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'Cosa fare quando il mondo è in fiamme?', Minervini: "Per questo film ho schivato le pallottole della polizia"

Arriva nelle sale il 9 maggio il documentario di Roberto Minervini presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, un viaggio nel Sud degli Stati Uniti che lotta contro il razzismo e per tenere vive le proprie tradizioni culturali

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Una madre si raccomanda ai propri figli: "A che ora ti ho detto di tornare?". "Alle sette". "Cioè quando?" "Quando si accendono i lampioni". Non è una mamma apprensiva e con la mania di controllo, ma una delle protagoniste di Cosa fare quando il mondo è in fiamme?, il film di Roberto Minervini presentato alla Mostra di Venezia in concorso dal 9 maggio in sala di cui Repubblica.it propone otto minuti in anteprima. Nell'estate del 2017 una serie di brutali uccisioni di giovani afroamericani per mano della polizia scuote gli Stati Uniti, per questo quella madre è così ossessionata, continua a ripetere ai suoi ragazzi: "Cos'è successo la settimana scorsa?" "Hanno sparato a cinque persone" "E la settimana prima?" "Una sparatoria dal benzinaio".



'Che fare quando il mondo è in fiamme?' - I primi minuti del film


"Lo spiritual che dà il titolo al film, What you gonna do when the world's on fire?, contiene la domanda ma anche la risposta: Correremo dal Signore e scapperemo da chi può proteggerci. Ascoltare questo brano e comprenderlo ha segnato l'inizio delle mie ricerche per capire cosa fosse questa fuga per la sopravvivenza dei neri d'America" spiega Roberto Minervini, una filmografia ricca e tutta americana da Low Tide a Louisiana. Una filmografia che è un viaggio in molte tappe attraverso gli Stati Uniti, un percorso che oggi approda a New Orleans, ma che è iniziato molto tempo fa e che diventa uno spaccato di un Paese che è cambiato in questi ultimi dieci anni dall'era Obama a quella Trump. "L'America per i non bianchi, ovvero per le minoranze etniche, non è in realtà molto cambiata perché il razzismo continua a essere istituzionalizzato - dice il regista - è cambiato il divario tra bianchi e neri quindi si sono ridotte le possibilità di convergenza e dialogo tra le due fazioni, perché purtroppo è di fazioni che dobbiamo parlare".


"Lavorando con diverse comunità africane americane della Louisiana meridionale, siamo riusciti ad avere accesso a quartieri e comunità di New Orleans off-limits per i più. Mi sono presto reso conto che la maggior parte delle persone era stata segnata da due pagine drammatiche della storia recente, le conseguenze dell’uragano Katrina del 2005 e l'uccisione di Alton Sterling per mano della polizia nel 2016. Mossa dalla collera e dalla paura, la gente cercava un'occasione per raccontare a voce alta le proprie storie". Il film racconta una comunità attraverso le storie dei suoi protagonisti, la vita di tutti i giorni, i momenti di festa (bellissime le sequenze del Mardi Gras dove il mondo dei nativi e quello degli afroamericani si incontrano, come reazione alla medesima emarginazione) ma anche le proteste, gli scontri con la polizia, scontri nei quali anche il regista si è trovato coinvolto. "In tante occasioni ero l'unico bianco e il momento più emozionante della lavorazione ha coinciso anche con quello più terrificante: quando, in ben due occasioni, ho dovuto gettarmi per terra per evitare le pallottole della polizia. Mai avrei pensato di trovarmi in questa situazione e quando ne ho parlato con loro mi hanno detto 'Welcome to our world', benvenuto nel nostro mondo".

Venezia 75, Minervini: "Il razzismo è come uno tsunami, in Usa e in Italia"


Tornato in Italia, dove i casi di razzismo occupano le pagine dei giornali, Minervini ha l'impressione di assistere "a uno tsunami, un'ondata di violenza , di antisemitismo, di intolleranza. Ma voglio ricordare anche le piccole onde, ricordo i "vu cumprà" degli anni Settanta, Ottanta e come venivano trattati. L'onda delle coste dell'Adriatico è diventata uno tsunami ma questo era inevitabile".