Esteri

Negoziati sull'Afghanistan, fra i Talebani anche delegati donne

All'appuntamento di Doha un gruppo di 250 inviati del governo di Kabul, gli integralisti precisano: "Non prenderemo nessuna decisione"

2 minuti di lettura
C’è un primo risultato concreto per i colloqui di pace che cominceranno a Doha, in Qatar, da venerdì a domenica prossimi. E non è solo nel fatto che i Talebani hanno deciso di parlare con il governo di Kabul, di fatto concedendo al gabinetto di Ashraf Ghani una parziale legittimazione, che fino a poco tempo fa era esclusa. E’ un passo avanti molto significativo, ma non è il solo. Per misurare le reali prospettive dei negoziati, bisogna guardare alla composizione delle delegazioni.
 
Il governo afgano ha annunciato un convoglio robusto, con 250 membri, alla cui scelta – con due settimane di trattative - hanno partecipato partiti, leader politici, organizzazioni della società civile. Sono compresi diversi ministri e funzionari, Secondo il portavoce governativo, “sono rappresentati tutti i gruppi e i segmenti della società e 52 dei membri sono donne”. Ma lo spiraglio di ottimismo stavolta viene dalla composizione della delegazione talebana, che conterà una trentina di persone: anche in essa, per la prima volta, sono comprese alcune donne.
 
Gli “studenti coranici” si affrettano a sottolineare che le donne non parteciperanno direttamente ai negoziati, e che comunque gli incontri in terra del Qatar sono un primo approccio, per uno scambio di idee sulla strada più praticabile verso la pace, e dunque non verrà presa nessuna decisione. Ma il fatto stesso che questo collegamento sia aperto, che si parli di cessate il fuoco e di chiusura della guerra è un avanzamento considerevole. La presenza femminile, poi, non è solo simbolica: è anzi un segno che dopo tanti anni di massacri la stanchezza ha spinto anche gli esponenti del gruppo integralista a considerare l’esigenza di qualche compromesso.
 
Per la prima volta dopo anni, l’appuntamento di Doha sembra poter essere la base perché sia avviato un processo di pace autentico. Le Nazioni Unite hanno persino sospeso il divieto di volo internazionale per undici esponenti Talebani, personaggi del calibro del mullah Abdul Ghani Baradar, co-fondatore del movimento islamico, e Sher Mohammad Abbas Stanikzai, capo negoziatore dei Talebani ed ex viceministro degli Esteri ai tempi dell’Emirato islamico.
 
Ma gli integralisti vogliono presentarsi al tavolo delle trattative mentre sul terreno sono in vantaggio. Nei giorni scorsi hanno lanciato la tradizionale offensiva di primavera, “operazione Fath”, cioè “Vittoria” in arabo. «Il nostro impegno con la jihad non è ancora finito», hanno sottolineato attraverso un portavoce. «Solo propaganda», ha ribattuto il ministero della Difesa di Kabul, mentre il Consiglio nazionale di sicurezza presentava il piano del governo per garantire i cittadini.
 
Negli ultimi quattro anni, sottolineano fonti governative, 45 mila fra soldati e poliziotti sono morti nelle operazioni contro gli integralisti. Secondo fonti dell’Unama, la missione Onu per l’Afghanistan, nel 2018 i caduti civili sono stati 3804, fra cui 927 bambini.