Politica

Cina, la gaffe di Di Maio: il presidente Xi Jinping diventa ''Ping''

(reuters)
Il vicepremier 5 Stelle al grande Expo delle importazioni di Shanghai per due volte storpia il nome del Segretario generale del Partito Comunista Cinese
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SHANGHAI - Per chi non è pratico di Cina i nomi possono ingannare. Il cognome qui viene prima: Xi. E poi arriva il nome: Jinping. Il presidente cinese si chiama Xi Jinping, abbreviabile in "presidente Xi". Avrebbe dovuto saperlo bene Luigi Di Maio, visto che al grande Expo delle importazioni di Shanghai il segretario del Partito comunista è il padrone di casa a cui rendere omaggio.

E invece per due volte, durante la sua visita di lunedì, al leader dei 5Stelle è scappato un "presidente Ping". Il nome di battesimo, ma neppure per intero. Come se Xi si fosse rivolto a lui chiamandolo "ministro Gigi" o "ministro Di". La prima volta Di Maio lo ha fatto dal palco del Forum su Commercio e innovazione, di fronte a una platea di capi di Stato e imprenditori come Bill Gates e Jack Ma che invitava ad "investire sul futuro, sull'Italia".

E più che a una (comprensibile) emozione l'errore sembra da attribuire a un vero difetto di preparazione, visto che anche nel testo ufficiale del discorso che il vicepremier ha letto in italiano, riportato sul suo profilo Facebook, compare quel "presidente Ping". Così tanto interiorizzato che pure a tarda sera in conferenza stampa, a una domanda di un giornalista locale, Di Maio ha replicato la gaffe: "L'impressione sul discorso del presidente Ping... è sicuramente un discorso di apertura ai mercati".
 
Sbagliare è umano, ci mancherebbe. Per evitare strafalcioni durante i meeting internazionali, per esempio, lo staff della Casa Bianca preparava a George Bush degli appunti con la pronuncia dei nomi più ostici, come quello dell'allora presidente francese sar-Ko-zee. In questo caso però l'errore dà l'impressione che il vicepremier e il suo staff fossero con la testa da un'altra parte, non in Cina ma magari alle beghe della maggioranza in Italia, verso cui non a caso Di Maio ripartirà in tutta fretta già martedì mattina.

Impressione che in tanti avevano avuto anche durante la visita del mese scorso tra Chengdu e Pechino, dove pure a un incontro con la comunità italiana il ministro era incappato in una gaffe, ringraziando per l'ospitalità la Repubblica di Cina, cioè Taiwan, anziché la Repubblica Popolare Cinese. Certo, la sostanza racconta che Di Maio è venuto qui due volte in due mesi, segno di una grande (e interessata) attenzione che il governo gialloverde sta dedicando al Dragone.

Per rafforzare i rapporti, ha spiegato, l'Italia intende chiudere entro l'anno il memorandum sulla Nuova Via della Seta, il grande piano globale di investimenti in infrastrutture voluto da Xi Jinping. "Abbiamo proposto di firmarlo in Sicilia", ha detto Di Maio. Sperando che almeno sull'invito il nome sia quello giusto.
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