I nuraghi, preziosi simboli di un'antica civiltà

Tra il XVI e il IX secolo a.C. in Sardegna si sviluppa una delle culture più singolari di tutto il Mediterraneo antico. Viene definita nuragica dal nome attribuito al suo monumento più rappresentativo, il nuraghe

Disseminati in tutta la Sardegna, i resti di circa settemila nuraghi si fondono con gli elementi naturali del paesaggio. Perché questi edifici sono stati costruiti? E quale cultura li ha prodotti? Nell’immaginario collettivo la questione è ancora avvolta nel mistero. Tuttavia, la voce degli archeologi è unanime su una genesi autoctona delle comunità nuragiche scaturita dalle strutture sociali di epoca eneolitica, ovvero risalenti al III millennio a.C.

Il termine “nuraghe” ha un’etimologia complessa che aiuta a fare luce sulla funzione di queste costruzioni. Gli studi linguistici hanno inizialmente suggerito che derivasse da nur, ovvero mucchio, cavità. Ma la radice orientale del termine significherebbe anche luce o fuoco, in riferimento al focolare domestico e allo spazio abitativo. Di recente si è invece preferito associare il termine nuraghe a un edificio murario o torre in muratura. I nuraghi sono infatti colossali edifici di rocce sedimentarie o vulcaniche, generalmente formati da una o più torri troncoconiche.

Santu Antine. La torre centrale di questo edificio superava in origine i 25 metri di altezza. Nella foto, una delle tre torri laterali che la circondano. XV secolo a.C. Torralba.

Santu Antine. La torre centrale di questo edificio superava in origine i 25 metri di altezza. Nella foto, una delle tre torri laterali che la circondano. XV secolo a.C. Torralba.

Foto: Funkystock / Age fotostock

Una dimora e un rifugio

La fervente attività archeologica di quest’ultimo secolo ha permesso di risalire allo scopo di questi edifici. Soltanto alcuni irriducibili continuano ad abbracciare la suggestiva ipotesi che fossero luoghi di culto oppure tombe monumentali. La comunità scientifica ritiene invece, con voce pressoché unanime, che fossero destinati a un uso abitativo e difensivo. Come accade in tutto il Mediterraneo, a partire dall’Età del rame e soprattutto durante l’Età del bronzo – quando secondo diversi archeologi ebbe origine il termine nuraghe – anche in Sardegna si svilupparono nuovi tipi di comunità umane basate su un’organizzazione interna capace di sfruttare al meglio le risorse economiche del territorio e di coordinare quelle umane. Prova evidente di tale struttura è proprio la realizzazione di queste costruzioni.

Gli abitanti della Sardegna nuragica hanno eretto questi monumenti servendosi di una progettualità degna delle opere architettoniche moderne, che si è evoluta significativamente nel corso del tempo. Le prime edificazioni civili dell’epoca sono note come protonuraghi. Viste le relazioni culturali e commerciali con altri popoli del Mediterraneo, non si esclude che queste prime costruzioni abbiano subito l’influenza di stimoli esterni all’isola. Tuttavia è stato dimostrato che, nonostante una certa somiglianza, presentano in realtà differenze strutturali significative rispetto ai monumenti megalitici di altre regioni europee e mediterranee.

Su Nuraxi. Il nuraghe risale al XIV sec. a.C. mentre il villaggio circostante fu costruito intorno all’XI-X secolo a.C.

Su Nuraxi. Il nuraghe risale al XIV sec. a.C. mentre il villaggio circostante fu costruito intorno all’XI-X secolo a.C.

Foto: DEA / Scala, Firenze

Al giorno d’oggi si conservano solo poche centinaia di protonuraghi o nuraghi arcaici. La gran maggioranza di quelli tutt’ora esistenti appartiene a un’altra tipologia, quella a tholos, detta anche dei nuraghi classici. Di fatto questi ultimi rappresentano l’emblema di questa antica civiltà. Entrambe le tipologie hanno in comune la struttura muraria, realizzata con blocchi di pietra di grandi e medie dimensioni. I blocchi venivano più o meno sbozzati e, in una fase successiva, collocati intercalandoli con pietre più piccole. Queste ultime avevano la funzione di colmare gli spazi vuoti e di rendere la muratura più solida.

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Dalla pietra al monumento

Con il passare del tempo la tecnica muraria si è evoluta raggiungendo la massima perfezione nell’Età del bronzo recente e finale. È in Età nuragica che, allo scopo di rinforzare la struttura, s’iniziano a prevedere pareti costituite da due file di pietre affiancate e incastrate fra loro. Successivamente le pareti venivano assemblate grazie a un’anima di pietrame minuto, che ne aumentava la stabilità. È stato ipotizzato anche l’uso di malta di fango come cemento. Appare verosimile anche che gli ambienti fossero rivestiti internamente con strati di argilla o altro materiale isolante, come ad esempio sughero o legno, per proteggere gli interni dalle intemperie.

Volta a tholos del nuraghe Izzana, uno  dei meglio conservati della zona della Gallura, nel nord-est dell’isola. XV secolo a.C.

Volta a tholos del nuraghe Izzana, uno dei meglio conservati della zona della Gallura, nel nord-est dell’isola. XV secolo a.C.

Foto: Alamy / Aci

Le differenze strutturali tra le due categorie risultano evidenti. I protonuraghi hanno origine nel Bronzo medio (1600 a.C. circa) e presentano una pianta ellittica o quadrangolare. Si tratta di edifici massicci, che non superano i dieci metri d’altezza. La muratura occupa la maggior parte dello spazio e gli ambienti interni sono costituiti principalmente da corridoi e da vani molto piccoli dotati di soffitti tabulari. La parte superiore termina con un terrazzo, che doveva ospitare piccole strutture abitative in legno, di cui si sono riscontrate tracce. Gli archeologi parlano di almeno cinque categorie di protonuraghi, che troverebbero corrispondenza in altrettante fasi evolutive.

I nuraghi a tholos, invece, si sviluppano tra il Bronzo medio e il Bronzo recente e quello finale (1400–950 a.C.). Qui le pareti si restringono progressivamente fino a chiudersi formando una pseudocupola (o tholos). Tale caratteristica è all’origine del nome di questa categoria di nuraghi. È proprio la particolare copertura, tipica di alcune zone dell’Egeo, che ha dato adito all’ipotesi secondo cui i monumenti sardi derivino da costruzioni greche. Tuttavia, l’ipotesi è ormai superata. Le differenze tra le costruzioni delle due aree geografiche sono infatti sostanziali: quelle sarde sono interamente in muratura, mentre le greche sono ipogeiche – sotterranee – o sostenute da un tumulo. Inoltre, le datazioni indicano una maggiore antichità dei tholoi nuragici. Questi ultimi sono caratterizzati dalla presenza di ampie camere circolari disposte su diversi piani. Gli edifici sono più alti e snelli rispetto ai protonuraghi. Possono essere semplici, ovvero costituiti da un’unica torre troncoconica, o complessi, cioè composti da una torre centrale detta mastio e da una o più torri laterali, fino a un massimo di cinque, unite tra loro da robusti bastioni.

Una delle torri di Su Nuraxi di Barumini. Sono evidenti le aperture ricavate nelle pareti.

Una delle torri di Su Nuraxi di Barumini. Sono evidenti le aperture ricavate nelle pareti.

Foto: Ullstein Bild / Getty Images

Abili e meticolosi

La costruzione dei nuraghi era basata su precise competenze tecniche. Ad alcuni di quelli semplici, ad esempio, sono state successivamente aggiunte delle torri laterali. In altri casi si coglie invece l’esistenza di un progetto unitario iniziale di nuraghe complesso, con il mastio centrale, le torri e il bastione. In entrambi i casi si presume che i nuragici tracciassero la pianta con uno strumento in legno o metallo (che fungeva da compasso) e che già in origine prevedessero il posizionamento delle camere e di altri spazi interni, come le scale. Con l’aiuto di rampe e terrapieni facevano scivolare i massi su pali di legno fino a che questi raggiungevano la quota desiderata. Successivamente li sovrapponevano per formare dei filari orizzontali rientranti rispetto a quelli sottostanti. Di solito lavoravano contemporaneamente alla muratura esterna e a quella interna.

La varietà nella distribuzione dei nuraghi sul territorio sardo e la loro diversa complessità strutturale forniscono un indizio chiave sulle finalità originarie di ciascuno di essi. Alcuni sorgono in territori isolati e aridi, altri sulle coste dell’isola e, altri ancora, in mezzo a vallate e pianure. I nuraghi a tholos di tipo semplice, ad esempio, erano di solito situati in posizione elevata su terreni dalle scarse potenzialità economiche e generalmente privi di un villaggio circostante. Dato che venivano collocati in vista di altri edifici di tipo complesso, vanno considerati come generiche torri di avvistamento, che facevano probabilmente parte di una più ampia rete di controllo territoriale.

Da Su Nuraxi di Barumini, ubicato su un altopiano di circa 240 metri di altitudine, si dominava su tutto il territorio circostante.

Da Su Nuraxi di Barumini, ubicato su un altopiano di circa 240 metri di altitudine, si dominava su tutto il territorio circostante.

Foto: Ullstein Bild / Getty Images

Diversa era sicuramente la funzione dei nuraghi a tholos di tipo complesso, che venivano edificati normalmente in aree ad alta vocazione economica, ovvero ricche di risorse agropastorali e di fonti di approvvigionamento idrico. In questo caso si tratta per lo più di vere e proprie fortificazioni, forse residenze del capo tribù e della sua famiglia. Al giorno d’oggi le informazioni sugli uomini e le donne dei nuraghi sono poche dato che i reperti ossei conservatisi sono molto scarsi. Gli studi antropologici hanno dimostrato che la statura media degli uomini era di 166 cm e quella delle donne di 153. Sappiamo anche che spesso gli edifici che costruivano erano circondati da villaggi piuttosto estesi e articolati, costituiti da capanne realizzate in pietra o, più raramente, in mattoni di fango. Durante le prime fasi dell’epoca nuragica le abitazioni erano dotate di un unico vano; a partire dall’Età del ferro lo spazio interno inizia a venir distribuito in vari settori. È a questa fase che si datano alcune capanne a pianta irregolare, talvolta quadrangolare.

Nonostante l’originaria funzione abitativa e difensiva dei nuraghi, a partire dalla seconda metà del X secolo a.C. in alcuni casi la struttura degli edifici viene modificata per ospitare ambienti legati al culto. Tra le fasi di sviluppo e quelle di decadenza la civiltà nuragica dura complessivamente oltre un millennio. In un arco di tempo così ampio è verosimile che le comunità locali abbiano assistito a profondi mutamenti sociali, economici e culturali, all’abbandono di territori divenuti ostili per l’impoverimento delle risorse disponibili e all’occupazione di zone più adeguate alle nuove esigenze. La distribuzione dei nuraghi complessi è indice di un sistema gerarchizzato, nel quale esistevano dei centri principali e altri di ordine inferiore, di solito in comunicazione tra loro. Così era possibile vigilare su tutto il territorio: lungo le coste si controllavano gli approdi marittimi, mentre nelle zone più interne si tenevano al sicuro i luoghi in cui si svolgevano le attività quotidiane. Questa rete di costruzioni che per decenni ha affascinato gli archeologi è l’espressione di una società ben strutturata. Nei nuraghi la comunità aveva la propria casa e ad essi affidava la difesa della propria identità. Oggi questi edifici sono l’emblema della civiltà che li ha creati, dimora e presidio della sua storia.

Nuraghe Losa. Abbasanta. Il suo nome significa “nuraghe delle tombe” e si deve alle urne funerarie romane ritrovate nei pressi del sito archeologico.

Nuraghe Losa. Abbasanta. Il suo nome significa “nuraghe delle tombe” e si deve alle urne funerarie romane ritrovate nei pressi del sito archeologico.

Foto: Alamy / ACI

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