sempre di 13 anni.
I fatti si sarebbero verificati ventidue anni fa. Il verdetto non è stato reso noto fino alla scorsa settimana, quando un ordine di soppressione del caso è stato revocato. Il porporato ora rischia di dover scontare dieci anni per ogni reato di cui è accusato, per un massimo quindi di cinquant’anni.
Pell chiede di ricorrere in appello per tre motivi: i verdetti erano a detta dei suoi avvocati “irragionevoli”; il giudice ha commesso un errore non permettendo alla difesa di mostrare una video; c’era “un'irregolarità fondamentale” in quanto a Pell non è stato concesso di dichiararsi “non colpevole” di fronte alla giuria e quindi di dimostrare la sua innocenza.
Gli avvocati del cardinale hanno anche argomentato che il verdetto di colpevolezza della giuria si è basato soltanto su una singola testimonianza. Cioè su quella dell'unica delle due presunte vittime dei suoi abusi sessuali, in quanto l'altra è morta di overdose di stupefacenti nel 2014. La giuria, inoltre, avrebbe ascoltato altri venti testimoni dell'accusa, senza sottoporli al confronto processuale.
Insomma, per i legali di Pell le procedure adottate durante il dibattimento non avrebbero consentito alla giuria di essere “soddisfatta delle prove oltre ogni ragionevole dubbio”.
Pell, ex numero tre del Vaticano (oggi sospeso da Francesco da ogni incarico) è stato giudicato colpevole a dicembre da una giuria dello Stato di Victoria con l'accusa di violenza sessuale contro un ragazzo di 13 anni e quattro accuse di atti indecenti contro lo stesso ragazzo e un altro sempre di 13 anni.
I fatti si sarebbero verificati ventidue anni fa. Il verdetto non è stato reso noto fino alla scorsa settimana, quando un ordine di soppressione del caso è stato revocato. Il porporato ora rischia di dover scontare dieci anni per ogni reato di cui è accusato, per un massimo quindi di cinquant’anni.
Pell chiede di ricorrere in appello per tre motivi: i verdetti erano a detta dei suoi avvocati “irragionevoli”; il giudice ha commesso un errore non permettendo alla difesa di mostrare una video; c’era “un'irregolarità fondamentale” in quanto a Pell non è stato concesso di dichiararsi “non colpevole” di fronte alla giuria e quindi di dimostrare la sua innocenza.
Gli avvocati del cardinale hanno anche argomentato che il verdetto di colpevolezza della giuria si è basato soltanto su una singola testimonianza. Cioè su quella dell'unica delle due presunte vittime dei suoi abusi sessuali, in quanto l'altra è morta di overdose di stupefacenti nel 2014. La giuria, inoltre, avrebbe ascoltato altri venti testimoni dell'accusa, senza sottoporli al confronto processuale.
Insomma, per i legali di Pell le procedure adottate durante il dibattimento non avrebbero consentito alla giuria di essere “soddisfatta delle prove oltre ogni ragionevole dubbio”.