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Brasile, addio a Coutinho. Pelé: "Devo a lui il mio successo"

E' morto a 75 anni l'attaccante del Santos che fece per anni coppia con O Rei nel Santos, segnando 368 reti. Cafu: "Era una vera leggenda"

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ROMA - La generazione dei forti che se ne va. E' morto Coutinho. "Ci ritroveremo in cielo, è stato il miglior compagno che abba mai avuto", ha detto il suo amico di bisbocce nelle altrui aree Pelè. Non era uno dei mille Coutinhi sparsi per il Brasile, fra calcio, speranze e favele, uno dei tanti rispettabili portatori di questo leggendario cognome, diminutivo di "couto", che più o meno indica qualcosa di agricolo, tipo recinto o persona dedita all'agricoltura o al pascolo. Il Coutinho che ci ha lasciato a 75 anni (sembra di infarto ma manca una comunicazione ufficiale) era un grande calciatore che appena 14enne debuttava nel Santos facendo capire, come altri della sua classe e della sua epoca, come si sarebbe evoluto il calcio di lì a poco, dentro e fuori dal Brasile: talento, tocco ma anche, e finalmente, quella velocità sconosciuta ai predecessori. Nel suo caso Coutinho era un soprannome. Si chiamava Antonio Wilson Vieira Honorio. L'era e l'ora di Coutinho furono la stessa cosa, mescolandosi alla incomparabile magia di Pelè e forse regalando a questa magia, come fecero Didì, Vavà, Garrincha e poi anche Jairzinho, Gerson e Tostão, un tocco in più (al pallone).

L'annuncio della scomparsa è stato dato dal Santos su Twitter, con quella squadra giocò accanto a Pelè dal '58 (quando appunto Coutinho aveva 14 anni) al '67, insieme i due fecero letteralmente i botti: 1.400 reti in due (più di mille, fra scampi ed anguille, come avrebbe aggiunto Gianni Rodari, il solo Pelè, 1.091 secondo calcoli non del tutto attendibili, 368 Coutinho). Insieme vinsero 19 titoli, tra cui 2 Coppe Intercontinentali. Era alto come Pelè e a parte il viso, un po' più tondo, i due avevano la stessa corporatura, cosce potenti che esprimevano energia in elevazione e inedita (per i campi di calcio) rapidità sul breve e sul medio lungo. Nel '58 Pelè dette una svolta al pallone ai Mondiali di Svezia, Coutinho era ancora in attesa, troppo giovane malgrado fosse già un fenomeno.

Infatti già nel '62 (quando fu anche capocannionere nella Copa Libertadores col Santos) fu tra coloro che vinsero la Coppa Rimet in Cile. Sembrava destinato ad essere al fianco di Pelè anche nella Seleçao. Ma così non fu. Pelè si fece male, lui non giocò nemmeno una partita. Il tecnico Moreira non se ne sarebbe mai dovuto pentire perché alla fine fu comunque un trionfo, ci pensarono Amarildo e gli altri a non far sentire la mancanza di Pelè e del 18enne Coutinho. A sconvolgere la vita del ragazzo non intervennero le possibili glorie ma gli infortuni. Segnò quasi 400 reti a discapito di un corpo che superati i 20 iniziò a dar segni di disagio e allora non era facile, anzi era quasi impossibile, arginare le precoci usure di muscoli e cartilagini. Per lui alla fine solo 15 presenze in Nazionale. "Era una delle nostre leggende", ha detto "Pendolino" Cafu. Che fosse un campione e che fosse utile, diciamo così, giocargli accanto, lo ricordò lo stesso Pelè qualche tempo fa al magazine del Santos: "Credo che sia stato lui una delle principali ragioni del mio successo". Che non è proprio una cosa da poco.
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