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Gubbio, a Natale dà ancor più spettacolo

L'albero più grande del mondo (certificato dal Guinness), sotto froma di silhouette luminosa. E un affascinante presepe diffuso nel quartiere di San Martino. Così lo splendido borgo umbro si appresta ad attraversare le Feste. Fino all'8 gennaio
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L’albero più grande del mondo è stato già acceso sul Monte Ingino. Uno show, messo a punto dall’uomo e immerso nella natura, a base di 260 punti luce, 270 lampade di grandi dimensioni, 8500 metri di cavi, 1350 prese e spine che veicolano 35 chilowatt di corrente elettrica. Ma a Gubbio la sagoma dell’abete multicolor ­- alto 70 metri e largo 350, con tanto di stella cometa disegnata da 200 lumicini - è solo un co-protagonista. Al di là dei record (l’albero è entrato dal 1991 nel Guinness dei Primati) ciò che più seduce chi arriva nella “Città del Natale” è la storia, l’arte e le pietre. Storia che si legge nell’impianto medievale, tra i vicoli che diventano perfetta scenografia per il presepe diffuso nel quartiere di San Martino. Certo, l’angolo più autentico di Gubbio che in questi giorni ospita le statue della natività, i pastori, gli artigiani, i magi in dimensione reale. Non semplici manichini, ma 120 personaggi dagli abiti palestinesi che animano i viottoli medievali e si “rincorrono” giù giù fino al torrente Saonda come fossero lì, a fare il bucato, dalla notte dei tempi.

Un presepe di rara suggestione che si “confonde” con la vita di una cittadina umbra baciata nei secoli – dicono gli stessi eugubini - dalla buona sorte. Prima l’insediamento degli Umbri (popolo preromano) che ha lasciato testimonianza del suo alfabeto nelle Tavole Eugubine (sette, in bronzo, risalgono al II secolo e si trovano a Palazzo dei Consoli); poi l’intervento miracoloso del vescovo Ubaldo (Sant’Ubaldo patrono della città) che protesse Gubbio dall’assedio congiunto delle città umbre  nel 1151; dunque la prova di santità di Francesco che proprio qui incontrò il Lupo feroce e lo ammansì (nei pressi nel boschetto della Vittorina dove oggi c’è la chiesa omonima) e, infine, la più recente fortuna: essere rimasta quasi intoccata dai terremoti che a più riprese hanno squassato la regione (i più devastanti nel 1997 e nel 2016). Un destino se non unico, davvero speciale quello di Gubbio. Scaramantica “Città dei Matti” - di cui chiunque può avere la patente onoraria girando tre volte intorno alla piccola fontana di Largo Bargello - devota alla tradizione umbra, eppure “diversa” per lungimiranza politica e storia artistica. Sì, perché qui dietro le antiche porte - che l’hanno difesa “dall’altra Umbria” dei signorotti e della “gradassa” Perugia, scegliendo di stare sotto l’egida della Signoria Montefeltro fino all’annessione allo Stato Vaticano - disvela arrampicandosi tesori urbanistici (dal Medioevo al Rinascimento) concentrati in un’area relativamente piccola ai piedi del monte Ingino. Palazzo dei Consoli, per esempio, simbolo della città, la piazza Grande “appesa” in cima o Palazzo Pretorio, sede del comune. E il Duomo (di San Mariano e San Giacomo) e le Chiese (da vedere quella di San Domenico e di San Martino) su cui regna sovrana la guida spirituale di Sant’Ubaldo, le cui spoglie “vegliano” la città dall’alto della Basilica-Santuario custode dei Ceri lignei che sfilano in processione il 15 maggio. Più che una tradizione, una missione per le famiglie del posto che si dividono oneri e compiti della festa rituale.
Santità, arte e peccati di gola. Gubbio, monastica per carattere si scopre edonistica per naturale progresso. Basta guardare al Monastero di Sant’Ambrogio abbarbicato sulla costa del Monte Foce, immerso nel verde e austera sentinella della città. Fu rifugio di eremiti già dal 1330 e ancora oggi l’accesso è regolato dalle religiose che lo abitano. Piacevolmente aperto agli ospiti, invece, il Park Hotel ai Cappuccini, monastero del XVII secolo animato nei secoli da diverse comunità religiose, caduto in rovina e riportato, ormai da un paio di decenni, a nuova vita. Ai confini del centro, è il luogo ideale per esplorare Gubbio e godere di una spa ritemprante dopo le “arrampicate” montane. Piscina di sale, massaggi, trattamenti doc e un’atmosfera magica composta da una sapiente mescolanza di arte contemporanea e saloni modello rinascimentale con focolari e soffitti altissimi. Un albergo, certo, ma dagli inconfondibili connotati egubini. Diverso dal solito, per Dna, anche il bel giardino che la temperatura invernale non permette di godere a pieno. Al contrario del ristorante “Nicolao”, che vi accoglie all’interno del dedalo di chiostri con un particolare aroma di funghi e tartufo di cui questa terra è ricchissima.

Re tartufo di ogni qualità e colore: si “nasconde” intorno a Gubbio in ogni periodo dell’anno, cambiano un po’ le tipologie e il profumo, ma la “caccia al tesoro” ha lo stesso appeal anche d’inverno. Ci si può fare aiutare da una guida per avere miglior fortuna oppure optare per un più tranquillo giro all’insegna dell’arte. Fino all’8 gennaio il presepe di San Martino potrà essere una ragione di più per raggiungere Gubbio. Non vi deluderà.