Vaticano

Il Papa ammette: "Abusi sulle suore da parte dei preti, impegno a fare di più"

Sul volo di ritorno da Abu Dhabi il Pontefice riconosce che "il maltrattamento delle donne è un problema che esiste anche nella Chiesa, anche oggi", dice Francesco riferendosi alle rivelazioni dell'Osservatore romano sugli abusi. E ricorda i tentativi di Rtzinger di far fronte al problema. Il Pontefice parla anche del Venezuela: "Per una mediazione ci vuole la volontà di ambedue le parti". 

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A BORDO DELL'AEREO PAPALE IN VOLO DA ABU DHABI A ROMA - A sole due settimane dal summit che avrà luogo in Vaticano dedicato agli abusi su minori da parte dei preti, Francesco nella conferenza stampa tenuta sul volo della Etihad che da Abu Dhabi lo riporta a Roma ammette che il tema sollevato una settimana fa dall’inserto femminile dell'Osservatore Romano circa le suore abusate anch'esse da preti è reale: "Il problema esiste nella Chiesa", dice. E parla apertamente di sacerdoti e anche vescovi che hanno abusato: "Io credo che si faccia ancora, ma ci stiamo lavorando", spiega.

E riporta un episodio che ha coinvolto Joseph Ratzinger quando ancora era cardinale: provò a fare pulizia di una congregazione il cui superiore abusava delle suore, ma non vi riuscì tanto che disse al suo segretario di mettere via la cartella con tutto l'incartamento: "Mettila nell’archivio, ha vinto l’altro partito", disse. Francesco amplia poi l'argomento a livello culturale dicendo in generale che "il maltrattamento delle donne è un problema". E ancora: "Io oserei dire che l'umanità ancora non è maturata: la donna è considerata di 'seconda classe'" e spesso ci sono "femminicidi".

 Il resto della conferenza stampa è dedicato a tematiche più internazionali o inerenti il viaggio negli Emirati: il Papa conferma la richiesta di Maduro di una mediazione vaticana in Venezuela ma, dice, non basta, "perché si faccia un ultimo passo, una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti", e cioè anche di Guaidò. Spiega che negli Emirati ha parlato della crisi dello Yemen e che ha "trovato buona volontà nell'avviare processi di pace", insieme a un "islamismo aperto". Racconta che la sua grande preoccupazione, come quella degli altri leader religiosi presenti, è "la distruzione, la guerra, l'odio tra noi. Se noi credenti non siamo capaci di darci la mano, abbracciarci e anche pregare - dice - la nostra fede sarà sconfitta".

E, in ogni caso, citando il caso di un uomo musulmano a cui l'Isis ha sgozzato la moglie cristiana dopo averle chiesto di convertirsi, ricorda che anche per i saggi islamici il fondamentalismo non è vero islamismo. E ancora, risponde ai cattolici che lo accusano di farsi strumentalizzare dal mondo islamico spiegando che il documento sulla fratellanza firmato ieri con Al-Tayeb "non si è schiodato di un millimetro dal Concilio Vaticano II".

Francesco sale riposato sull'aereo per Roma. Dopo tre giorni negli Emirati Arabi per partecipare a un incontro sulla fratellanza universale assieme ad oltre settecento leader religiosi di varie fedi, parla coi giornalisti del significato profondo di questo viaggio, il primo di un Papa nella penisola arabica: "È stato un viaggio troppo breve - dice -, ma per me un'esperienza grande. Penso che ogni viaggio sia storico, così anche lo sono i nostri giorni, scrivere la storia di ogni giorno…  nessuna storia è piccola, ogni storia è grande e degna anche se brutta, la dignità nascosta sempre può venire su".

La rivista femminile dell'Osservatore Romano ha pubblicato un articolo denunciando l'abuso sessuale delle donne consacrate nella Chiesa da parte del clero. Qualche mese fa anche L'Unione delle Superiore generali ha fatto una denuncia pubblica. Sappiamo che la prossima riunione in Vaticano sarà sull'abuso sui minori, ma possiamo pensare che la Santa Sede possa fare qualcosa per affrontare anche questo problema con un documento o delle linee guida?
"È vero, è un problema. Il maltrattamento delle donne è un problema. Io oserei dire che l'umanità ancora non ha maturato: la donna è considerata di 'seconda classe'. Cominciamo da qui: è un problema culturale. Poi si arriva fino ai femminicidi. Ci sono dei Paesi in cui il maltrattamento delle donne arriva al femminicidio. È vero, dentro la Chiesa ci sono stati dei chierici che hanno fatto questo. In alcune civilizzazioni in modo più forte che in altre. Ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che hanno fatto quello. E io credo che si faccia ancora: non è che dal momento in cui tu te ne accorgi, finisce. La cosa va avanti così. E da tempo stiamo lavorando in questo. Abbiamo sospeso qualche chierico, mandato via, e anche - non so se è finito il processo - sciogliere qualche congregazione religiosa femminile che era molto legata a questo fenomeno, una corruzione. Si deve fare qualcosa di più? Sì. Abbiamo la volontà? Sì. Ma è un cammino che viene da lontano. Papa Benedetto ha avuto il coraggio di sciogliere una congregazione femminile che aveva un certo livello, perché c'era entrata questa schiavitù, anche persino sessuale, da parte dei chierici o da parte del fondatore. A volte il fondatore toglie la libertà alle suore, può arrivare a questo. Vorrei sottolineare che Benedetto XVI ha avuto il coraggio di fare tante cose su questo tema. C'è un aneddoto: lui aveva tutte le carte su una organizzazione religiosa che aveva dentro corruzione sessuale ed economica. Lui provava a parlarne e c'erano dei filtri, non poteva arrivare. Alla fine il Papa, con la voglia di vedere la verità, ha fatto una riunione e Joseph Ratzinger se né andato lì con la cartella e tutte le sue carte. Quando è tornato, ha detto al suo segretario: mettila nell'archivio, ha vinto l'altro partito. Non dobbiamo scandalizzarci per questo, sono passi di un processo. Ma appena diventato Papa, la prima cosa che ha detto è stata: portami dall'archivio questo. Il folklore lo fa vedere come debole, ma di debole non ha niente. È un uomo buono, un pezzo di pane è più cattivo di lui, ma è un uomo forte. Su questo problema: preghi che possiamo andare avanti, io voglio andare avanti. Ci sono dei casi. Stiamo lavorando".
 
Santità quali saranno i risultati del viaggio negli Emirati Arabi Uniti e quali sono state le sue impressioni sul Paese?
"Ho visto un Paese moderno: mi ha colpito la città, la pulizia della città, e curiosità piccole, come fanno ad innaffiare i fiori in questo deserto? Un Paese accogliente dei tanti popoli che vengono qui, ma anche un Paese che guarda al futuro: ad esempio l'educazione dei bambini, li educano guardando al futuro, sempre. Poi la cosa che mi ha colpito è il problema dell'acqua: stanno cercando per il futuro prossimo di prendere l'acqua del mare e renderla potabile, e anche l'acqua dell'umidità. Sempre vanno cercando cose nuove. Ho sentito da qualcuno che un giorno mancherà il petrolio: 'Ci stiamo preparando per avere qualcosa da fare quando mancherà'. Questo è un Paese che guarda al futuro. Poi mi è sembrato un Paese aperto non chiuso, anche la religiosità, anche l'islamismo, è un islamismo aperto, non chiuso, di dialogo, un islamismo fraterno e di pace. L'educazione alla pace che è sentita come un dovere, malgrado ci siano alcuni problemi di alcune guerre nella zona. È stato per me molto toccante l'incontro con i saggi. I saggi dell'Islam, di varie culture, a indicare l'apertura a un dialogo universale. Sono stato colpito anche dal convegno interreligioso, è un fatto culturale forte. E anche quanto hanno fatto qui sulla pedofilia nei media, in Internet... perché la pedopornografia oggi è un'industria che dà tanti soldi, e approfittano dei bambini e questo Paese se ne è accorto da tanto tempo. Cose positive. Sicuramente ci saranno dei problemi, forse negativi, ma in un viaggio di meno di tre giorni queste cose non si vedono e se si vedono uno guarda dall'altra parte".
 
Il viaggio è stato segnato dalla firma del documento sulla fraternità. Come questo documento sarà applicato in futuro e qual è il suo pensiero sull'annuncio del principe Mohammed circa la costruzione di una chiesa accanto a una moschea?
"Il documento è stato preparato con tanta riflessione e anche pregando, il grande Imam con la sua equipe e io con la mia. Abbiamo pregato tanto per riuscire a fare questo documento perché per me esiste un solo pericolo grande, in questo momento: la distruzione, la guerra, l'odio tra noi. E se noi credenti non siamo capaci di darci la mano, abbracciarci e anche pregare, la nostra fede sarà sconfitta. Questo documento nasce dalla fede in Dio che è padre di tutti e padre della pace e condanna ogni distruzione, ogni terrorismo. Il primo terrorismo della storia è quello di Caino. È un documento che si è sviluppato in quasi un anno, andata e ritorno, preghiere, è rimasto così per maturare, un po' confidenziale, per non partorire il bambino prima del tempo, prima che sia maturo".

(ansa)

È stato un viaggio pieno di incontri, di impressioni, di immagini. Al suo arrivo, è stato accolto con gli onori militari, con gli aerei militari che hanno disegnato i colori vaticani nel cielo. Mi chiedo: cosa c'entra questo con lei, con il Papa che viene con un messaggio di pace. Cosa pensa di questo?
"Interpreto tutti i gesti di benvenuto come gesti di buona volontà, ognuno li fa secondo le proprie culture. Cosa ho trovato qui? Una accoglienza così grande, che volevano fare di tutto, piccole cose e grandi cose, perché sentivano che la visita del Papa era qualcosa di buono. Qualcuno ha detto anche una benedizione. Dio lo sa. Ma loro volevano farmi sentire che io ero benvenuto".
 
Il suo appello per la pace in Yemen. Quali reazioni ha ricevuto nei suoi incontri che fanno sperare che questo messaggio venga accolto, che si fanno dei passi verso la pace nello Yemen?
"Sul problema delle guerre: lei ne ha menzionato una. È difficile dare un'opinione dopo due giorni e dopo aver parlato sull'argomento con poche persone. Dirò che ho trovato buona volontà nell'avviare processi di pace. Questo l'ho trovato".
 
Dopo la firma storica del documento quali potranno essere secondo lei le conseguenze nel mondo islamico? Penso soprattutto ai conflitti nello Yemen e in Siria... E quali le conseguenze anche tra i cattolici, considerato che c'è una parte di cattolici che accusa lei di farsi strumentalizzare dai musulmani?
"Ma non solo dai musulmani... mi accusano di farmi strumentalizzare da tutti, anche dai giornalisti... È parte del lavoro, ma una cosa voglio dirla. Dal punto di vista cattolico il documento non si è schiodato di un millimetro dal Concilio Vaticano II, è anche citato più volte. Il documento è stato fatto nello spirito del Vaticano II. Ho voluto, prima di prendere la decisione, dire 'va bene così' e poi di firmarlo. Da parte mia l'ho fatto leggere a qualche teologo e anche ufficialmente al teologo della casa pontificia che è un domenicano: che bella tradizione dei domenicani non di andare alla caccia delle streghe ma di vedere la cosa giusta... e lui ha approvato. Se uno si sente male io lo capisco, non è una cosa di tutti giorni... ma non è un passo indietro è un passo avanti. Un passo in avanti che viene da cinquant'anni, viene dal Concilio e deve svilupparsi. Gli storici dicono che perché un Concilio abbia radici nella Chiesa ci vogliono cento anni, siamo a metà strada. È questo che attira anche la mia attenzione ... Ho visto una frase, ma questa frase non sapevo se era sicura, ma alla fine ho visto che è una frase del Concilio...anche a me ha sorpreso... Anche nel mondo islamico ci sono diversi pareri, ci sono alcuni più radicali altri no. Ci saranno anche tra loro delle discrepanze, ma è un processo e i processi maturano".
 
Ha appena concluso la visita negli Emirati Arabi e fra pochissimo andrà in Marocco. Ci sembra di capire che ha scelto di parlare con interlocutori ben precisi dell'Islam. È una scelta di campo? Il documento storico firmato ieri è molto ambizioso per l'educazione, secondo lei può davvero toccare i fedeli musulmani?
"Ho sentito da alcuni musulmani che va studiato nelle università, almeno ad Al-Azhar di sicuro, e nelle scuole. Va studiato. Non imposto, ma studiato. Questo per iniziare dalla fine della sua domanda. Sul Marocco è un po' il caso la vicinanza dei due viaggi perché io volevo andare a Marrakech - alla Conferenza dell'Onu sulle migrazioni, ndr  - ma c'erano cose protocollari e non potevo andare a un incontro internazionale senza fare prima una visita al Paese, ma non avevo tempo. E per questo abbiamo rimandato la visita. Ed è stato il segretario di Stato ad andare a Marrakech. È una questione diplomatica e di educazione, pure, ma non è una cosa pianificata. In Marocco seguo le tracce di san Giovanni Paolo II che è stato il primo ad andare. Sarà un viaggio gradevole. Poi sono arrivati inviti da altri Paesi islamici, ma non c'è tempo quest'anno. Io o l'altro Pietro, qualcuno ci andrà".
 
Giovanni Paolo II, con la sua mediazione, evitò una guerra tra Argentina e Cile. Maduro le ha inviato una lettera chiedendo aiuto per il dialogo in Venezuela. Il cardinale Parolin conosce bene il Paese. A che punto siamo nella disponibilità della Santa Sede per una possibile mediazione?
"La mediazione Argentina-Cile fu un atto coraggioso di Giovanni Paolo II che ha evitato una guerra. Ma ci sono piccoli passi, l'ultimo è una mediazione, sono piccoli passi iniziali facilitatori, ma non solo dal Vaticano, tutta la diplomazia, vicinanza all'uno e all'altro per avviare una possibilità di dialogo: si fa così in diplomazia. Dalla segreteria di Stato potranno spiegare bene tutti i passi differenti che si possono fare. Io prima del viaggio sapevo che sarebbe arrivato col plico diplomatico una lettera di Maduro, questa lettera ancora non l'ho letta. Ma perché si faccia un passo, una mediazione, ci vuole la volontà di ambedue le parti. Se saranno entrambe le parti a chiederlo, come nel caso di Argentina e Cile... La Santa Sede nel Venezuela è stata presente nel momento del dialogo con Zapatero, nella prima riunione con monsignor Celli, e poi ha continuato... Ma lì è stato partorito un topino, niente... fumo. Adesso vedrò la lettera e vedrò cosa si può fare. Ma le condizioni iniziali siano chiare: che le parti lo chiedano. Lo stesso quando la gente va dal curato perché c'è un problema tra marito e moglie, va uno: e l'altra parte viene o non viene? Vuole o non vuole? Servono sempre ambedue le parti. Questa è una condizione che i Paesi devono pensare prima di chiedere una facilitazione o la presenza di un salvatore o una mediazione".
 
Negli Emirati ha avuto un incontro con il consiglio degli anziani. Per quello che ci può raccontare, che temi ha toccato? Torna a Roma con l'impressione che il messaggio sia arrivato ai suoi interlocutori?
"Gli anziani davvero sono saggi. Ha parlato prima il Grande Imam. Poi ognuno di loro, cominciando dal più anziano, che parlava lo spagnolo, sì perché era della Mauritania. Anziano, eh, ottantenne. Fino al più giovane, che è il segretario del consiglio degli anziani. Ha parlato poco, ma ha detto tutto in un video: è un comunicatore. Mi è piaciuto questo, è stata una cosa bellissima. La parola chiave è "saggezza". Poi "fedeltà". Poi hanno sottolineato un cammino della vita con il quale questa saggezza cresce e la fedeltà si fa forte. E da lì nasce l'amicizia tra i popoli. Erano di diverse provenienze. Saggezza e fedeltà sono il cammino per la costruzione della pace. Perché la pace è un'opera della saggezza e della fedeltà. Fedeltà umana, tra i popoli".
 
(agf)

L'Imam al-Tayeb ha denunciato l'islamofobia, perché non si è sentito qualcosa sulla cristianofobia, sulla persecuzione dei cristiani?
"Ne ho parlato della persecuzione dei cristiani, non in quel momento, anche in questo viaggio ne ho parlato ma non ricordo dove ma ne ho parlato. Credo che il documento era più sull'unità e l'amicizia... anche il documento comunque condanna la violenza e alcuni gruppi che si dicono islamici - i saggi dicono che non è l'islamismo - perseguitano i cristiani. Ricordo un papà con tre bambini, aveva trent'anni, piangeva: 'Sono islamico, mia moglie era cristiana, sono venuti i terroristi dell'Isis, hanno visto la croce e le hanno detto: 'Convertiti e davanti a me l'hanno sgozzata'. Questo è il pane nostro di tutti i giorni dei gruppi terroristici, la distruzione della persona. Il documento ha condannato questo".
 
Che rapporto c'è tra libertà religiosa e di culto?
"La libertà è un processo, sempre avanti. Mi ha impressionato un colloquio prima di partire con un ragazzo di 13 anni, a Roma. Mi ha detto: 'Santità, io sono ateo, cosa devo fare come ateo per diventare un uomo di pace?'. Io ho detto: 'Fà quello che tu senti, gli ho parlato un po', mi è piaciuto il coraggio del ragazzo, è ateo ma cerca il bene. Anche questo è un processo, un processo che dobbiamo rispettare e accompagnare. Accompagnare tutti i processi per bene, tutti, di qualsiasi colore. Questi credo che siano passi in avanti".
 
Oggi una ragazzina le ha portato una lettera, abbiamo visto. È corsa da lei quando stava sulla macchina. Che impressione le ha fatto, quando ha visto questa ragazzina venire verso di lei... questa bambina che è scappata tra la folla...
"È una bambina coraggiosa! Quella bambina ha futuro, eh, ha futuro...e oserei dire: povero marito... Ha futuro, è coraggiosa, mi è piaciuto! Ci vuole coraggio per fare quello, e poi un'altra l'ha seguita, erano due...".