Teresa d'Avila: la santa e l'Inquisizione

In un’epoca in cui il Sant’Uffizio agiva con estrema durezza contro luterani e mistici, santa Teresa temette che le sue visioni ed esperienze mistiche le attirassero accuse di eterodossia e di rapporti con il demonio

Spesso Teresa d’Avila (o di Gesù) è dipinta come una donna inquieta, che ebbe sempre il coraggio di andare controcorrente. Lo fece a 19 anni, quando decise di entrare in un convento carmelitano nonostante la ferma opposizione del padre, e poi a 47, quando, senza curarsi delle critiche e delle maldicenze, fondò il monastero da cui sarebbe nato un nuovo ordine, quello delle carmelitane scalze.

Forse, però, dimentichiamo che solitamente il coraggio è il superamento della paura, e Teresa, nella sua vita di monaca mistica e riformatrice, si sentì più volte minacciata. Poco dopo il suo ingresso nel convento carmelitano dell’Incarnazione, ad Avila, Teresa iniziò a condurre un’intensa vita spirituale, orientata all’orazione mistica. Dopo aver superato una serie di gravi disturbi fisici, che la condussero in punto di morte, attorno al 1555 ebbe un’esperienza mistica. Nell’autobiografia narra che in un’occasione rimase profondamente commossa e turbata contemplando un quadro nel quale era raffigurato Cristo ricoperto di piaghe: «Mi gettai ai suoi piedi con un profluvio di lacrime, supplicandolo che mi desse infine la forza di non offenderlo più», scrisse. La lettura delle Confessioni di sant’Agostino le provocò uguale turbamento per la scena della sua conversione dal cristianesimo.

Nel XVIII secolo Domingo Echavarría, detto Chavarito, eseguì una serie di dipinti sulla vita di Teresa d’Avila. Museo de Bellas Artes, Granada

Nel XVIII secolo Domingo Echavarría, detto Chavarito, eseguì una serie di dipinti sulla vita di Teresa d’Avila. Museo de Bellas Artes, Granada

Foto: Oronoz / ALBUM

Nel XVIII secolo Domingo Echavarría, detto Chavarito, eseguì una serie di dipinti sulla vita di Teresa d’Avila. Museo de Bellas Artes, Granada

 

 

Così decise di rinunciare anche ai più piccoli svaghi che le erano permessi nel convento e di dedicarsi a una vita di preghiera. Da quel momento raggiunse i livelli più elevati di orazione mistica, nella quale notava una sorta di sospensione del raziocinio e dell’intelletto. A volte udiva «voci soprannaturali» e aveva visioni, rapimenti ed estasi.

Tuttavia, esperienze religiose di questo tipo potevano essere rischiose. Tra il 1545 e il 1563 si svolse il concilio di Trento, nel corso del quale vennero condannati i princìpi della Riforma luterana, che tra le altre cose sostenevano una religiosità interiore, separata dalla mediazione ecclesiastica. L’Inquisizione spagnola aveva raddoppiato la sorveglianza contro qualsiasi deviazione religiosa, fosse quella dei gruppi luterani scoperti in varie città o quella degli alumbrados, come venivano solitamente chiamate le persone che cercavano una comunione diretta con Dio e sperimentavano estasi o annunciavano profezie. Per gli inquisitori non vi era alcun dubbio: dietro questi comportamenti non poteva che esserci l’opera del demonio.

O Dio o il diavolo

Non sorprende dunque che nel convento dell’Incarnazione le monache mormorassero sui rapimenti mistici di Teresa e sulla sua insistenza nel trovare angoli tranquilli nei quali meditare; erano atti “estremi” che mettevano in pericolo la reputazione della comunità. La stessa Teresa si sentiva confusa e intimorita dalle proprie esperienze e fece di tutto per assicurarsi che fossero conformi alla dottrina della Chiesa. Iniziò a confessarsi con sacerdoti gesuiti, con le idee chiare sull’importanza di mantenere la disciplina ascetica senza lasciare briglia sciolta ai voli mistici.

Dipinto di Pedro Berruguete che raffigura un condannato dall’Inquisizione con il berretto conico e lo scapolare che riportava il suo delitto. Museo del Prado, Madrid

Dipinto di Pedro Berruguete che raffigura un condannato dall’Inquisizione con il berretto conico e lo scapolare che riportava il suo delitto. Museo del Prado, Madrid

Foto: Oronoz / ALBUM

I suoi due primi confessori e guide spirituali, però, erano troppo giovani per comprenderla (avevano 24 e 27 anni). Teresa ottenne un colloquio con il preposito generale dei gesuiti, Francesco Borgia, di passaggio ad Avila, ed egli la tranquillizzò dicendole che ciò che sperimentava era «spirito di Dio». Ciononostante, il canonico di Avila, Gaspar Daza, si disse convinto che Teresa fosse vittima del demonio perché non aveva la tempra della santa.

La scrittura fu un altro strumento che Teresa utilizzò per giustificarsi. Nel 1554 iniziò a scrivere le Relazioni, per convincere i confessori che ciò che udiva e provava durante le orazioni non era opera del demonio, ma di Dio. Lo stesso scopo aveva il Libro della mia vita, scritto nel 1562 e ampliato tre anni dopo, nel quale parla della profonda paura provata nei momenti di dubbio o in cui altri dubitavano di lei.

Le dicerie aumentarono nel 1560, quando Teresa elaborò il suo progetto di riforma dell’ordine carmelitano. Riteneva che la vita nei conventi carmelitani fosse oramai troppo rilassata: le ore che le monache trascorrevano in parlatorio conversando con familiari e giovanotti oziosi erano un ostacolo per il loro progresso spirituale. D’altro canto, i conventi ospitavano ormai troppe monache – in quello dell’Incarnazione ve ne erano oltre 120 – e le religiose si affollavano in grandi dormitori o abitavano in appartamenti privati, magari condivisi con qualche parente, serve e schiave, dove godevano di comodità decisamente lontane dal rigore della regola monastica.

L'Estasi di Santa Teresa d'Avila

L'Estasi di Santa Teresa d'Avila

Foto: Bridgeman / ACI

L'Estasi di Santa Teresa d'Avila

Per realizzare il suo celebre gruppo scultoreo dedicato a santa Teresa, Bernini si basò su un brano  del Libro della mia vita nel quale la santa narra come, mentre era a casa di donna Guiomar de Ulloa, le apparve un angelo che la trafisse con un dardo.

Gian Lorenzo Bernini. Cappella Cornaro, Santa Maria della Vittoria, Roma.

 

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Rivoluzione nel Carmelo

Sovente le monache rompevano anche il voto di clausura, quando avevano bisogno di assistenza medica o quando venivano chiamate per curare dei familiari o consolare delle vedove. Per mettere un freno a tali eccessi, e dopo essersi consultata con il riformatore francescano Pedro de Alcántara e il teologo domenicano Pedro Ibáñez, Teresa pensò di fondare un convento riformato nel quale al massimo tredici monache scalze potessero condurre una vita di clausura, povertà e preghiera, come quella dei primi carmelitani.

Quando il progetto fu divulgato, Teresa fu oggetto di persecuzione da parte delle altre monache e di molti chierici. Era vittima di scherno e critiche feroci, come quella secondo cui fondare un convento era uno “sproposito da donne”. Il gesuita Baltasar Álvarez, confessore e direttore spirituale di Teresa, arrivò alla conclusione che fosse ormai perduta e che la sua orazione fosse un inganno. Teresa, però, non cedette. Al contrario, consigliava a confessori e letterati di essere più pazienti con le altre donne, poiché anch’esse avrebbero infine ricevuto l’aiuto di Dio. Mentre tutti la immaginavano colma di vergogna e furente, lei era tranquilla, convinta di aver fatto tutto ciò che poteva fare e che sarebbe riuscita a fondare il convento, sebbene non sapesse ancora quando.

Dipinto di autore ignoto in cui santa Teresa è raffigurata mentre con il suo mantello protegge le monache carmelitane dei suoi conventi

Dipinto di autore ignoto in cui santa Teresa è raffigurata mentre con il suo mantello protegge le monache carmelitane dei suoi conventi

Foto: DEA / Album

Dipinto di autore ignoto in cui santa Teresa è raffigurata mentre con il suo mantello protegge le monache carmelitane dei suoi conventi

 

 

Tempi duri

Mentre attendeva pazientemente il permesso di fondare il convento, aumentarono i suoi rapimenti mistici. Fu allora che si diffuse la voce secondo la quale i suoi progetti erano frutto di qualche rivelazione sospetta. Secondo quanto lei stessa racconta, le andavano a dire «con grande timore» che «correvano tempi duri» e che avrebbe potuto rischiare un’accusa da parte dell’Inquisizione. Teresa, ridendo, rispondeva che era certa di non avere motivi di temere l’Inquisizione. Aggiungendo: «Se avessi pensato che ci fosse di che temerla, io stessa mi sarei accusata, e che se fosse stata già in atto un’imputazione, il Signore mi avrebbe fatto assolvere e ne avrei avuto un guadagno».

Finalmente, nel 1562 riuscì a fondare ad Avila il convento di San Giuseppe. Fino alla sua morte, Teresa percorse migliaia di chilometri in tutta la Castiglia, fondando altri quindici monasteri di carmelitane scalze. Anche se in seguito Teresa godette dell’approvazione e del favore delle istituzioni, tanto da essere ammirata persino dal re Filippo II, le minacce non si estinsero mai del tutto. Per esempio, la sua autobiografia fu presentata all’Inquisizione di Valladolid perché giudicasse se le visioni, le rivelazioni e le dottrine che vi erano esposte fossero pericolose, ma l’eminente teologo Domingo Báñez emise nel 1575 un verdetto favorevole. A Siviglia, Teresa fu denunciata per due volte all’Inquisizione da parte di monache del convento carmelitano che aveva fondato nella città, ma il Sant’Uffizio respinse in entrambi i casi le accuse.

​La chiesa-convento di Santa Teresa di Gesù fu costruita nel punto in cui sorgeva la casa natale di santa Teresa agli inizi del XVII secolo

​La chiesa-convento di Santa Teresa di Gesù fu costruita nel punto in cui sorgeva la casa natale di santa Teresa agli inizi del XVII secolo

Foto: Christian Handl / AGE Fotostock

Nel 1582, dopo aver fondato a Burgos il suo sedicesimo convento, Teresa scrisse ad Anna di Gesù, fondatrice del convento di Granada, ricordandole che l’importante non era il numero di conventi fondati, ma popolarli di monache che vivessero come «uomini valorosi, e non come donnicciuole». Questo valore o coraggio, che la sua cultura associava alla mascolinità, è ancora oggetto di fascino e ispirazione, che mantengono vivo l’interesse per questa santa.

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