Mondo Solidale

Palestinesi, "I ragazzi della generazione Oslo sono alla fame": Un terzo della popolazione vive in povertà

Il rapporto di Oxfam. A 25 anni dagli accordi di Oslo, il 43,4% dei giovani palestinesi è disoccupato, un tasso che a Gaza raggiunge il 64,6%.
 

2 minuti di lettura
ROMA - A 25 anni dalla firma del primo degli accordi di Oslo tra Israele e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, che ricorre domani, ciò che resta è una lista di promesse non mantenute che ha negato e sta negando a un’intera generazione di giovani palestinesi futuro e diritti. I ragazzi di meno di 29 anni rappresentano più della metà della popolazione del Territorio Occupato Palestinese (OPT), e in quasi 1 caso su 2 due sono disoccupati. Nella stragrande maggioranza non hanno mai avuto la possibilità di votare, perdendo qualsiasi speranza di cambiamento.

Una crescita di solo 0,1% in 20 anni. E’ la denuncia contenuta nel report Generazione Oslo, diffuso oggi da Oxfam a un quarto di secolo da un accordo carico di aspettative, che nei fatti ha causato la paralisi di un’economia da cui dipende il destino di un intero popolo. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale tra il 1994 e il 2014 la produzione pro-capite in OPT è “cresciuta” solo dello 0,1%, con un terzo del popolo palestinese oggi costretto a vivere in povertà, una condizione che a Gaza riguarda oltre 1 milione di persone, tra cui 400 mila bambini. “Più della metà della popolazione del Territorio Occupato Palestinese ha subito gli effetti delle condizioni stabilite dagli Accordi di Oslo - ha detto Riccardo Sansone, responsabile delle emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Costretti a crescere senza libertà e opportunità e senza un piano per correggere i torti di cui sono state le prime vittime. I giovani palestinesi oggi non hanno potere, diritti, né speranza per il futuro”.

Senza lavoro. Attualmente il 43,4% dei giovani palestinesi tra i 15 e i 29 anni non ha lavoro, è il tasso più alto di disoccupazione giovanile nella regione. Una situazione che a Gaza riguarda il 64,6% dei giovani. La conseguenza diretta è che 1,44 milioni di giovani palestinesi non cercano nemmeno più lavoro, né frequentano la scuola, con il 53% dei neo laureati disoccupato.
Inevitabile dunque che circa un terzo desideri lasciare la propria terra e il 73% non nutra alcuna speranza di miglioramento. Tantissime anche le donne disoccupate: il 47,4%, il più alto tasso di disoccupazione femminile al mondo. "Mio padre mi ha raccontato che prima di Oslo, le persone avevano un lavoro dignitoso, c'era una fornitura di elettricità costante, non c'erano restrizioni di movimento, avevamo un aeroporto da dove si poteva volare ovunque. Poi le cose sono peggiorate dopo la mia nascita - dopo Oslo”, racconta Rajab, ventitreenne che ha sempre vissuto a Gaza.

Il PIL pro-capite potrebbe crescere del 37%. Gli Accordi avevano promesso la fine dell'occupazione, la stabilità nella regione e una road map verso la pace, ma nulla di tutto questo si è tradotto in realtà – aggiunge Sansone - I palestinesi sono intrappolati in 760 chilometri di muri, una prigione che impedisce la libertà di movimento, nega diritti e separa le famiglie. Senza dire poi che gli insediamenti illegali in Cisgiordania sono aumentati a dismisura con intere comunità palestinesi che hanno perso l’accesso alla terra e alle risorse da cui dipendevano.”

Il rafforzamento dell'occupazione israeliana. Il processo che prende le mosse dagli Accordi di Oslo ha visto di fatto un ulteriore rafforzamento dell'occupazione israeliana nella Cisgiordania, con i giovani palestinesi che ne hanno subito le peggiori conseguenze: un impoverimento socio-economico in tutto il Territorio Occupato Palestinese, nonostante i 30 miliardi di dollari di aiuti internazionali stanziati dalla Dichiarazione dei Principi nel 1993 in poi. Eppure, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, senza le restrizioni imposte dall'occupazione israeliana, il PIL pro capite solo nel 2016 sarebbe aumentato del 37%. “Una pace giusta e solida, basata su pari dignità e diritti per tutti, è di vitale importanza sia per i palestinesi che per gli israeliani. – conclude Sansone - E’ necessario apprendere le lezioni del passato e intraprendere un cammino totalmente nuovo. E’ l’unica speranza per i ragazzi della generazione Oslo”.