Takagi Akimitsu (1920-1995) è uno dei maggiori scrittori di gialli e mystery del Giappone. Nella sua terra è considerato un classico. Ne Il mistero della donna tatuata, romanzo di esordio, compare il detective privato Kamizu Kyosuke, giovane medico e talento della matematica, appena rimpatriato dopo aver trascorso gli anni della guerra in un campo di internamento, dall’intelligenza analitica e dalla capacità di osservazione fuori dal comune, doti che impiegaper risolvere brillantemente il misterodella donna tatuata.

Uscito in Giappone nel 1948, è tradotto per la prima volta in italiano da Einaudi.

Fin dalle prime pagine l’autore ci racconta di una Tokyo che stenta a emergere dalle rovine di una disastrosa guerra che ha condotto ilpaese al collasso. Accanto alle macerie degli edifici ci sono quelle morali: la prostituzione, la miseria, il malaffare. Fra i comportamenti ritenuti riprovevoli socialmente e penalmente vietati c’è l’esecuzione dei tatuaggi, soprattutto sui corpi femminili. Il romanzo inizia con la presentazione di una bellissima donna con la schiena totalmente tatuata, elemento che alimenta l’attrazione fatale degli uomini verso di lei. Di lì a poco nella casa della donna vengono scoperte parti di un corpo femminile. Manca il busto, parte del corpo interamente tatuata con un disegno della tradizione mitologica nipponica. Al primo omicidio ne seguono altri due, entrambi collegati all’identità del primo cadavere. L’autore sa dosare molto bene i colpi di scena nell’intreccio, i dialoghi, le motivazioni psicologiche che determinano le azioni dei vari personaggi.

L’autore si cimentanel cavallo di battaglia dei giallisti classici occidentali: il “mistero della camera chiusa”. Sarà il giovane  medico e improvvisato detective Kamizu Kyosuke a intuire l’ingegnoso sistema utilizzato per la chiusura dall’interno.

Per chi ama il poliziesco, Takagi Akimitsu è senz’altro un autore interessante.

Un anno dopo la fine del conflitto, l’afa di un’estate caldissima prostrava la popolazione di Tokyo, ancora sotto choc e frastornata dalla sconfitta.

La città faticava a riprendersi dagli orrori della guerra, a fianco delle rovine ancora fumanti sorgevano baracche grossolanamente decorate, dove si vendeva al mercato nero, con molta discrezione, merce di ogni genere… per lo più roba che i passanti non si potevano permettere.

Nel quartiere di Ginza, lo spettacolo era lo steso. Durante la giornata gruppi di cittadini dallo sguardo vacuo vagavano senza meta o sostavano ai crocevia, mescolandosi ai soldati stranieri che si facevano largo con arroganza nelle loro eleganti uniformi. Poi, al calar del sole, le strade si riempivano di senzatetto in cerca di un riparo per la notte, di prostitute, di criminali spadroneggianti.” (p. 11)