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04/06/2018 19:30:00

Si era radicalizzato nel carcere di Trapani. Espulso un egiziano che inneggiava la jihad

 
È stato rimpatriato lunedì, con un volo in partenza dall’aeroporto di Palermo e diretto a Il Cairo, un cittadino di nazionalità egiziana detenuto presso la Casa Circondariale “Pietro Cerulli” di Trapani, sul quale si era concentrata da tempo l’attività investigativa della Digos.

Mohamed Mohamed Rao, giovane del 1986, mentre stava scontando la sua condanna definitiva nel carcere di Sciacca, prima di essere trasferito a Trapani, si era già rivelato all’attenzione degli investigatori come leader di un gruppo fortemente radicalizzato, i cui membri, oltre a praticare un’intensa attività di preghiera, erano soliti arruolare adepti tra gli altri detenuti, sottomettendoli alla loro autorità ed imponendo loro la stretta osservanza dei dettami del Corano.

Una compagnia che si costituisce anche all’interno del carcere trapanese, nel momento in cui Mohamed Mohamed Rao si trova a condividere la cella con l’Imam tunisino Ben Kraiem Lamjed, anche lui espulso pochi mesi fa, e con un altro egiziano che condivide l’ideologia dei suoi compagni di cella, con i quali prega regolarmente cinque volte al giorno, praticando il digiuno non obbligatorio nelle giornate di lunedì e venerdì.

Grazie al monitoraggio compiuto già a partire dal 2016, gli operatori dell’Antiterrorismo della Digos hanno potuto accertare lo spiccato interesse che Rao manifesta ogniqualvolta la televisione o la radio trasmettono la notizia di un attentato terroristico.

Quando, il 19 dicembre del 2016, Anis Amri decide di investire le persone che affollano le bancarelle di un mercatino di Natale a Berlino, i compagni di cella, nel commentare un programma televisivo d’informazione, chiacchierano tra loro del ragazzo della “festa della Germania”, che è morto perché gli hanno sparato ma che “ha fatto bene a fare quello che ha fatto, perché lui è una vittima”.

Anche quando è perpetrato l’attentato terroristico a Londra, il Mohamed Mohamed Rao, mentre ride, commenta che l’attentatore è riuscito ad uccidere solamente una persona; poi aggiunge testualmente: “ c’è stata una bella festa”.
Fa notare poi ai suoi compagni come i media non abbiano avuto alcun rispetto per l’attentatore, perché hanno mostrato il suo corpo privo di vita con il viso scoperto, contrariamente alle vittime inglesi, di cui sono state mandate in onda solo le pietose immagini dei corpi coperti, mostrando in tal modo rispetto per le loro famiglie.

È solo uno dei casi in cui il drappello di detenuti manifesta insofferenza nei confronti degli organi d’informazione occidentali, a loro dire colpevoli di non dare il giusto rilievo alle morti che si verificano in Iraq ed in Siria per raccontare, invece, con il massimo risalto possibile, quanto avviene in occasione del compimento in Europa di attentati terroristici di matrice islamica.

Pur dovendo scontare una pena per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la figura di Mohamed Mohamed Rao, quindi, non è quella di un semplice scafista ma di una persona animata da forti sentimenti antioccidentali, con una personalità tale da condizionare gli altri detenuti, richiamandoli al rigoroso rispetto dei precetti del corano.

Ed il suo fervore religioso è tale da condizionarlo al punto di affermare che l’unico caso in cui sceglierebbe la morte è se fosse posto nella condizione di optare tra il morire ed il diventare miscredente; gli stessi principi che lo ispirano nel rapporto con la giovane moglie, alla quale chiede di non uscire se non indossando il burqa, perché altrimenti la lascerebbe.

Un soggetto altamente pericoloso, che è già il terzo espulso da Trapani in questi mesi del 2018.

 

 



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