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01/07/2018 08:30:00

Processo d'appello a due poliziotti in servizio a Mazara. Iniziate le arringhe difensive

“Il processo di primo grado è stato indiziario. I due poliziotti non adottarono provvedimenti per l’auto di Vittorio Misuraca c’è una microspia piazzata dai carabinieri”.

E’ quanto ha affermato, in sintesi, davanti la Corte d’appello di Palermo, l’avvocato Maurizio D’Amico, difensore (insieme a Stefano Pellegrino) di uno dei due poliziotti, fino a tre anni fa in servizio al Commissariato di Mazara, che il 6 luglio 2015 sono stati condannati dal Tribunale di Marsala a tre anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici per falso ideologico in concorso.

Al centro della vicenda sono il sovrintendente Vito Pecoraro, di 56 anni, e l’assistente Vincenzo Dominici, di 49. D’Amico e Pellegrino difendono quest’ultimo, mentre legale di Pecoraro è il trapanese Giuseppe De Luca.

Ai due poliziotti si contesta il fatto di non avere adottato alcuna sanzione (né sequestro, né multe) dopo avere fermato, ad un posto di blocco, un’auto (Fiat Panda) priva di copertura assicurativa, non revisionata e su cui gravava anche un fermo amministrativo da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Dopo avere scherzato con la donna che era a bordo (alla guida c’era un uomo: il mazarese Vittorio Misuraca), hanno, infatti, lasciato proseguire il mezzo. Sul quale, però, i carabinieri, nell’ambito di un’indagine sullo sfruttamento della prostituzione, avevano piazzato una microspia. Redatta, quindi, una relazione, i carabinieri la inviarono al procuratore Alberto Di Pisa, che affidò l’indagine alla sezione di pg della Guardia di finanza. L’episodio contestato risale al 19 aprile 2012. Ma la difesa ha sempre sostenuto che Pecoraro e Dominici sapevano che sull’auto c’era la “cimice” piazzata dai carabinieri. Davanti ai magistrati di Palermo, inoltre, l’avvocato Maurizio D’Amico ha posto l’accento sulla natura “indiziaria” del processo di primo grado e sulla “forza probatoria degli ulteriori materiali acquisiti dalla difesa nel processo pendente presso il Tribunale di Marsala” (processo bis a Pecoraro e Dominici e ad altri due poliziotti) e acquisiti dalla Corte d’appello. E da quest’altro materiale probatorio, ha sostenuto il difensore, “emerge che i due poliziotti non elevarono alcuna contestazione ed omisero l’annotazione dell’attività svolta nel foglio di servizio del 19.4.2012, al fine di non pregiudicare l’attività d’indagine in corso”. “Risulta, infatti, dalla testimonianze del maresciallo Pipitone dei carabinieri di Mazara e poi dell’ispettore di polizia Pipitone – continua l’avvocato D’Amico - che Pecoraro e Dominici ebbero conoscenza di quell’attività d’indagine ab initio. Tale circostanza ha trovato piena ed ulteriore conferma in una relazione di servizio del 23.1.12 a firma Pecoraro e Dominici, prodotta dalla difesa, nella quale risulta per tabulas un intervento al Pronto Soccorso di Mazara del Vallo. Fu proprio in quel frangente, con il concomitante intervento dei Carabinieri di Mazara del Vallo che i due apprendevano dell’indagine in materia di prostituzione, che poi avrebbe interessato il Misuraca e la Bossa Valdez. Un ulteriore argomento utilizzato dalla Procura e poi ripreso dalla sentenza del Tribunale di Marsala, riguardava la falsità della relazione di servizio del 19.4.2012, anche questa a firma di Pecoraro e Dominici, nella quale si attestava che l’omesso controllo era giustificato dalla necessità di non pregiudicare l’attività d’indagine in corso”. Ma questa relazione, secondo l’accusa, sarebbe stata redatta parecchio tempo dopo al fine di giustificare il comportamento omissivo.



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