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09/07/2018 08:21:00

A Messina approda nave con 106 migranti. Scontro nel governo

 Sabato sera al molo Norimberga del porto di Messina è approdata la nave militare irlandese Samuel Beckett con a bordo 106 migranti, quasi tutti provenienti dal Sud Sudan.

In tutto, 93 uomini, 11 minorenni e due donne, una delle quali incinta. Sembra che il primo soccorso sia avvenuto in zona Sar maltese nella notte fra il 4 e il 5 luglio, poche ore dopo che il gommone era partito da Gasr Garabulli, cioè dalla Tripolitania, vale a dire dalla Libia. Il pattugliatore irlandese che partecipa alla missione europea Eunavformed, dopo aver effettuato il soccorso, ha chiesto a Roma il permesso di sbarcare i migranti, e dal Viminale è arrivata l’indicazione di Messina.

Matteo Salvini ha commentato così la vicenda: «Dopo aver fermato le navi delle Ong, giovedì porterò al tavolo europeo di Innsbruck la richiesta italiana di bloccare l’arrivo nei porti italiani delle navi delle missioni internazionali attualmente presenti nel Mediterraneo. Purtroppo i governi italiani degli ultimi 5 anni avevano sottoscritto accordi perché tutte queste navi scaricassero gli immigrati in Italia. Col nostro governo la musica è cambiata, e cambierà». L’uscita di Salvini non è piaciuta però al ministro della Difesa Elisabetta Trenta, tanto che ieri sera fonti del suo ministero hanno sottolineato che la competenza sulle missioni internazionali non è del Viminale: «Eunavformed è una missione europea ai livelli Esteri e Difesa, non Interni. Quel che vanno cambiate sono le regole di ingaggio della missione e occorre farlo nelle sede competenti, non a Innsbruck». E ancora: «L’azione deve essere coordinata a livello governativo, altrimenti l’Italia non ottiene nulla, a parte qualche titolo sui giornali, fermo restando che la guida italiana per noi è motivo di orgoglio».

Sandro Veronesi ha scritto una lettera a Roberto Saviano sollecitando la necessità di «metterci il corpo» per contrtastare quanti sostengono che la migrazione dalla Libia all’Italia sia «una pacchia». «“Metterci il corpo” per me ha un significato solo: significa andare laggiù, dove lo scempio ha luogo, e starci, col proprio ingombro, le proprie necessità vitali, la propria resistenza, lì. Il corpo, il mezzo più estremo di lotta nella tradizione della non violenza. Dunque, la prima domanda che ti rivolgo è: cosa pensi tu di questa — in fondo — banalità? Esagero? [...] Che dici, Roberto, vaneggio? Ammesso che una di queste navi Ong che incrociano al largo delle acque libiche conceda qualche posto a bordo, pensi che i corpi più importanti del nostro Paese — cioè quelli più valorosi, più ammirati, più amati, più belli, più dotati, più preziosi, più popolari, più desiderati —, siano tutti impossibilitati a unirsi a me e a te, nell’occupare quei posti? Io, di certo, non basto. E nemmeno tu sei abbastanza [...] Ci vorrebbe, per dire, il commissario Montalbano, che ha il doppio di spettatori di quanti elettori abbia avuto la Lega a marzo [...] pensa se il corpo ce lo mettesse Totti. Checco Zalone. O Claudio Baglioni. O Federica Pellegrini. O Jovanotti. O Sofia Goggia. O Celentano. O Monica Bellucci che fa da interprete dal francese. O Chiara Ferragni che allatta. O Giorgio Armani che compie 84 anni. Sulla nave. Laggiù. In quel tratto di mare dove la gente viene lasciata morire per opportunismo, o far pressione su Malta, o su Macron» 



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