venerdì, Aprile 26, 2024
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Trapani, terrorismo islamico:tunisino espulso per motivi di sicurezza

E’ stato rimpatriato venerdì nella sua città d’origine un cittadino tunisino,
31 anni, residente a Trapani, sul quale si era concentrata da tempo l’attività
investigativa della Digos.
L’interesse degli investigatori era nato in seguito all’esternazione di alcuni suoi
apprezzamenti in merito agli attentati terroristici avvenuti nel corso dell’anno 2015
in Francia.
Dopo quegli episodi, infatti, il giovane aveva modificato il proprio
comportamento, facendosi crescere la barba e diventando un fervente praticante
della religione musulmana, grazie anche alla sua assidua frequentazione della
locale moschea.
Ogni giorno, nella sua abitazione in una strada centrale della città, anche
dopo essere rincasato molto tardi dal suo lavoro, aveva preso l’abitudine di
guardare ed ascoltare sul proprio tablet sermoni in lingua araba recitati da diversi
predicatori, dal forte contenuto antisemita e spesso inneggianti alla jihad.
L’attività info investigativa, condotta anche con indagini tecniche sui dispositivi
elettronici quotidianamente utilizzati, ha consentito di appurare che, nell’ambito dei
contenuti visionati dal giovane, erano stati particolarmente seguiti i sermoni del
noto Kamel Zarrouk. L’estremista, che sarebbe rimasto ucciso nel 2015 dai
bombardamenti delle forze statunitensi, è considerato il numero due
dell’organizzazione terroristica islamica di origine tunisina “Ansar Al Sharia”,
collegata sia sotto il profilo ideologico che organizzativo ad Al-Qaeda.
Particolarmente inquietante risulta essere il contenuto di un audio ascoltato
dal B. S., in cui il predicatore esalta il Califfo Abu Bakr Al Bagdadi e le azioni
terroristiche compiute, commentando testualmente: “avete visto cosa abbiamo
fatto in Canada e come abbiamo colpito in Francia, in Australia e in Belgio e

in altri paesi con la Croce e che promettiamo di cancellazione con la
benedizione di Dio” per poi continuare con le testuali parole: “verremo ad
ammazzarvi così saprete cosa è la legge di dio, la sharia.”
Numerosissime le visualizzazioni sul canale Youtube di video che
riproducevano discorsi di predicatori islamici volti ad inneggiare alla lotta contro gli
ebrei e, più in generale, contro la civiltà occidentale.
L’analisi del contenuto di tutto quello che, nel tempo, il giovane tunisino ha
attentamente seguito sul web ha permesso di rilevare i suoi evidenti e non celati
sentimenti di condivisione delle ragioni che avevano portato sostenitori dello Stato
Islamico a compiere efferati atti di terrore stragista in Europa.
Le nuove, radicali, prese di posizione del giovane avevano destato molta
preoccupazione sia nella sua famiglia d'origine che in quella italiana, soprattutto
quando questi aveva espresso il desiderio di attendere che il figlio diventasse più
grande per poterlo portare con sé a combattere in Siria o in Iraq per la loro
religione.
Malgrado, infatti, B.S. si fosse stabilito a Trapani, dove aveva costruito relazioni di
lavoro e sociali, la paura che potesse esserle portato via il bimbo di pochi anni
aveva da tempo costituito la principale preoccupazione della giovane moglie,
soggetta sempre più spesso ai comportamenti intransigenti del marito.
Anche nei suoi riguardi non erano mancati ammonimenti volti ad esortarla a non
vestire alla maniera occidentale; anzi, avrebbe dovuto stare attenta a non andare in
giro con parti del corpo scoperte e si sarebbe dovuta convertire alla religione
islamica, pena la minacciata disgregazione della sua famiglia e, soprattutto,
l’allontanamento del piccolo bimbo.
Preoccupazione era stata espressa dai familiari quando, mentre si trovava a
passare le vacanze estive con la sua famiglia presso la propria casa natale a
Tunisi, aveva organizzato la circoncisione del figlio proprio l’11 settembre, in
concomitanza con l’anniversario della tragedia delle Torri gemelle.
Nel corso dell’attività investigativa è emerso, inoltre, che il B.S. fosse
coinvolto in un’organizzazione internazionale dedita al procacciamento e alla
vendita, previo corrispettivo in denaro, di documenti falsi, soprattutto passaporti, da
fornire a cittadini extracomunitari legati all’estremismo islamico.

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