Il Gusto

Uova sode, vini sfusi e vitello tonnato: nella piola che fa sopravvivere la vecchia Torino

Uova sode, vini sfusi e vitello tonnato: nella piola che fa sopravvivere la vecchia Torino
Trattorie d'Italia: Caffè Vini Emilio Ranzini, a due passi da Porta Palazzo, è un'oasi di resistenza low cost nel regno della gentrification. Seguici anche su Facebook 
1 minuti di lettura
C'è una parola che non si può capire davvero se non si è piemontesi: quel lemma è "piola". Non credano i milanesi - che hanno astutamente intitolato al matematico ottocentesco Gabrio Piola un piazzale e una fermata della metro - di poterne rivendicare la paternità: piola è nome squisitamente sabaudo e significa "osteria, mescita vini, locale semplice di somministrazione".

Ah, le vecchie piole subalpine, quelle che piacevano a Fruttero e Lucentini, a Gipo Farassino, a Giovanni Arpino, a Ernesto Ragazzoni... Covi di beoni e flaneur, di gargagnani (come si dicevano qui i lenoni) e donne della domenica, di studentelli rivoluzionari e pensionati avvelenati: che fine hanno fatto? Beh, son quasi tutte morte, schiacciate dalla Tarsu, dal cuneo fiscale e dai sushi as much as you want. Eppure, nel centro di Torino, ancora una resiste. Boja fauss che posto perfetto è Caffè Vini Emilio Ranzini: già la geografia è esemplare, nel cuore dell'antico Quadrilatero Romano, nella città incrostata di medioevo e migrazioni, a un passo dal suk del mercato di Porta Palazzo, a mezzo dal Duomo, a cinque metri dalla statua di Giovanni Battista Bottero, fondatore della Gazzetta del Popolo nel rutilante 1848. La gentrification qui attorno ha fatto sorgere cocktail bar e barbecue siberiani, ma il Caffè Vini Emilio Ranzini è cambiato poco da quando, quattro generazioni fa, il fondatore ne aprì la porta che affaccia sul vicolo intitolato alla vicina Porta Palatina.

Un'unica stanzetta satura di legni, di banco-bar, di bottiglie, di amari centerbe, di vecchie foto. I tavolini sono una manciata e all'ingresso. in bella vista ecco le uova sode, il linimento dell'alcolista. Gli ultimi fratelli Ranzini e il di loro padre propongono a tutte le ore quella che un tempo si sarebbe detta "merenda disnoira", a pranzo, o "sinoira" a cena: preparazioni fredde - da pic-nic, da dejuner sur l'herbe, appunto - servite su piattino o in panino. E allora: acciughe, tomini e lingua al verde, giardiniera, friciulin (frittelline salate), vitello tonnato, capunet (involtini di cavolo), prosciutto crudo e salame cotto piemontesi, peperoni e acciughe, frittelle di mele.

Si ordina al banco - ogni piattino sta sui 4 euro, così come un panino (più saziante, in verità) -, si ritira e ci si accomoda stretti stretti nella bolgia sui pochi scranni o nello sgarrupato, ma poetico, cortiletto primaverile. Il conto sarà di dieci, quindici euro: è il piccolo prezzo da pagare per un'ora di felicità nei panni di Domingo il favoloso (non conoscete il romanzo di Arpino? Fortunati che potete ancora scoprirlo!). Naturalmente s'innaffia il tutto con pintoni di Barbera e Dolcetto versati nei bicchieri piccolini, quelli, esatto, delle piole. E se esagerate non c'è problema: le uova sode son lì che vi aspettano.