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Reviews

72 Festival di Cannes: Le jeune Ahmed di Luc e Jean Pierre Dardenne (Concorso)

Deludono purtroppo i fratelli Dardenne, che pur avendo sempre fatto del sociale il loro cavallo di battaglia, presentano un lavoro superficiale e sbrigativo che rischia di trasmettere un messaggio offensivo

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Delude purtroppo e non poco, Le jeune Ahmed di Luc e Jean Pierre Dardenne, che dopo averci abituati per anni a lavori di grande pregio e finezza come Deux jours, une nuit o Le fils, per citarne soltanto alcuni, portano sorprendentemente a Cannes, presentandolo nella selezione ufficiale del concorso, un lavoro sciatto e approssimativo, trattando delle tematiche delicate e spinose in un modo talmente superficiale da rischiare di essere offensivo e pericoloso. I due registi si avventurano nella rappresentazione di un soggetto ostico come il fondamentalismo islamico, focalizzandosi su un suo aspetto forse ancora più complesso e sfaccettato, l’istruzione dei giovani che crescono all’interno di questa cultura, banalizzandolo nel probabile tentativo di sdrammatizzarlo e alleggerirlo, ma ottenendo un risultato disturbante. Oltretutto è doppiamente deludente una tale inconsistenza da parte di due registi che hanno fatto del sociale un loro cavallo di battaglia, esplorandone e raccontandone gli aspetti più umani e intimi con uno stile assolutamente personale e riconoscibile, che li ha resi una sorta di tradizione sia nell’ambito del genere che per quanto riguarda la loro presenza al Festival di Cannes.

In un paese in cui terrorismo e attentati sono stati tristemente cruciali negli ultimi anni, creando scompenso e angoscia in una popolazione in cui nello stesso tempo la cultura islamica è fortemente presente rappresentandone una grossa fetta, il tema trattato è assolutamente attuale e richiedeva una particolare attenzione e un certo riserbo. Come in altri loro lavori, il soggetto è rappresentato dalla prospettiva della giovane età e, in particolare, il racconto è quello di un adolescente mussulmano cresciuto in una famiglia laica che, avendo perso il padre, si affida e si lega a un ragazzo più grande di lui e trova negli aspetti più radicali della religione islamica la sicurezza che gli manca senza avere la maturità che gli consenta di comprenderne le sfumature e di non interpretarla e viverla in modo rigido e violento. Oltre ad essere la trama del racconto abbastanza scarna, i personaggi e le dinamiche relazionali non sono per niente caratterizzati e approfonditi ma abbozzati, quasi messi lì come fossero degli schizzi, che però rimangono tali, così come vale per il finale sommario e spiccio.

Così Ahmed, interpretato dal giovane Idir Ben Addi, inespressivo e rigido come del resto si confà al suo personaggio, comincia a non accettare più di stringere la mano alla sua maestra, le scollature della sorella o che la madre beva alcolici, fino a trasformare i suoi pochi strumenti e la sua scarsa esperienza in un’ottusità tale da esitare in violenza e nel cieco concepire che una donna che nei suoi (e non solo suoi) criteri rigidi offenda l’Islam debba essere punita. Ora, sarebbe stato forse opportuno sottolineare l’immaturità del ragazzo, soffermarsi maggiormente su come la sua esigua esperienza e l’incapacità di astrazione e di metabolizzazione di concetti tanto complessi possa favorire l’irrigidimento di fronte a determinati dogmi. Mentre quello che vediamo, essendo così approssimativa la caratterizzazione, sembra essere una mera constatazione della presenza di tali dogmi e del pericolo che determinano, con il rischio di ritrasmettere un messaggio islamofobo che, lungi dall’indurre riflessione e ammorbidirne la rigidità, potrebbe incorrere nella facile interpretazione fino a sfiorara l’offesa.

Il film rischia di dare un’immagine del tutto riduttiva della figura di un ragazzo cui vengono dati questi insegnamenti e dell’uomo che diventerà. Vi è un unico elemento della trama che sembra voler un minimo mettere in luce le contraddizioni tra le emozioni del ragazzo e le imposizioni innaturali che si autoinfligge, ponendo lo sguardo su delle sfumature un po’ meno dicotomiche, nel momento in cui Ahmed entra in contatto con una ragazza della sua età, ma anche questo aspetto è reso in modo piuttosto frettoloso e non dà né il tempo né il modo di apprezzarne l’intento, seppur c’è stato. Insomma, davvero un peccato per questo film e per i due fratelli, dai quali si può dire senza rischiare di essere troppo severi che ci si poteva aspettare davvero molto di più.

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  • Anno: 2019
  • Durata: 95'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Belgio
  • Regia: Luc Dardenne, Jean Pierre Dardenne