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Vaticano, il Papa proclama santi Paolo VI e monsignor Romero: settantamila fedeli presenti in piazza San Pietro

Come reliquie la maglietta insanguinata dell'attentato di Manila subito nel 1970 per papa Montini e un frammento d'osso del vescovo del Salvador ucciso mentre celebrava messa. Ieri Bergoglio ha fatto visita a Benedetto XVI

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Impugnando la croce astile di Paolo VI e indossando le sue vesti liturgiche, con però il cingolo macchiato di sangue di monsignor Oscar Arnulfo Romero macchiato del suo sangue il giorno dell'uccisione, Papa Francesco ha fatto ingresso questa mattina in piazza San Pietro attraversando la Basilica di San Pietro fino a raggiungere il sagrato dove avevano già preso posto i 267 padri sinodali concelebranti e le delegazioni ufficiali tra cui quella italiana guidata da Mattarella e quella spagnola guidata dalla Regina Madre Sofia, ma ci sono anche i presidente di EL Salvador, Cile e Panama e il ministro degli esteri francesi.

Dopo la lettura della petizione da parte del cardinale Giovanni Angelo Becciu, sono state recitate le litanie e Papa Francesco ha proclamato santi tutti e sette i beati, mentre la piazza gremita di folla esplodeva in un lungo applauso. "Ad onore della Santissima Trinità - ha detto con voce solenne Papa Francesco - per l'esaltazione della fede cattolica e l'incremento della vita cristiana, con l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dopo aver lungamente riflettuto, invocato più volte l'aiuto divino e ascoltato il parere di molti Nostri Fratelli nell'Episcopato, dichiariamo Santi i Beati".

Quindi le parole che entrano nel cuore del messaggio che Romero e Papa Montini hanno lasciato alla Chiesa e al mondo: "La ricchezza è pericolosa e, dice Gesù,  rende difficile persino salvarsi. Non perchè Dio sia severo, no! Il problema è dalla nostra parte: il nostro troppo avere, il nostro troppo volere ci soffocano il cuore e ci rendono incapaci di amare".

Francesco ricorda come la vita dei nuovi santi sia stata una vita di povertà. E come "l'avidità del denaro è la radice di tutti i mali". Dice: "Lo vediamo: dove si mettono al centro i soldi non c'è posto per Dio e non c'è posto neanche per l'uomo". "Gesù - spiega il Pontefice - è radicale. Egli dà tutto e chiede tutto: dà un amore totale e chiede un cuore indiviso. Anche oggi si dà a noi come Pane vivo; possiamo dargli in cambio le briciole? A Lui, fattosi nostro servo fino ad andare in croce per noi, non possiamo rispondere solo con l'osservanza di qualche precetto. A Lui, che ci offre la vita eterna, non possiamo dare qualche ritaglio di tempo. Gesù non si accontenta di una 'percentuale di amore': non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessanta per cento. O tutto o niente". "Cari fratelli e sorelle, il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall'amore, ma può attaccarsi da una parte sola e deve scegliere: o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo; o vivrà per amare o vivrà per sè. Chiediamoci da che parte stiamo. Chiediamoci a che punto siamo nella nostra storia di amore con Dio".

A proposito di Paolo VI Francesco dice che "ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nell'annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri". E ancora: "Oggi ci esorta, insieme al Concilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla santità. Non alle mezze misure, ma alla santità". "E' bello - aggiunge il Papa - che insieme a lui e agli altri santi e sante odierni ci sia monsignor Romero, che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propria incolumità, per dare la vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuore calamitato da Gesù e dai fratelli. Lo stesso possiamo dire di Francesco Spinelli, di Vincenzo Romano, di Maria Caterina Kasper, di Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e anche del nostro ragazzo napoletano Nunzio Sulprizio, il santo giovane che ha saputo incontrare Gesù nell'offerta di se stesso. Tutti questi santi, in diversi contesti, hanno tradotto con la vita la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l'ardore di rischiare e di lasciare. Fratelli e sorelle, il Signore ci aiuti a imitare i loro esempi".

Secondo Papa Francesco, infatti, "non basta non fare nulla di male per essere di Gesù, non si può seguire Gesù se si è zavorrati da troppe cose". "Chiediamo la grazia - ha invocato Francesco - di saper lasciare per amore del Signore: lasciare le ricchezze, le nostalgie di ruoli e poteri, le strutture non più adeguate all'annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Senza un salto in avanti nell'amore la nostra vita e la nostra Chiesa si ammalano di 'autocompiacimento egocentrico': si cerca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cristiana senza slancio, dove un pò di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti".      

In proposito il Papa ricorda l'episodio del "giovane ricco" del Vangelo che "se ne andò rattristato: si era ancorato ai precetti e ai suoi molti beni, non aveva dato il cuore. E, pur avendo incontrato Gesù e ricevuto il suo sguardo d'amore, se ne andò via triste. La tristezza è la prova dell'amore incompiuto. E' il segno di un cuore tiepido. Invece, un cuore alleggerito di beni, che libero ama il Signore, diffonde sempre la gioia, quella gioia di cui oggi c'è grande bisogno". "Il santo Papa Paolo VI - conclude Francesco - scrisse: 'E' nel cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suo cantò. Gesù oggi ci invita a ritornare alle sorgenti della gioia, che sono l'incontro con Lui, la scelta coraggiosa di rischiare per seguirlo, il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua via. I santi hanno percorso questo cammino".

Dunque, Papa Paolo VI e monsignor Oscar Arnulfo Romero vengono canonizzati insieme. Con loro altri cinque nuovi santi: don Francesco Spinelli, Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù, don Vincenzo Romano, suor Maria Caterina Kasper e Nunzio Sulprizio. Questi ultimi tre furono beatificati proprio da Paolo VI.

La decisione di canonizzare insieme e a Roma Papa Montini e l'arcivescovo di San Salvador ucciso dagli "squadroni della morte" il 24 marzo 1980 non era scontata. Eppure è arrivata, segno della volontà di Francesco di portare all'attenzione di tutti due interpreti fedeli e autentici del Concilio Vaticano II. Due figure, fra l'altro, che proprio a motivo della fedeltà al Concilio hanno subìto critiche e calunnie.

Francesco ha parlato più volte di Paolo VI. Il 19 ottobre del 2014, in particolare, disse della sua gratitudine nei confronti "di questo grande Papa". Parlò di Montini come di un "coraggioso cristiano", un "instancabile apostolo" a cui tutta la Chiesa deve dire grazie. Fu il "timoniere del Concilio", che portò la Chiesa incontro alla modernità,  un'azione necessaria ancora oggi.

Il 23 maggio del 2015, invece, in occasione di un pellegrinaggio di alcuni fedeli da El Salvador a Roma in segno di ringraziamento per la beatificazione dello stesso Romero, Francesco raccontò del martirio dell'arcivescovo salvadoregno, spiegando che questo "non fu solo nel momento della sua morte", ma anzi "iniziò prima, con le sofferenze per le persecuzioni precedenti e continuò anche posteriormente, perché non bastava che fosse morto: fu diffamato, calunniato, infangato". E ancora: "Il suo martirio continuò anche per mano dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell'episcopato".

Il destino di Paolo VI e di Romero fu legato proprio dalle calunnie. Papa Montini dovette confrontarsi coi detrattori di Romero. A Roma arrivavano maldicenze a non finire. La tesi di una parte dell'episcopato salvadoregno era che Romero fosse "eterodosso, insano di mente, malato psichico in forma grave e fosse plagiato dai suoi consigliere, specialmente dai gesuiti". E ancora, secondo quanto riportato nei documenti contenuti nella causa di beatificazione recentemente resi noti, che Romero "era un uomo pericoloso che andava fermato".

Contro le arringhe dei detrattori, a cui presto si aggiunse anche il nunzio Gerada che dichiaratamente iniziò a lavorare per la sua rimozione, Paolo VI fece da parafulmine. "Coraggio, è lei che comanda", gli disse Montini nell'aprile del 1977. Montini capiva che Romero era un autentico interprete del Concilio. E che subiva critiche per questo. Le stesse critiche che colpirono il Papa, giudicato da settori tradizionalisti modernista e traditore della vera dottrina.


Ieri sera papa Francesco si è recato al Monastero Mater Ecclesiae a trovare il Papa emerito. Benedetto XVI è stato creato cardinale da Paolo VI nel suo ultimo Concistoro il 27 giugno 1977.

Al rito odierno saranno presenti delegazioni di molti paesi, tra i quali quelle italiana, guidata dal presidente Sergio Mattarella, e quella salvadoregna, guidata dal presidente di El Salvador, Salvador Sanchez Ceran. Sul sagrato ci saranno anche i miracolati, tra i quali la piccola bresciana Amanda Maria Paola Tagliaferro, nata il 25 dicembre 2014 al Policlinico di Borgo Roma a Verona, guarita nel grembo materno grazie alla preghiera rivolta a Paolo VI, e Cecilia Flores, la donna che, a un passo dalla morte, è stata miracolosamente salvata dall'intercessione di monsignor Romero. Sono attesi circa 70 mila fedeli, ha annunciato il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Giovanni Angelo Becciu.

Per Paolo VI verrà portata in piazza la maglietta con le macchie di sangue dell'attentato di Manila subito nel 1970. Per Oscar Romero, invece, la reliquia che verrà portata a piazza San Pietro sarà parte di un osso. Ancora frammenti di osso per gli altri beati che verranno canonizzati, eccetto che per suor Nazaria Ignazia March Mesa la cui reliquia sarà invece una ciocca dei suoi capelli. "La tomba di Paolo VI - comunica il Vaticano - rimarrà nello stesso posto, per dare compimento al suo testamento: 'La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me'".

Ecco chi sono i cinque santi affiancati ai più noti Papa Montini e Oscar Romero.
DON FRANCESCO SPINELLI. Nato a Milano il 14 aprile 1853 da genitori bergamaschi, divenne sacerdote nel 1875. Una visione avuta alla fine di quell'anno, mentre pregava nella basilica romana di Santa Maria Maggiore nel corso del Giubileo, gli fece intuire che avrebbe dovuto fondare una congregazione femminile. Il 15 dicembre 1882 fondò le Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento. Don Francesco morì il 6 febbraio 1913, fu beatificato da Giovanni Paolo II il 21 giugno 1992.

DON VINCENZO ROMANO. Nacque nel 1751 a Torre del Greco (Napoli) e qui trascorse tutta la sua vita. Divenne sacerdote, fu educatore di giovani, ebbe cura dei poveri e degli ammalati e si interessò attivamente della realtà sociale del suo tempo, in particolare dei pescatori di corallo e delle loro famiglie. A seguito dell'eruzione del Vesuvio che distrusse la cittadina nel 1794, don Romano divenne l'anima della rinascita materiale e spirituale di Torre del Greco. Morì il 20 dicembre 1831. Fu beatificato da Paolo VI il 17 novembre 1963.

SUOR MARIA CATERINA KASPER. Nacque a Dernbach, in Germania, il 26 maggio 1820. Per aiutare la sua numerosa famiglia, trascorse l'adolescenza lavorando nei campi e anche spaccando le pietre che servivano per lastricare le strade. Aveva il desiderio di consacrarsi a Dio, sebbene non volesse entrare in nessuna famiglia religiosa esistente. Ne fondò una lei e cominciò la vita comune con alcune compagne nel 1845. Le religiose presero il nome di Povere Ancelle di Gesù Cristo; successivamente aprirono nuove case, anche all'estero, per aiutare gli immigrati tedeschi. Morì il 2 febbraio 1898. È stata beatificata da Paolo VI il 16 aprile 1978.

SUOR NAZARIA IGNAZIA DI SANTA TERESA DI GESU'. E' nata a Madrid nel 1889; presto si trasferì con la famiglia in Messico per ragioni economiche. Sulla stessa nave viaggiavano alcune Piccole Suore degli Anziani Abbandonati: lei si fece religiosa proprio in quella Congregazione. Per il noviziato tornò in patria, ma nel 1908 tornò nelle Americhe, destinata ad una missione in Bolivia. Nel 1920, dopo un corso di esercizi spirituali, concepì una nuova Congregazione; la fondò nel 1925 con il nome di Missionarie Crociate della Chiesa. Erano all'avanguardia nella situazione della Bolivia di allora e sostenevano in particolare la promozione sociale e lavorativa delle donne. Nel 1938 la fondatrice si trasferì in Argentina. Morì a Buenos Aires nel 1943 ed è stata beatificata da san Giovanni Paolo II il 27 settembre 1992.

NUNZIO SULPRIZIO. Nacque a Pescosansonesco, in provincia di Pescara, il 13 aprile 1817. Perse molto presto i genitori e uno zio lo prese a lavorare con sé nella sua officina di fabbro ferraio. Ma il lavoro troppo pesante per l'età lo fece ammalare: colpito nel 1831 da una grave malattia ossea, fu ricoverato in ospedale prima a L'Aquila e poi a Napoli. Nunzio affrontò la malattia con fede e questo colpiva chi gli stava vicino. Morì il 5 maggio 1836, a 19 anni. È stato beatificato da Paolo VI il 1° dicembre 1963, durante il Concilio Vaticano II.