Prospettive svizzere in 10 lingue

Il presidente eritreo in Etiopia dopo la storica pace

Il premier etiope Abiy Ahmed (a sinistra) e il presidente eritreo Isaias Afwerki. KEYSTONE/AP ERITV sda-ats

(Keystone-ATS) Per festeggiare la pace ritrovata dopo 22 anni, il presidente eritreo Isaias Afewerki è stato accolto ad Addis Abeba dal neo premier etiope, il riformista Abiy Ahmed, che la pace tra i due Paesi – firmata il 9 luglio ad Asmara – l’ha fortemente voluta.

“Le parole non possono esprimere la gioia che sento in questo momento”, ha detto Afewerki al suo arrivo, rispondendo a distanza di qualche giorno alla dichiarazione di Ahmed fatta nel corso della sua altrettanto storica visita ad Asmara: “Possiamo immaginare un futuro senza confini nazionali che ci dividono”, aveva azzardato. A 20 anni dal conflitto tra i due Paesi del Corno d’Africa per dispute sui confini e a 18 da quell’Accordo di Algeri rimasto inapplicato, il momento della pace sembra essere venuto per gli ex Stati fratelli nati nel 1991 dalla lotta comune contro il negus rosso Menghistu Haile Mariam e divenuti nemici con la guerra di confine che ha provocato decine di migliaia di morti, 100’000 secondo alcuni.

Il primo passo lo aveva fatto Ahmed il 2 aprile quando, nel corso del suo discorso di insediamento, aveva usato toni concilianti nei confronti del vicino. Poi l’accelerazione insperata: il 6 giugno la decisione di accettare l’Accordo di Pace siglato ad Algeri nel 2000. Pochi giorni dopo, il 26, una delegazione eritrea guidata dal ministro degli Esteri Osman Sale, arrivava ad Addis Abeba per i primi colloqui. E il 9 luglio i due leader firmavano la fine dello stato di guerra, la ripresa delle relazioni diplomatiche e dei collegamenti aerei, il ripristino immediato delle linee telefoniche, la possibilità per l’Etiopia senza sbocco al mare (a parte l’accordo con Gibuti) di tornare a usare i porti eritrei.

Una buona notizia, quella della scommessa sulla pace, in una regione destabilizzata dai conflitti in Sud Sudan e Darfur, dall’infinita crisi somala e dalla disastrata Libia. Ma una scommessa appunto, che potrebbe emancipare i due Paesi dal disastro economico e riportare l’Eritrea fuori dalle sanzioni che la deriva autoritaria gli ha fruttato. Ma che gli scettici vogliono vedere alla prova dei fatti. Nessuno avrebbe pensato, tra il ’91 e il ’93, al bagno di sangue del ’98 tra i Paesi nati dall’etiopico Fronte popolare di liberazione del Tigrai e dall’eritreo Fronte popolare di liberazione uniti nella lotta contro il Derg di Menghistu che stupirono il mondo con la scissione pacifica – via referendum – dell’Eritrea.

Ma se uno dei protagonisti – Afewerki – è lo stesso, dai tempi dell’onnipotente leader etiopico, il tigrino Meles Zenawi, molto è cambiato. Ahmed è un oromo, etnia maggioritaria ma a lungo marginalizzata, e la vocazione riformista sembra attendibile. Abolizione dello stato di emergenza, legalizzazione dei movimenti di opposizione, libertà per i media, il tutto in quattro mesi, sono un buon biglietto da visita.

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR

SWI swissinfo.ch - succursale della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR