Biancospino: pianta prediletta del cuore

Il Biancospino rappresenta una delle piante cardine fra tutte quelle medicinali. Oltre alle importanti qualità cardioprotettive, il Biancospino è anche un ottimo antiossidante e sedativo del sistema nervoso.

16 Aprile 2014  
Biancospino: pianta prediletta del cuore

Biancospino: pianta prediletta del cuore

Il Biancospino rappresenta una delle piante cardine fra tutte quelle medicinali. È un rimedio importantissimo, ma nonostante questo viene menzionato pochissimo nella storia e acquista la sua dignità fitoterapica solo alla fine dell’800. Un ruolo significativo lo svolge invece nella tradizione simbolica e leggendaria di molti popoli.

Complice, sicuramente, il suo aspetto contrastante dato dai fiori così delicati e chiari, i rami così ispidi e i frutti rossi e fiammeggianti che compaiono all’inizio dell’inverno. Il suo nome latino deriva dal greco kratos che significa «forza», mentre oxys sta per «aguzzo» e anthos «fiore». Dell’oxyacantha, attraverso una serie di ibridazioni ne sono nate altre specie, anch’esse con peculiarità terapeutiche. Il Biancospino è diventato famoso nella tradizione dei Celti, che lo consideravano ermafrodito. Consacrato alle dee Maia e Flora, viene chiamato l’Albero di Maggio e quindi associato ai riti del Calendimaggio.

Simbolo propiziatorio di speranza e fertilità, veniva innalzato nelle piazze e celebrato, e i suoi rami ricolmi di fiori adornavano le processioni nuziali, mentre i fiori bianchi erano riuniti in ghirlande. Anche nella mitologia greca troviamo la stessa simbologia; si racconta che Era, moglie di Zeus, concepì Ares col solo tocco dei suoi fiori. Il culto pagano venne poi cristianizzato dai monaci di Glastonbury mettendo in risalto la figura di Giuseppe d’Arimatea. Pare che in Egitto se ne utilizzassero le gemme a scopo terapeutico e che nel nome geroglifico comparisse l’aquila, unico uccello che può fissare il sole senza subire danni; è curioso il fatto che proprio il sole simboleggiasse il cuore, organo prediletto della pianta.

Dioscoride, nel I sec. d.C., è il primo a citarlo in Europa come rimedio medicamentoso e anche l’ultimo per un lungo periodo. Nel Rinascimento i frutti e le foglie erano usati contro i problemi digestivi e urinari, mentre la corteccia come febbrifugo. Solo nel 1846 due studiosi americani, Yennigs e Clemnt, dimostrano l’importante attività dei fiori nelle problematiche cardiache e nervose. Si comincia a capire la grande influenza di questo rimedio sulla pressione arteriosa.

Negli anni venti M. Leclerc riconosce la grande maneggevolezza del Biancospino usato per lunghi periodi anche in caso di funzione renale compromessa. Schimbert, invece, si accorge che la pianta è in grado sì di abbassare la pressione negli ipertesi, ma anche di alzarla in caso di ipotensione. 

Costituenti principali
La farmacocinetica del Biancospino, ossia il percorso dei suoi componenti nell’organismo, non è ancora del tutto chiara, però ciò che è emerso dagli studi degli ultimi anni è stata l’importanza dei proantocianidoli. Nonostante la gran quantità di principi attivi, pare che le proantocianidine oligomeriche (OPC) siano la frazione maggiormente biodisponibile, nel minor tempo e con una concentrazione determinante nel miocardio.

La loro importantissima azione quindi si esplica a livello del cuore. Insieme agli altri flavonoidi, agiscono sulle coronarie dilatando i vasi e aumentando il flusso sanguigno verso il miocardio. Inoltre hanno un’attività inotropa positiva, cioè aumentano la forza di contrazione del muscolo cardiaco, e un’attività cronotropa negativa, ossia diminuiscono il numero di battiti; questa ultima azione è dovuta al lavoro della quercitina sul muscolo che provoca un rilassamento delle contrazioni. Sempre a questa sostanza è da attribuire il merito dell’effetto ipotensivo e ai flavonoidi in generale l’attività antiaritmica.

È chiaro che il Biancospino diventa un rimedio selettivo nelle problematiche del cuore, senza contare il fatto che studi clinici affermano l’efficacia del rimedio e la tollerabilità in caso di persone con scompenso cardiaco e in terapia diuretica. Oltre all’azione cardioprotettiva, esistono altre due azioni che sostengono e lavorano in sinergia con quella del cuore: l’azione antiossidante e antinfiammatoria. Anche se sembra secondaria riveste un ruolo fondamentale, infatti se da una parte abbiamo un intervento diretto sul cuore, dall’altra abbiamo un’attività mirata a tutelare o a diminuire le lesioni sulle pareti dei vasi sanguigni.

Le OPC, inoltre, riducono l’adesione del colesterolo all’epitelio aortico, mentre la quercitina svolge un’azione antiaggregante: questo fa sì che le probabilità di formazione di ateromi si abbassino nettamente. Un’ulteriore proprietà del Biancospino, che va a coronare questo quadro, è quella sedativa a livello del sistema nervoso centrale. Lavora soprattutto sulle persone particolarmente emotive e costantemente tese, che nel tempo somatizzano a livello cardiocircolatorio. Infine, alcuni studi clinici hanno dimostrato anche il potere ipocolesterolemizzante del Biancospino; pare che stimoli i recettori deputati a catturare più colesterolo e che aumenti la produzione degli acidi biliari utili all’eliminazione del colesterolo stesso.

Indicazioni
Il Biancospino sarà utile sia per un cuore giovane e ansioso, caratterizzato da palpitazioni ed extrasistole, sia per un cuore senile con scompenso cardiaco. È un buon rimedio in caso di forte senso di angoscia accompagnato all’oppressione toracica nella zona cardiaca; chiaramente si utilizza nell’insonnia dove è presente un’eccitabilità cardiaca e per lo stessomotivo nei disturbi della menopausa.
Il Biancospino è adatto nell’ipertensione con arteriosclerosi coronaria, nell’insufficienza cardiaca iniziale e nelle malattie ischemiche delmiocardio.

Cosa si trova in commercio
È facile trovare questo rimedio in composizione con l’Aglio, un’altra pianta spiccatamente cardiaca, oppure insieme al Tiglio e alla Passiflora in miscele contro l’insonnia. In ogni caso è sempre bene prediligere una soluzione liquida piuttosto dell’estratto secco. Una distinzione importante da fare è quella tra la tintura madre o l’estratto fluido e il macerato di gemme sia classico che spagirico: i primi due rimedi, infatti, hanno proprietà nettamente ipotensive, mentre gli altri due sono dei normotensori. Ciò vuol dire che i Macerati glicerinati si possono utilizzare sia in caso di ipertensione, sia in un soggetto tendenzialmente bradicardico dove l’ipotensione sia aumentata. In questa ultima situazione, una buona associazione sarà con la Quercia o la Rosa canina; in una persona anziana la Quercia potrà essere sostituita dalla Sequoia. Nell’ipertensione, invece, può andare bene una miscela di Biancospino, Olivo e Vischio.
Sia le tinture che i macerati hanno bisogno di un certo tempo per agire, quindi è buona regola prolungare il trattamento con questo rimedio per almeno sei settimane.

Controindicazioni
La tintura madre e l’estratto secco possono potenziare l’azione delle glucosidi cardiache, dei beta bloccanti e di altri farmaci ipotensivi. Studi recenti in via di ulteriori conferme, dimostrano che il Biancospino può essere somministrato insieme ai digitatici senza l’insorgenza di effetti tossici; queste nuove ricerche entrerebbero in contrasto con ciò che si è sostenuto fino a poco tempo fa, indicando che l’associazione nello stesso giorno di 900 mg di Biancospino insieme a 0,25 mg di digossina risultano piuttosto sicuri6. In soggetti sensibili può provocare disturbi gastrici e vertigini, che scompaiono subito con la sospensione del rimedio.

Posologia

  • Tintura madre: fino a 50 gtt per 3 volte al dì in un po’ d’acqua a digiuno.
  • Macerato glicerinato: da 40 a 70 gtt al dì in un po’ d’acqua a digiuno.
  • Macerato glicerinato spagirico: 10-15 gtt in acqua a digiuno per 3 volte al dì.
  • Estratto secco: titolato in flavonoidi con un minimo dell’1 % e un minimo di 15 mg di procianidine oligomeriche, se ne assumono dai 9 ai 13 mg per kg di peso corporeo.
  • Estratto fluido: da 3 a 7 ml al dì in un po’ d’acqua a digiuno.
  • Infuso di fiori: 2 g in 100 ml di acqua, da lasciare in infusione per 5 minuti. Da 1 a 3 tazze al dì preferibilmente verso sera in modo da conciliare il sonno.

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