Mondo Solidale

I primi 70 anni da quel 10 dicembre 1948, “Quando la politica smette di occuparsi delle persone, è la società civile che difende i diritti"

Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia esamina le cause della disgregazione e del disconoscimento politico della Dichiarazione Universale dei  Diritti Umani

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ROMA – Lunedì 10 dicembre 2018 Action Aid, Amnesty International Italia, Caritas, EMERGENCY e Oxfam organizzano fiaccolate in tutta Italia, per celebrare il 70° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e il suo valore (qui il programma completo). Gianni Rufini spiega l’importanza di questa Carta universale, codice etico per tutti gli esseri umani, e individua nelle Ong e nella società civile gli strumenti per riconquistare ciò che la politica ha smesso di fare: occuparsi delle persone.

La Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU. Il 10 dicembre 1948, a Parigi, venne firmata da 48 nazioni del mondo la prima, unica, definitiva Dichiarazione dei Diritti Umani. All’indomani di due guerre mondiali violentissime, la giovane Organizzazione delle Nazioni Unite (nata nel 1945) si riunì per creare una carta composta da 30 articoli, suddivisa in 7 grandi temi, dettagliatamente incentrati sulla tutela dei diritti e della dignità di singoli individui, di popoli, di comunità, di culture, di idee. È un regolamento etico di importanza storica, perché è il primo e unico documento che definisce ed elenca universalmente (cioè in ogni epoca storica e in ogni parte del mondo) i diritti che spettano all'essere umano, come individuo e come parte di qualsiasi comunità.

Alcuni dei diritti lacerati del nostro tempo. Ogni anno, Amnesty International denuncia le violazioni dei diritti umani nel mondo. Afghanistan, Siria, Iraq, Yemen e alcune regioni dell’Africa registrano un alto numero di vittime negli ultimi due anni. In particolare, le prime due nazioni contano oltre 71.000 decessi dovuti a conflitti armati, superando di diverse unità Iraq (36.891) e Yemen (33.353). Tra il 2017 e il 2018 circa 193.000 persone sono morte in Africa, Asia e Medio Oriente, a causa di repressione del dissenso, pena di morte, attacchi ai difensori dei diritti umani e ai giornalisti, conflitti armati, violenze, torture e impunità, pulizia etnica, odio, stupro. Riassumere il Rapporto 2017-2018 di Amnesty International è impossibile. Un documento che apre gli occhi e offre una panoramica impietosa delle violazioni dei diritti umani, dagli Stati più ricchi, Italia compresa, alle aree più povere.

“Il grande progetto della Dichiarazione dei Diritti Umani”. “Il populismo, il sovranismo e il razzismo dilaganti sono sintomo di un male che è la conseguenza di non aver portato a termine il progetto nato con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel 1948  - dice il Direttore Generale di Amnesty - dalle macerie di due guerre mondiali, era nato un concetto fondamentale da cui ripartire: la convinzione che tutti gli esseri umani sono uguali tra loro e che solo questa logica avrebbe permesso di eliminare dal mondo guerra e ingiustizia. Un progetto, un’idea che ha dato un enorme risultato concreto: grazie alla Cooperazione internazionale, abbiamo vissuto 75 anni di pace e sviluppo in Europa (a parte la parentesi tragica dell’ex Jugoslavia), dopo millenni di guerre ininterrotte. Con le Nazioni Unite, la cooperazione tra gli Stati ha contribuito a rendere attuali diritti che oggi sembrano scontati, ma che in quel 1948 non lo erano: educazione universale, lotta alla fame e povertà, dialogo internazionale, avanzamento della democrazia”.

“Il progetto dei diritti umani è stato tradito”. “Oggi - continua Rufini - quel progetto sta subendo una violenta involuzione. Gli Stati che vi si erano impegnati si sono richiusi in interessi egoistici e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha smesso anche solo di tentare di fermare le guerre. Nel pianeta, allo stato attuale, ci sono 67 persone che posseggono la stessa ricchezza di metà del mondo. L’1% della popolazione possiede la stessa ricchezza del rimanente 99%, mentre 3 miliardi di persone vivono con meno di 2,5 dollari al giorno, dovunque nel mondo le donne hanno meno diritti degli uomini. La diseguaglianza cresce anche all’interno dei Paesi, come nel nostro, tenendo milioni di persone nella povertà e decine di milioni nell’insicurezza, mentre il 10% più ricco della popolazione ha visto aumentare enormemente la sua ricchezza, dagli anni ’80 a oggi. L’ideale dei diritti umani portava con sé una promessa di giustizia sociale ed economica, che è stata tradita. Questo sta portando tanta gente a pensare che quel progetto sia fallito e che sarebbe meglio tornare a un passato di autoritarismo, d’isolazionismo, d’ intolleranza. Questo cammino interrotto ha fatto in modo che tutti, in forme e misure diverse, si sottraggano al progresso della convivenza civile, in un ritorno al passato fatto di chiusure, muri, nazionalismi, individualismo, razzismo, disuguaglianze e violenza”.  

 “L’equivoco del Capitalismo dopo la caduta del Muro di Berlino”. “Una delle cause si può ricercare nell’enorme equivoco, nato con la caduta del Muro di Berlino. L’idea che questo evento rappresentasse non il trionfo della Democrazia, ma quello del Capitalismo e che i due termini fossero sostanzialmente equivalenti - spiega il Direttore Generale di Amnesty - per cui, togliere freni al mercato equivaleva più o meno a liberare gli uomini dall’oppressione. Nel giro di pochi decenni, questo ha portato a livelli di diseguaglianza e concentrazione della ricchezza senza precedenti, con la nascita di élites milionarie in tutti i paesi, spesso consentita dall’erosione dei servizi sociali, dei meccanismi di protezione e dei diritti dei cittadini. Si è iniziato a colpire sanità pubblica, istruzione, tutela dell’ambiente. Enormi masse di persone oggi soffrono brutalmente: 870 milioni sono mal nutrite; 2 miliardi e 800 milioni non hanno una latrina e 1,2 miliardi non hanno l’acqua potabile; 500 milioni di persone vivono nelle guerre o sono colpite da disastri naturali, mentre declinano i fondi per l’aiuto umanitario, condannando le vittime a migrare per sempre. Ma senza avere dove andare, perché adesso tutti vogliono fermare la migrazione, che pure è rimasta l’unica valvola di sfogo del pianeta. E i cinque Membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU (Usa, Russia, Cina, GB e Francia), i garanti della pace e della sicurezza, sono i maggiori commercianti di armi di tutte le guerre”.  

“La politica, nazionale è internazionale, si è arresa al nuovo status quo”. “La politica si è arresa, dimenticando il senso di responsabilità, gli impegni presi decenni prima con le Nazioni Unite e la Carta dei Diritti Umani - Rufini individua le cause dell’involuzione - Assistiamo a una trasversale deresponsabilizzazione di chi fa politica. Una politica che non si è data prospettive se non a corto termine, che ha accettato lo status quo, che non è più al servizio del bene comune, del popolo. E anche in Occidente, i cittadini sono oggi a rischio di povertà, con servizi carenti e sempre più costosi, minacciati dalla disoccupazione, gravati da tasse eccessive a vantaggio di chi è più ricco. La politica, anche in Italia, risponde dicendo che al posto di assistenza universale, sanità e istruzione gratuite, politiche sociali, ci sono altre priorità. Il diritto alla dignità non è più un obiettivo. Nessuno si preoccupa di che fine faranno gli italiani poveri e senza casa, i migranti che hanno richiesto asilo e che vengono abbandonati, i disabili, i bambini, le donne, i cui diritti ogni giorno vengono espropriati. Siamo giunti all’esatto contrario dello spirito della carta dei diritti umani”.

“Quando il problema è politico, la società civile risponde”. “Chi ha l’autorità e il potere di migliorare la vita dei cittadini, ha deciso che questo, oggi, non è più la priorità - conclude Gianni Rufini - E quando la politica non è più in grado di fare, è la società civile che deve riprendere l’iniziativa e dettare l’agenda. Lo ha già fatto tante volte, cancellando la segregazione razziale in America nel 1963, demolendo il Muro di Berlino nel 1989, abolendo l’apartheid in Sudafrica nel 1994, creando la Corte penale internazionale nel 1998, facendo cancellare il debito estero dei paesi più poveri nel 2000, imponendo l’accordo sul clima di Parigi del 2015 e vincendo centinaia di altre battaglie di civiltà. E tutte le volte, sollevandosi fondamentalmente contro l’opportunismo, la debolezza morale e l’impotenza dell’establishment e della Politica. Tocca a tutti noi, adesso, lavorare per ricostruire quello che dissennatamente è stato demolito in questi anni, e ci riusciremo. Ci riprenderemo la nostra dignità e i nostri diritti. Ma dobbiamo lavorare sodo e sfruttare fino in fondo la nostra conoscenza, il nostro ingegno, la nostra forza morale e la nostra straordinaria umanità”.