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Assemblea Pd, Renzi non c'è. Martina verso candidatura di squadra. Zingaretti, appello per le primarie

L'assemblea nazionale del Pd a Roma 
Sono state formalizzate le dimissioni del segretario uscente, che però rilancia con un nuovo progetto. La direzione ha votato la commissione per il congresso. Già nelle prossime ore la probabile discesa in campo di Minniti. Con lui 551 sindaci. Resta l'incognita dell'atteggiamento dei renziani in caso di sconfitta
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Un processo lungo e faticoso. L'assemblea nazionale dei mille delegati Pd ha avviato una nuova fase nella tormentata vita del partito post 4 marzo. A otto mesi dal tracollo delle politiche, sono state formalizzate le dimissioni di Maurizio Martina ed è partito l'iter del Congresso. Mentre la direzione ha scelto i membri della commissione che dovrà disciplinare le varie fasi, fino all'elezione del nuovo segretario. Ma ci sono ancora molte incognite. Dai candidati alla data delle primarie.

Martina, candidatura con giovani e amministratori

"Confermo qui le mie dimissioni", ha detto Martina. E ha sentito il bisogno di lanciare un appello: "Ora mettiamo in campo una stagione di unità. Ricordiamoci che il nostro nemico è la destra e a nessuno di noi è consentito giocare tatticamente su questo percorso congressuale".

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Martina ha fatto anche autocritica sul ruolo del partito in questi mesi di opposizione: "Tutti avvertiamo l'insufficienza del lavoro fatto sin qui". Più tardi ha risposto a una domanda sulla sua ricandidatura: "Per me non è mai stata una scelta personale e basta. Se può essere utile al Pd, per me l'unico criterio è questo". E con il passare delle ore il progetto prende forma. Martina sta pensando a una candidatura di squadra, giocata in chiave generazionale e nel rapporto con i territori, includendo cioè giovani e amministratori locali oltre a esponenti nazionali del Pd. Un tentativo - questa l'intenzione - di evitare la polarizzazione del Congresso, lo scontro aperto tra Minniti e Zingaretti, cioè tra renziani e antirenziani. 


Renzi diserta. Attesa per la scelta di Minniti

La certezza della mattinata è stata l'assenza di Matteo Renzi. Gli uomini più vicini all'ex premier hanno spiegato che in questo congresso terrà un ruolo molto defilato, lasciando spazio ai candidati a lui più vicini. L'appoggio alla prossima candidatura di Marco Minniti da parte dell'ex segretario è scontata: in funzione anti-Zingaretti, l'ex governatore del Lazio che è già in campo da mesi e vuole una discontinuità netta rispetto al renzismo. L'ex ministro dell'Interno annuncerà la discesa in campo nelle prossime ore ("Non mi tiro indietro se serve all'unità del partito", ha detto ieri). In assemblea Minniti non ha preso la parola ma nel backstage si è parlato di un suo ticket con la senatrice renziana Teresa Bellanova. Ipotesi sostenuta da una cordata di donne dem. Bellanova non ha chiuso all'ipotesi: "Non ho avanzato candidature. Sicuramente sono una persona a cui non difetta il coraggio". Ma sembra che l'ex ministro dell'Interno non gradisca questa ipotesi. Intanto incassa il sostegno di 551 sindaci e 200 amministratori regionali.
Renzi in realtà vuole evitare una presenza troppo invadente al fianco di Minniti: "Non metterò il cappello, vediamo cosa deciderà Marco", ha detto nelle ultime ore. Ma la vera incognita è quella del futuro atteggiamento dei renziani in caso di sconfitta al Congresso. Nelle ultime ore era circolata addirittura l'ipotesi di una mossa della corrente di Renzi per far saltare il numero legale dell'assemblea e rallentare l'iter congressuale. Tanto che Pierluigi Castagnetti aveva lanciato l'altolà: "Guai a chi facesse saltare il numero legale".



Zingaretti, appello per le primarie: "Via i due euro"

Zingaretti ha fretta di entrare nel vivo del Congresso. "È un bene che finalmente ci si muova nella direzione giusta e si apra una fase congressuale che non può che fare bene al partito e all'Italia", ha detto. "Sarà una strada lunga ma mi auguro che le regole che si scriveranno possano puntare alla massima partecipazione delle persone. Facciamo partecipare tutti. Eliminiamo quei due euro per votare. Sostituiamolo con una sottoscrizione volontaria. Credo che se voltiamo pagina gli italiani risponderanno, credo che chi gridava onestà non voleva condoni. Ora tocca a noi cambiare", ha concluso. In teoria però il più votato alle primarie potrebbe non diventare segretario. Se infatti nessuno dei tre candidati arrivati alla sfida dei gazebo dopo la selezione dei circoli otterrà il 50% dei voti, la scelta - secondo lo statuto - sarà affidata alla successiva assemblea. 

Orfini: "Le scissioni? A sinistra non funzionano"

Matteo Orfini, presidente del partito - in passato molto vicino a Renzi ma ora non intenzionato a sostenere la candidatura di Minniti - ha affrontato il tema delle scissioni. Quelle del passato, degli ex dem confluiti in Leu: "Se ne sono andati perchè c'erano grandi differenze politiche che non mi sembrano risolte". Ma soprattutto risponde a una domanda su una possibile scissione che veda andar via i renziani: "Ma no: quando ci sono state scissioni a sinistra sono sempre finite male, come dimostrano i fatti di questi giorni". A margine dell'assemblea, grandi manovre in corso. Martina ha avuto un colloquio con Minniti. Zingaretti è stato immortalato mentre beveva un caffè con Orlando.

Gli interventi critici

Uno degli interventi più duri è stato quello di una giovane delegata, Catia Tarasconi, consigliera regionale in Emilia-Romagna. "Ritiratevi tutti, liberate il Pd", ha detto. "Siete ancora così accecati dalle vostre esigenze personali da non capire che le nostre divisioni, correnti, la nostra presunzione non ci hanno fatto più capire dalla gente. Parlate di fuoco amico ma sono stati gli elettori a fare fuoco contro di noi. Fuori di qui a nessuno interessa chi sta e chi non sta con Renzi, Martina, Zingaretti, Minniti. Per una volta provate a essere una squadra. Ritiratevi tutti. Riapriamo dallo riscrivere lo Statuto e lo dobbiamo fare noi delegati in assemblea e non i vertici". Duro anche uno dei candidati in campo, Dario Corallo, che ha attaccato: "Il Pd si regge sul non detto, compresa la spartizione dei posti secondo le clientele". 

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Tiemmermans: "Ue? Non si dialoga con gli insulti"

Tra gli ospiti dell'assemblea Frans Timmermans, candidato dei socialisti e democratici europei alla Commissione Ue. "Romano e romanista", si è definito, per via degli anni trascorsi nella capitale da ragazzo. In Europa "non critichiamo i progetti italiani di questo governo perché violano le regole ma perchè fanno male agli italiani e all'Italia", ha detto. "La cooperazione europea non si fa con gli insulti, questo va spiegato al signor Salvini".


I nomi della commissione

La Direzione del Pd ha nominato i componenti della Commissione congresso, l'organismo che reggerà il partito in assenza degli organi elettivi. Sono stati eletti commissari all'unanimità, con la sola astensione di Sandra Zampa: Corrado Besozzi, Chiara Braga, Micaela Campana, Ernesto Carbone, Lisetta Ciambella, Camillo D'Alessandro Gianni Dal Moro, Mauro Del Barba, Silvia Fregolent, Alberto Losacco, Gialiana Manica, Federico Massa, Sara Moretto, Patrizia Prestipino, Antonio Rubino, Valeria Sudano, Carlo Emanuele Trappolino, Simone Valiante, Silvia Velo. Sono invitati a partecipare ai lavori della Commissione: Mattia Zunino, presidente dei Giovani Democratici, Roberto Montanari, presidente della Commissione di garanzia. Spetterà a questa commissione fissare la data delle primarie. Prossima riunione martedì. Ma anche sui tempi l'intesa è ancora lontana.
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