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Migranti, anche a Roma l'effetto 'decreto Salvini': ondata di licenziamenti nei centri di accoglienza

Oltre 250 lavoratori rischiano di perdere il lavoro nel settore. E nei prossimi mesi i numeri potrebbero aumentare

Il grido d’allarme più forte è arrivato venerdì scorso dalla Croce Rossa Italiana: l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo per oltre 60 persone, quasi un terzo dei dipendenti totali. Ma il bollettino degli operatori sociali impiegati nel campo dell’accoglienza ai migranti che rischiano di restare senza un lavoro nei prossimi mesi è molto più pesante. Dei 350 esuberi annunciati a livello nazionale da Medihospes, una delle più grandi cooperative sociali italiane, oltre 150 ricadono su Roma. A questi vanno aggiunte le decine di posti persi e fuoriuscite volontarie registrate da una serie di realtà più piccole operanti nella Capitale.

È l’effetto del cosiddetto decreto Sicurezza e Immigrazione che porta la firma del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, approvato dalla maggioranza giallo-verde nel novembre del 2018. Il provvedimento ha ridotto gli importi destinati al settore per ogni migrante accolto, da circa 35 euro a una forbice che va da 19 a 26 euro, ridotto gli organici e soprattutto tagliato e ridimensionato la presenza di una serie di figure professionali come psicologi, insegnanti di italiano e mediatori culturali. Ad essere i più colpiti sono i Centri di accoglienza straordinaria, ma la ristrutturazione del sistema di accoglienza penalizza anche la rete degli Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, sostituito dal Siproimi, acronimo della dicitura Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati. 

A fornire il quadro complessivo a Romatoday è Cristina Compagno, responsabile del terzo settore della Fp Cgil di Roma e del Lazio: “Dei 350 esuberi quantificati da Medihospes su tutto il territorio nazionale, oltre 150 ricadranno su Roma. A questi si aggiunge l’apertura del licenziamento collettivo per 65 dipendenti della Croce Rossa Italiana, che incontreremo il 16 maggio prossimo. C’è poi la procedura aperta dalla cooperativa Sinergy, che riguarda 20 lavoratori e quella della cooperativa Eta Beta, che prevede 34 esuberi. E ancora. La cooperativa Abc, in liquidazione coatta amministrativa, che dopo aver favorito fuoriuscite volontarie non riesce a pagare i propri dipendenti”. 

Un quadro che “desta molta preoccupazione”, commenta Compagno. “Il decreto ha tagliato una serie di figure e non riusciamo a ricollocare i lavoratori licenziati. Ora si tratta di avviare un confronto con le committenze (Prefetture ed enti locali, ndr) per capire come applicare queste disposizioni ma è chiaro che nell’arco dell’anno il numero degli esuberi non può che salire. Con gli introiti ridotti, i costi di gestione aumenteranno sempre di più e molte realtà che operano nel campo del terzo settore, soprattutto le più piccole, faranno fatica a reggere. Senza dimenticare le ricadute negative sugli ospiti, i primi a subire le conseguenze di questo cambiamento”.

I numeri dei licenziamenti potrebbero quindi aumentare nei prossimi mesi. Come nel resto d’Italia, anche a Roma alcune realtà del settore hanno deciso di non partecipare alla nuova gara per l’accoglienza dei migranti emessa della Prefettura. In prima fila proprio la Croce Rossa Italiana: “Per noi è stata una scelta obbligata”, spiega a Romatoday il direttore della Cri, Pietro Giulio Mariani. “Non è possibile partecipare sapendo di dover fornire un servizio scadente e non in grado di garantire un’assistenza dignitosa. A nostro avviso sono state eliminate figure professionali essenziali. Come possiamo non aver bisogno di psicologi per persone vittime di tratta o di tortura? Come si può prescindere dall’insegnamento della lingua italiana per avviare percorsi di integrazione? Anche le stime sui costi sono poco realistiche. Su questa base è impossibile pagare un affitto per le strutture o permettersi figure essenziali come il commercialista. La Croce Rossa di Roma ha partecipato al sistema dell’accoglienza sul territorio romano ed è grazie a seri professionisti e operatori se, non l’Associazione, quanto il sistema messo in piedi si è potuto reggere. Purtroppo, un cambio radicale di approccio e governo del fenomeno” conclude il direttore “impone cambiamenti radicali anche a noi”. 

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