Venezia, al via domani la XVI edizione di Biennale Architettura


Venezia. Da domani, sabato 26 maggio al 25 novembre, va in scena la XVI edizione della Biennale d’Architettura di Venezia, la seconda a guida femminile, curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, architette di Dublino dello studio Grafton.


Biennale Architettura si presenta come un immenso, emozionante percorso lungo trecento metri, dove i progetti e le installazioni dei grandi maestri si avvicendano con quelli meno conosciuti, in una galleria di idee, soluzioni ai problemi dell’oggi, dove alla creatività dell’uomo fanno da contrappunto le imponenti colonne dell’edificio dove si costruivano le navi della Repubblica Serenissima.

“Per noi l’architettura è la traduzione di necessità in spazio significativo”. Il tema è nel titolo, Freespace, spazio comune e collettivo. Questa attenzione all’uomo e al quotidiano, sostiene il presidente della Biennale Paolo Baratta, è la particolarità di questa edizione.

Ma entriamo ora nello specifico dei Padiglioni, dove per la prima volta sarà presente anche quello della Santa Sede.

Padiglione Vaticano

La cappella firmata da Norman Foster, una delle dieci che animano il superlativo Padiglione Vaticano curato da Francesco Dal Co, è pronta a richiamare i visitatori.

Il Padiglione, situato nel piccolo, prezioso, parco dell’Isola di San Giorgio, lontano dal caos di Venezia e per tanti anni chiuso al pubblico, incanta soprattutto per la struttura del suo percorso, suddiviso nelle tante, diverse, accezioni di spiritualità.

Suggestioni di pensiero che improvvisamente animano il verde di questo paradiso particolare affacciato in un angolo di pace della laguna, tra il verde giada dell’acqua, il turchino del cielo, gli alberi delle barche a vela del vicino porticciolo che ondeggiano molli al vento. 

Padiglione Inglese

Alla Biennale, il padiglione nazionale del Regno Unito quest’anno è vuoto.

Ma tutto intorno al vecchio padiglione come un involucro, una seconda pelle, un carapace di tubi innocenti è cresciuta come una super fetazione una installazione che sulla sua cima ospita una terrazza con vista, con tanto di sala da thé.

Vale proprio la pena di inerpicarsi sotto il solo sulla ripida scalinata in alluminio dunque, per guadagnarsi una visuale desueta sulla laguna, dove le terrazze, spiegano gli organizzatori, sono in realtà poche, sostituite dalle altane.

Un modo anche questo per intendere lo spazio libero il Freespace al quale si intitola la mostra curata dal duo irlandese Graften.

Una volta in cima la vista è mozzafiato e c’è il sollievo di un banchetto che distribuisce il thé. Caldo, ristoratore e pieno di foglie di menta. Divertente e già da oggi, nella preapertura riservata alla stampa (si apre al pubblico sabato fino al 25 novembre) è tra le più gettonate.

Padiglione Francese

Il vetusto edificio esterno è stato brutalizzato con una striscia di carta giallo lime, che recita il titolo della installazione “Luoghi infiniti”.

Una serie di sedie a sdraio con la stoffa dello stesso giallo lime evoca usi vacanzieri e distaccati. E’ un po’ la giocosità, l’arte del destrutturare e ricostruire, del dare un nuovo senso e una nuova cifra agli spazi ripensandoli, la cifra del Padiglione Francese, da sempre uno dei più importanti e osservati della Biennale d’Architettura.

Al suo interno questa impostazione diventa evidente: una sorta di scatola di legno (riciclato dalla installazione della scorsa edizione) che reinquadra l’ambiente e lo trasforma da luogo della tradizione in luogo di colore, dell’incontro degli oggetti, i più disparati e colorati possibile appesi a queste pareti, dai birilli al sedile blu elettrico di un cinema, da un pugno di cartapesta a una bicicletta. Di tutto con cose nate dalla sapienza dei giovani architetti che lo hanno curato, il collettivo ETC.

Padiglione Tedesco

Varchi la soglia del Padiglione tedesco e ti trovi davanti un muro. Nero, denso, opprimente, un”striscia di morte” come lo chiamavano allora a Berlino, un qualcosa che chiude tutto.

Intitolato Unbuilding walls, il progetto del Padiglione nazionale tedesco alla Biennale architettura, (dal 26 maggio al 25 novembre ai Giardini) colpisce allo stomaco e poi al cuore.

Vuole essere una sorta di celebrazione del muro che non c’è, che oggi è per la prima volta più lungo di quello in cui il muro c’è stato e ha prodotto divisione e morte.

E nello stesso tempo è un inno agli spazi comuni da condividere – il tema della Mostra d’Architettura 2018 voluto dalle energiche curatrici del duo Graften, le irlandesi Yvonne Farrel e Shelley McNamara.

   

Ulteriori informazioni al sito: www.labiennale.org/it/architettura/2018

Fonte: Ansa

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