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Centenario della grande guerra. Jean Căpek il cecoslovacco martire “italiano”

AUTORE:
Ferruccio Gemmellaro
PUBBLICATO IL:
21 Giugno 2018
Cultura //

Quando è scoppiato l’incendio mondiale bellico, il soldato ceco e slovacco vestiva, con disgusto oppure rassegnazione, la odiata divisa blue-grigia per andare a versare il sangue per interessi altrui e per massacrare i fratelli slavi \…\“

Questo è l’incipit del racconto biografico su Jean Căpek, scritto da František Bednařik, edito nel 1926 a Brno, tradotto in italiano da Cecon Maria Jirsova’ e che ho scelto quale fonte bibliografica per quanto mi accingo a esporre, unitamente al testo pubblicato dall’Associazione cecoslovacca dei legionari “1914 – 2014 100 LET LEGGIĺ”.

Non si può evitare di tornare con la memoria al nostro martire nazionale che è stato Cesare Battisti, il quale, parafrasando quanto sopra, allo scoppio della guerra mondiale, indossava con rassegnazione l’identica divisa di Jean Căpek, cittadini entrambi dell’impero, ma che si sarebbe rifiutato di massacrare i fratelli italiani.

La similitudine dei due martiri ricade nella peculiarità che li vede disertori dell’esercito austro-ungarico per affiancarsi alle truppe italiane.

Battisti, deputato a Vienna, scelse di aderire alla lotta per l’indipendenza intrapresa dalla sua patria e Căpek, già vicesindaco a Doubrava, privilegiò l’Italia perché si sentiva affratellato nel riscatto della patria asservita.

Era nato nel 1876 a Michle, nel comprensorio praghese; non poté frequentare studi superiori per ragioni economiche ma in lui, addetto nelle miniere di Orlova in Slesia e membro del Sokol di Vinohrady, questo un movimento sportivo e culturale, lievitò l’energia sociale nelle lotte, per risollevare i compagni contro lo sfruttamento dispotico dei padroni germanici.

Nel 1915, già coniugato e padre, ai primi combattimenti, decise di disertare il fronte austriaco dell’Isonzo, e unirsi a tanti suoi connazionali per consegnarsi agli italiani.
Assieme ai compatrioti si ritrovò nel campo di prigionia di Santa Maria Capua Vetere, dove mai cessava di incitare i compagni a manifestare apertamente contro l’oppressione dell’Austria, evocando i fratelli russi.

L’Impero russo, infatti, aveva scelto la cobelligeranza dall’inizio del conflitto mondiale, schierandosi con l’Intesa e pertanto con l’Italia.

Aveva combattuto strenuamente conto gli austro-ungarici e i tedeschi sul fronte orientale e contro i turchi in quello caucasico, mobilitando sullo scacchiere una forza militare di elevato numero.
Così accadde che nel ’17 lo Stato Maggiore italiano, spinto dallo spirito irredentista degli internati, ideò di inviarne in Russia un contingente volontario, mai però concretizzatosi.
Un’iniziativa che aveva trovato d’accordo molti cecoslovacchi, decisi a partecipare alla liberazione della loro patria con qualsiasi soluzione.
Accade però che la Russia, infiacchita dalla lungaggine bellica e, innanzitutto, dalla fatidica rivoluzione di ottobre del 1917, determinò di uscire dal conflitto in quello stesso anno, trattando la pace separata con la Germania.

A Santa Maria Capua Vetere, allora, furono concentrati tutti i prigionieri cecoslovacchi e questa soluzione ispirò Jean Căpek a radunare gli entusiasti per la loro patria libera e a costituire il Corpo dei Volontari Cecoslovacchi, pronti a intraprendere i combattimenti, solidali con gli italiani.

Il 27 marzo il generale Andrea Graziani ebbe disposizione per costituire il Corpo d’Armata Cecoslovacco e in aprile nacque l’Armata Cecoslovacca indipendente in Italia le cui frazioni furono dislocate in Foligno, Perugia,
Assisi e Spoleto.
Lo Stato Maggiore italiano ne inviò il 33° Reggimento nel Basso Piave.

Il 17 giugno del 1918, il battaglione di Căpek riuscì a sfondare la linea nemica a Fossalta di Piave, contribuendo alla rimonta del solstizio ma tra i caduti cecoslovacchi fu raccolto anche il valoroso Jean, che indomito si era scagliato contro la mitragliatrice austriaca, offrendo il petto al fuoco.
I quattordici cecoslovacchi catturati furono giustiziati quali traditori della patria imperiale austro-ungarica, così come accadde al nostro Battisti.

Inumato a Meolo, Jean Căpek nel ’22 fu riesumato e traslato in patria, dove il Reggimento Fanteria di Opava e il distretto del Sokol, in cui era stato membro, sono intitolati con grandi onori a suo nome. In Italia, a Musile di Piave è stata recentemente scoperta una targa a ridosso dell’antica locanda La Fossetta, già frequentata da Hemingway, altro grande volontario nel nostro paese impegnato a combattere contro l’oppressore.

Identiche coordinate cerimonie il 18 giugno a Fossalta di Piave, con una targa nei pressi del Comune, e a Meolo con la posa di un pannello storico sul piazzale della chiesa, luogo della primitiva tumulazione. In queste tre località storiche, il 20 successivo è giunta una nutrita delegazioone militare e civile cecoslovacca al seguito di Jozef Špánik dell’Ambasciata Repubblica Ceca e consigliere-rappresentante Permanente all’Onu.

Martire italiano e martire cecoslovacco ma, in parole diverse, martire emblematico di ogni tempo per il riscatto di popoli che un potere straniero vuole egemonizzare per interessi altamente egoistici e, in estensione tropologica d’oggi, non solamente con le armi.

Ferruccio Gemmellaro,
20 giugno 2018

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