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Cina, l'ex sottosegretario Giacomelli: "Ecco come Pechino già nel 2016 puntava a intesa su 5G e telecomunicazioni"

Il presidente cinese Xi Jinping con la moglie Peng Liyuan (ansa)
L'allora esponente Pd al Mise racconta come le mire cinesi sulla rete italiana hanno una lunga storia. Che passa anche per una visita a sorpresa organizzata nella sede della Huawei
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Pechino voleva firmare un memorandum sulle telecomunicazioni e sul 5G già nel 2016. Per entrare nel mercato italiano di Internet superveloce, in grado di produrre una mole immensa di Big Data, con le sue aziende. Lo voleva collegare a un protocollo d'intesa che l'allora sottosegretario al Mise Antonello Giacomelli aveva istruito e firmato per un interscambio sul cinema, sulla televisione e sui prodotti audiovisivi in generale. Si parlava di documentari, film e tv pubblica ma a sorpresa spuntò una visita alla Huawei.



La richiesta della Cina per allargare il campo di azione dalla tv alla nuova rete ultraveloce non fu mai esplicita. Ma la pressione risultò evidente. "Durante la missione - racconta Giacomelli - ci portarono improvvisamente alla sede della Huawei. Ci tenevano molto, volevano farci vedere i loro progressi, reali in effetti, nel campo delle telecomunicazioni".



Dunque, il progetto di espansione, le mire sulla rete italiana ha una lunga storia e la polemica sul memorandum che Xi Jinping firmerà durante la visita a Roma che comincia giovedì è solo la parte finale del filo. I cinesi ci provano da almeno due anni e mezzo. Giacomelli va in visita in Cina nel settembre del 2015. Con lui ci sono i produttori televisivi rappresentati da Marco Follini, la responsabile di Raifiction Tinny Andreatta, per l'Anica il produttore Andrea Occhipinti.



Il governo cinese ha un interesse principale, una vera fissazione (al di là delle tentazioni sul web): far conoscere i propri siti Unesco. Solo l'Italia con 53 siti supera il paese asiatico che ne ha 52, molti dei quali sconosciuti o difficilmente raggiungibili. Pechino quindi vorrebbe creare una sinergia per produrre documentari che valorizzino i propri gioielli. Ma quando Giacomelli si ritrova nella sede della Huawei la musica cambia. L'obiettivo è evidente: il 5G che sta per essere messo a gara in Italia. La possibilità di un nuovo mercato da conquistare. Un piede, e che piede, nelle tlc italiane. Il sottosegretario, con il suo collega cinese, mette le mani avanti. Apprezza il progresso tecnologico dell'azienda, ma precisa: "Su questi aspetti è decisiva la condivisione dell'idea di società, delle libertà personali, dei diritti di riservatezza". Una bella frenata. Eppoi c'è la geopolitica.

Insomma, il governo di allora risponde picche. E rimane fedele all'alleanza atlantica, la questione che si sta riproponendo in queste ore. Fa una scelta di campo molto netta. "Con gli Stati uniti - ricorda infatti Giacomelli - abbiamo subito distinto i due piani: collaborazione e non penetrazione. Abbiamo lavorato con l'amministrazione Obama, con la camera di commercio italo-americana e con le OTT come Google. Io sono sempre stato per un controllo pubblico delle reti, sono strutture strategiche e non vanno appaltate a nessuno". Agli Usa si chiedono allora investimenti ma niente controllo. Ma l'aspetto commerciale conta fino a un certo punto: si prende soprattutto la decisione politica di non "tradire" l'alleato storico dell'Italia. Il memorandum che si firmerà venerdì esclude le tlc e su di esso Giuseppe Conte ha dato ampie rassicurazioni. Ma i cinesi, come si capisce dalla vicenda Giacomelli, stanno in agguato.
 
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