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Da Bari a Borgo Egnazia passando per il mondo: la Stella di Nicola Loiodice

Da Bari a Borgo Egnazia passando per il mondo: la Stella di Nicola Loiodice
Classe 1993, a soli 25 anni è maitre di uno dei più noti ristoranti del Sud. Papà pugliese e mamma francese, dopo numerose esperienze internazionali ha scelto di tornare nella sua regione. Seguici anche su Facebook
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“Sono appena tornato da Martina Franca. Siamo andati a una degustazione per scegliere un nuovo caffè in una piccola torrefazione della zona, l’azienda Caroli, dove i titolari da anni lavorano su un bel progetto di qualità. Abbiamo scelto una miscela 100% arabica da India, Colombia, Portorico e Brasile con tostatura media, rotondo, dolce. Per il decaffeinato un caffè lavato in acqua a mano”.

Nicola Loiodice è entusiasta di ogni aspetto della sua professione. Dalla scelta delle nuove divise per il personale (arriveranno tra poco e lo vedranno in doppiopetto) ai nuovi piatti, tutto è una cura importante per il ristorante, quindi per i clienti che lui ha sempre a cuore.
 

“Non è un’età che fa un mestiere” gli disse qualche anno fa, quando lavorava in Piemonte, Federico Ceretto. E aveva ragione. E anche se a guardare la carta di identità di Nicola sembra incredibile, vederlo muoversi sicuro in sala, azzera quel numero anagrafico. 1993. 
A soli 25 anni è il maître del neostellato Due Camini di Borgo Egnazia (dove spera di raggiungere presto con la squadra anche la seconda stella), sommelier esperto, ospite premuroso, maestro di eleganza. Incanta nello spiegare i vini e piatti, e soprattutto il loro legame con la Puglia. E sa farlo correntemente in tre lingue.  
In quel Resort paese che è Borgo Egnazia, la fedele riproduzione di un villaggio medievale a un passo dal mare vicino Fasano, Loiodice p arrivato l’anno scorso. In realtà era stato assunto per lavorare alla Frasca, il ristorante tipico di Borgo, come chef de rang, ma appena arrivato lo chef Domingo Sghingaro e Andrea Ribaldone si sono subito resi conto del suo talento e lo hanno immediatamente promosso al ristorante gourmet.
 
Questo tipo di salti di qualità improvvisi hanno peraltro caratterizzato tutta la sua folgorante carriera. “Il 17 novembre 2017 ero ancora in Piemonte – racconta – al fianco di Alessandro Boglione, quando Ribaldone mi ha chiamato e proposto Borgo Egnazia. Ero restio a una sfida così difficile, sia per il territorio che per una realtà tosta come Borgo, con 5 ristoranti e 700 persone di staff. Ma l’arrivo del riconoscimento della Michelin mi ha fatto capire che avevo scelto la strada giusta”.
 
Un altro motivo per cui – non lo dice esplicitamente traspare – era restio all’avventura di Borgo, era il dover tornare in Puglia. Perché i ritorni si sa, aprono sempre sentieri emotivi. Infatti Nicola per metà è pugliese, per parte del papà Michele, mentre la mamma è francese. Da lei ha preso la passione per la moda e il lifestyle, nonché il carattere un po’ ribelle.
 
"Ero piuttosto polemico, provocatorio. Non a caso a scuola ero sempre rappresentante di classe, pronto a far confusione" racconta. E questo carattere battagliero gli è servito a convincere papà a mettere in pratica un suo progetto: "Fin da bambino volevo lavorare nei ristoranti. Ho talmente tanto pregato papà che ho cominciato a lavorare il giorno dopo la prima comunione, perché lo convinsi a farmi lavorare nella cucina di un suo amico, per il quale per lo più sbucciavo patate e portavo fuori la spazzatura".
 
Tanti i lavoretti come tutti i ragazzi che hanno passione e vogliono arrotondare un po' le entrate: pizzerie, ristoranti della zona come un po’ fanno tutti.
Ma non in sala, all'inizio credeva di avere un futuro in cucina e all'alberghiero scelse proprio la cucina: "A casa facevo torte e provavo ricette. La vocazione per il servizio l'ha scoperta un insegnante. Che mi disse che sono un uomo di sala".
 

Così Nicola collezione un'esperienza dietro l'altra. A partire da quando appena sedicenne la scuola manda un gruppo di ragazzi a far servizio a Palazzo Guastamacchia a Terlizzi, dove c’era una cena organizzata da Vittorio Cavaliere con 5 chef stellati tra cui Lavarra, che allora stava al due stelle Palazzo Sasso. Con lui c'era Donato Marzolla, il restaurant manager del Rossellinis di Palazzo Sasso. "Fui notato. Mi proposero una stage. Era molto prestigioso e lo scelsi anche se avrei potuto guadagnare di più per la stagione estiva a Rimini. Ricordo ancora l'emozione nel varcare la soglia del Palazzo. Non ho mai rimpianto anzi benedico quella scelta lungimirante".
 
La cosa funziona e dopo il diploma Nicola è di nuovo al Rossellinis. Poi a 18 anni prova la strada inglese, per migliorare la lingua e conoscere un'altra realtà: "Col cuore in gola per la paura mi trovai nell'enorme fabbrica del Ritz Hotel, lussuoso e impersonale, eravamo tantissimi, nemmeno ci conoscevano tra noi".
Londra è stato un grande trampolino di lancio e una strategica possibilità di crescita. "Lì investono molto sui giovani. e quando sono andato a lavorare al The Vineyard di Newbory mi hanno pagano gli studi per il WSEP, un prestigioso corso per sommelier. Ironia della sorte, il vino non mi piaceva ma mi sono appassiato al mondo dell’enologia".

A un certo punto un'amica gli dice che cercano personale a Ischia al Terme Manzi, dove ha mandato un curriculum e fatto un colloquio su skype dal Regno Unito. Il colloquio va a buon fine ed eccolo sull'isola, ingaggiato però per il ristorante tradizionale, non il gourmet. "Era il 2014 e dopo appena un giorno - ricorda - la maitre, Serena Li, mi disse che dovevo stare al Mosaico. Nino di Costanzo da quel momento è mio mentore. Ero demichef de rang. Mi ha insegnato tanto. Mi ha fatto sentire importante con le poche parole che usa, restio a tutti i complimenti. Da quell’esperienza il regno della sala diventa una religione al servizio del cliente".
 

Ed ecco il Principe di Piemonte al Sestriere dove collabora all’apertura della Belle Epoque con Boglione. Come una vera trottola che non trova pace, parte ancora, anche più lontano: destinazione Africa. "Lì il servizio non è proprio al top come lo intendiamo nel vecchio continente. Ma è stata una delle esperienze più interessanti, a livello umano, per il calore della gente, a livello culinario per una serie di nuove cotture che ho conosciuto e dal puntyo di vista dei sapori, con tutta la magia del mondo delle spezie. Peraltro qui dovevo affiancare un food & beverage manager così mi sono formato anche come gestione".
 
Ed eccolo a Borgo Egnazia, la sfida è grande: "Ho una brigata di 11 unità e non è facile perché essendo tutti molto giovani devo essere molto elastico. Non nascondo la paura all'inizio di affrontare persone più grandi di me, ma adesso ho molta consapevolezza e padronanza,  vado dritto sull’obiettivo, il ristorante e l’ospite. Ogni sera è un'avventura, uno spettacolo teatrale, la paura all’apertura è una carica di adrenalina".

Perfetto dice anche il rapporto con lo chef Domingo Schingaro e con il sous chef Angelo Convertini "anche se siamo entrambi due bombe a orologeria parliamo insieme delle carte, dei food tasting, dei piatti e degli abbinamenti. Ormai ci capiamo con uno sguardo. Domingo prende molto in considerazione la mia conoscenza della sala, su quali piatti funzionano molto".
Quali? In questo momento gli Gnumaredd, ovviamente e la cipolla cotta sotto sale immersa in un succo di barbabietola e all’interno una parmigiana di melanzane. Ancora, "Il rombo: quando lo spiego c’è da emozionarsi a pensare che condensa tutte le esperienze mie e dello chef, dalla Puglia al Piemonte, andata e ritorno".