Politica

Voto di scambio, sì della Camera alla nuova legge. I dubbi dei giuristi

Gli applausi della maggioranza a votazione conclusa. Il centrodestra si spacca. Il provvedimento ora va al Senato

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 ROMA. Una legge a te. E una a me. Entrambe pessime e destinate a provocare danni alla giustizia. Alla Lega, mercoledì sera, l'agognata legittima difesa. Ai grillini oggi l'ennesima versione – decisamente peggiorata secondo i giuristi, a cominciare dal procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero De Raho – del voto di scambio tra politica e mafia.

Alla Camera finisce 280 a 135, ma stavolta il centrodestra si spacca, perché se il Carroccio paga a M5S il conto della difesa “sempre” legittima, Forza Italia tuona contro una norma che, secondo il responsabile Giustizia Enrico Costa, “provocherà l'effetto contrario a quello voluto, molti imputati saranno assolti, molti processi salteranno, e si andrà verso una restrizione della punibilità”. Inutile il suo tentativo di inserire l'avverbio “consapevolmente”, destinato a definire le responsabilità penali di chi, “consalevolmente”, chiede un aiuto elettorale alla mafia.

Alla fine, dopo due mezze giornate di schermaglie giuridiche in aula, la norma passa (ancher col voto a favmore di Fratelli d'Italia), anche se dovrà tornare al Senato. Decisamente contro, con Fi, anche Pd e Leu. E va registrata una battaglia personale del grillino Colletti che ha proposto più di una modifica, ma puntualmente bocciata.

Ma cosa c'è che non va in quelle venti righe del nuovo 416-ter, ossia l'articolo del codice penale che punisce il politico che viene votato dalla mafia?

È presto detto. Recita la norma: “Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416-bis (il reato di associazione mafiosa) o mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis (e cioè l'intimidazione che deriva dallo stesso vincolo associativo), in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell'articolo 416-bis”. Cioè da 5 a 10 anni, anziché da 6 a 12 com'era previsto adesso. Il primo dato, considerato un'anomalia, balza subito all'occhio, per chi chiede voti alla mafia stessa pena di chi è mafioso.

Ma i guai non finiscono qui. Come nasce il nuovo 416ter? Al Senato lo firma Mario Michele Giarrusso, il grillino che ha sottoscritto il diktat della piattaforma Rousseau di non mandare Salvini a processo a Catania. Il suo testo è ancora peggiore di quello attuale, perché punisce “la promessa di procurare voti da parte di soggetti la cui appartenenza alla mafia sia a lui nota”. Quindi il mafioso, per essere tale, dev'essere stato condannato. Altrimenti non vale. La Camera lo corregge, ma i problemi restano. Legati proprio al fatto che il mafioso deve avere una notorietà giuridicamente riconosciuta.

E basta fare un confronto con il testo oggi in vigore – votato una prima volta dal Pd nel 2014 e poi ancora nel 2017 nella riforma del processo penale dell'ex Guardasigilli Andrea Orlando – per rendersene conto. Per “scambio elettorale politico-mafioso” il codice oggi dice: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità del terzo comma dell0'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da 6 a 12 anni”. C'erano volute infinite divisioni per arrivare a una formula che – come hanno ripetuto tutti i deputati del Pd, Walter Verini, Alfredo Bazoli, Franco Vazio, Roberto Giachetti, Michele Bordo – è stata recepita dalla giurisprudenza e non ha arrecato danni ai processi in corso. Come invece rischia di fare la legge Giarrusso, se effettivamente entrerà in vigore.    
 
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