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lunedì, 29 Aprile 2024

Una “testimonianza di grato animo”, ovvero il monumento a Leopoldo I d’Asburgo

17.11.2018 – 08.55 – Guardare in alto è un’abitudine che si è andata perdendo negli ultimi decenni, ma gettare ogni tanto un’occhiata agli ultimi piani di palazzi e vie può svelare piacevoli sorprese, dalla terrazza statuaria di casa Valdoni (via Commerciale 25), alle statue e le decorazioni nascoste in ogni angolo della città.
È il caso del monumento a Leopoldo I d’Asburgo: una colonna con alla sommità una statua di bronzo collocata di fronte al Palazzo della Camera di Commercio, in Piazza della Borsa.
Leopoldo I, avvolto in un ampio mantello e una preziosa armatura, regge con la mano destra lo scettro e con la sinistra il globo terrestre sormontato dalla croce. La postura sembra voler abbracciare la piazza e simbolicamente il mare e il commercio alle sue spalle. Il mantello svolazzante e le braccia protese lo trasformano in una figura iconica e facilmente riconoscibile.
Ma chi era Leopoldo I d’Asburgo?
Quale legame intercorre tra questo dimenticato monarca e Trieste?

Il regno di Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705) attraversò nell’arco di sessantacinque anni una vera e propria tempesta militare, politica e religiosa: in prima linea contro l’Impero Ottomano, Leopoldo respinse l’ultimo, terribile assedio a Vienna (1683) e negli stessi anni dovette affrontare il fantasma della peste, che decimò la capitale austriaca (1679). Per un secolo quale il Seicento e per un uomo quale Leopoldo, destinato in origine alla carriera religiosa, la minaccia protestante, mascherando progetti di ribellione, era un nemico altrettanto reale degli ottomani e in questa veste Leopoldo fu un acerrimo sostenitore della Controriforma.
Nonostante Maria Teresa d’Austria fosse ella stessa una sovrana molto più barocca di quanto gliene se dia credito, probabilmente Leopoldo fu l’ultimo sovrano “barocco” degli Asburgo, investito di quelle minacce, dagli ottomani, alle pestilenze, che sarebbero poi scomparse nel corso del Settecento, Secolo dei Lumi.

La morte improvvisa del fratello maggiore Ferdinando IV (9 luglio 1654) comportò l’elezione del suo più diretto successore, ovvero Leopoldo: il giovane si ritrovò così re d’Ungheria (giugno 1655) e di Boemia (settembre 1655) e, nonostante le cospirazioni di Mazzarino per la Francia, Imperatore del Sacro Romano Impero (18 luglio 1658).
Mentre rafforzava il legame con la Polonia cattolica per meglio controllare l’influenza della Svezia protestante, Leopoldo sposava Margherita Teresa, figlia del re Filippo IV di Spagna. Questo gli permise, quando il monarca spagnolo morì senza figli maschi, di poter contrattare con il re di Francia, anch’egli imparentato, la gestione del trono spagnolo.
Sulla frontiera orientale la questione della Transilvania divenne territorio di scontro tra l’Austria e l’Impero Ottomano, con la prima guerra di Leopoldo, che seppe bene scegliere i suoi generali.
Il condottiero italiano Raimondo de Montecuccoli annientò infatti i turchi nella battaglia di San Gottardo (1 agosto 1664) a cui sfortunatamente seguì la pace non favorevole di Eisenburg (10 agosto 1664). Intanto l’Ungheria si rivoltava contro il dominio austriaco, con diverse ribellioni sobillate dalla Francia di Luigi XIV e dall’atteggiamento intollerante di Leopoldo mirante a estirpare la mala erba protestante dai suoi territori.
La minaccia dall’interno del regno si capovolse in un’aggressione esterna, quando nello stesso periodo l’Impero Ottomano ritornò all’attacco con la seconda guerra contro l’Austria (1683-1699).
Il fatidico secondo assedio di Vienna (14 luglio 1683-12 settembre 1683) si concluse con la disfatta degli ottomani, ricacciati dalle forze tedesche di Giovanni Giorgio III di Sassonia e polacche con gli “ussari alati” del re Sobieski. Il colpo di grazia giunse infine con la schiacciante vittoria di Zenta (11 settembre 1697) presso il Tibisco con il generale – italiano, ma assoldato dagli Asburgo – Eugenio di Savoia.
La successiva pace di Carlowitz (26 gennaio 1699) permise così di stabilizzare i confini orientali, garantendo all’Europa, ma specialmente agli Asburgo, di dedicarsi con maggiori risorse alla politica interna. La pace ebbe un’importanza fondamentale per Trieste; sarà proprio non dovendosi preoccupare dei turchi che Carlo VI ebbe modo d’interessarsi a Trieste e a concederle lo statuto di Porto Franco (1719). Questo primo accordo venne poi suggellato da Carlo VI con la pace di Passarowitz (1718). Il dibattito se celebrare i trecento anni nel 2019 dello statuto di Porto Franco o dell’anniversario di Passarowitz è in realtà una falsa contrapposizione; fu proprio la pace alle frontiere a garantire lo statuto di Porto Franco, il primo è la causa del secondo. Senza negare come per Trieste la concessione del Porto Franco rimanga l’avvenimento più fondamentale e importante nella storia della città “commerciale” e “emporiale” per come la conosciamo.
Nonostante una prima fase di collaborazione con la Francia, Leopoldo procedette a un’alleanza prudenziale con Olanda e Inghilterra, che si rivelò accorta quando la Francia procedette alla conquista dell’Alsazia (1680-81). La scelta amara di doversi alleare con potenze protestanti quali l’Inghilterra si ripagò nella prima fase della guerra di Successione Spagnola, quando presso Höchstädt (Baviera) il principe Eugenio e il duca di Marlborough annichilirono l’esercito francese (13 agosto 1704). L’anno successivo Leopoldo moriva improvvisamente (5 maggio 1705).

Leopoldo I d’Asburgo, la statua sulla colonna, dettaglio (Trieste Segreta)

Leopoldo visitò Trieste nell’anno domini 1660, quando l’Austria e la Serenissima erano entrambe impegnate a combattere la minaccia turca. Proprio in quegli anni la Repubblica di Venezia avrebbe perso le isole di Cipro e Creta nella sanguinosissima guerra “di Candia” (1645-69).
Proprio con Leopoldo d’Asburgo l’attenzione dell’Austria inizia con lentezza a interessarsi dell’Europa orientale, abbandonando parzialmente l’interesse verso la sola Confederazione Germanica. L’esempio vincente dell’Inghilterra con le sue colonie e i suoi commerci senza dubbio aveva attirato l’attenzione anche di una casata continentale quale gli Asburgo. La visita di Leopoldo può venir dunque considerata un interessante momento di passaggio, che preavverte simbolicamente il successivo intervento di Carlo VI.

Il pamphlet del 1661 di Vitale Dell’Argento, Descrittione de gli applausi festivi della citta di Trieste per l’arrivo dell’invittissimo imperatore Leopoldo primo dedicata all’illustrissimo magistrato e Conseglio della medesima cutta di Trieste, offre una bella descrizione di Trieste.

… fortezza di non picciola considerazione in questi confini per le conseguenze, che seco porta, non solo per la incontaminata fedeltà di questi sudditi confinanti, come ancor per esser Porto, ove approdano le merci e si spediscono cariche d’Argento vivo, Rame, Acciali & ferraccie, che scaturiscono dalle miniere di queste montagne de’ Stati hereditarij, & anco Porta, per la quale si transita, & entra nella Germania…

La descrizione – ristampata dal FAI (1994) – è d’eccezionale interesse nella misura in cui sottolinea la fedeltà della città all’Austria e soprattutto la descrive come un centro con una sua dignità, tutt’altro che “villaggio di pescatori” come invece piace additare ai documentari televisivi e agli articoli più divulgativi su Trieste.

Pietro Kandler, con un articolo sul giornale L’Istria (sabato 20 gennaio 1849), ripercorre la storia della statua dedicata a Leopoldo e ricorda che “Nel 1660 Leopoldo I venne in queste parti, si trattenne qualche giorno in Duino per visitare una sua parente di casa Gonzaga sposata nel conte della Torre, poi si recò in Trieste ove accettò l’omaggio di questa città, e rilasciò diploma che confermava gli statuti, buoni diritti, e costumanze”.

La cittadinanza pertanto eresse la statua per commemorare la visita di Leopoldo; inizialmente era nella Piazzetta di Pozzo del Mare, fuori dalle mura, in una zona ora scomparsa. La piazzetta infatti era anche nota come Piazza dello Squero Vecchio e approssimativamente corrispondeva a dove adesso sorge il palazzo del Lloyd.

Vitale Dell’Argento descrisse l’erezione della statua: “Nella Piazza alzarono una colonna con tre ordini di scalinata a guisa di soglio, sopra della quale posava la base di detta colonna intagliata per tutte le parti con artificiosa maestria di diverse imprese, alta di piedi ventiquattro (…) che riusciva di ornamento alla Piazza, di vaghezza alla vista e di consolazione al Popolo; & hora si fabbrica la colonna di marmo bianco la statua tutta intera di bronzo, indorata nelle sue parti per conservarne eterna in tutti i secoli la memoria”.

La colonna reca tuttora la scritta: Leopoldo I Avgvsto tergestinos invisenti statvtaqve patria approbanti devota vrbis gratitvdo erexit (A Leopoldo I Augusto, in occasione della sua visita a Trieste e dell’approvazione dei patri statuti, la devota gratitudine della città eresse).
La statua era inizialmente di legno, ma in seguito fu fusa in bronzo adottando come modello la statua precedente. Non si sa nulla sul supervisore alla fusione, l’architetto Carlo Trabucco.
Lo scultore della statua di legno, Antonio Salvador, non è stato oggetto di studio, almeno per quanto risulta dalle mie ricerche. Sarebbe un soggetto interessante in quanto la scultura di bronzo, modellata sull’originale di legno, presenta un barocco veneziano finalmente con qualche tocco di originalità, se confrontato con la produzione della Serenissima di quei decenni, che si limitava a importare il gusto italiano allora dominante nel resto della penisola.
Idealmente la statua a Trieste riflette il gusto per il barocco della Chiesa di Santa Maria Maggiore, dove Leopoldo “sentì Messa” e di Palazzo Marenzi, dell’omonimo arcivescovo, allora appena costruito (1650). La peste a Vienna, che falciò le vite di settantacinquemila abitanti, venne commemorata con la colonna della Trinità, costruita secondo Leopoldo “tesa verso l’infinità del cielo” come ex voto “se fosse cessata l’epidemia”. Questo è il riferimento invece “viennese” per il barocco della statua a Leopoldo I.
La statua in sé presenta una grande cura per la panneggiatura e le fini (troppo fini, in effetti) decorazioni del mantello. Leopoldo veste un’armatura realistica e ricca di piccoli dettagli, mentre la ricchezza della corona con le gemme e il “toson d’oro” confermano uno scultore d’eccezione, non un mestierante tra i tanti. Lo spettatore è avvinto dal magnetismo nell’espressione di Leopoldo, che non lesina sui difetti del viso caratteristici delle tare genetiche degli Asburgo: l’abbondante criniera di capelli completa l’espressione matura dell’uomo, dove spicca il “prognatismo” dell’immenso mento sporgente.
Gino Pavan ne Il Monumento a Leopoldo I a Trieste (Archeografo Triestino, serie 4., v. 59/1, 1999) compara la statua con una medaglia di Phillipp Heinrich Muller (battaglia di Zenta, 1697) e due di Georg Hautsch (Karlowitz, 1699).
La somiglianza delle due medaglie con il ritratto del sovrano a Trieste è molto forte e conferma un certo realismo nella raffigurazione del sovrano, lontana dal nascondere i difetti fisici.

È nuovamente Pietro Kandler a ricordare la visita stavolta di Carlo VI che rimase commosso al vedere a distanza di oltre mezzo secolo la statua del padre: “La colonna era stata collocata sulla piazza maggiore. Allorquando Carlo VI nel 1727 visitò Trieste, appena l’ebbe veduta nel passare per piazza, si levò il cappello, ed inchinò il corpo per rispetto alla memoria di suo Padre. Sulla piazza medesima venne pure alzata la statua di Carlo VI che tuttora esiste; ve ne aveva una terza in onore di Ferdinando I che fu tolta nel 1783 perchè d’imbarazzo.

Piazza della Borsa (Trieste Tour)

Nell’anno 1808 la colonna con la statua fu rimossa per ordine del governatore conte Sigismondo de Locavacacz e ricollocata in Piazza della Borsa. La buonissima intenzione era di valorizzare un’area quale la Borsa da poco divenuta “urbana” e favorirne la crescita.
Kandler, a distanza di quarant’anni, non ne sembra molto felice: “Questa di Leopoldo venne trasportata nel 1808 dinanzi la Borsa; sarebbe stato più adatto di trasportarvi quella del fondatore dell’Emporio, Carlo VI, ma tant’è, trasportarono Leopoldo I”.
La natura seicentesca della statua, sufficientemente antica da non offendere le autorità italiane, ne permise la sopravvivenza nel periodo di passaggio di Trieste all’Italia.
Tra il 4 e il 19 aprile 1934 la colonna fu spostata di quattro metri verso il centro a causa di una riorganizzazione della rete di tram cittadina.
Verso il 1940 un banale incidente diplomatico ordinò lo smantellamento della statua e in un primo momento persino la distruzione totale del Leopoldo di bronzo. La famiglia imperiale austriaca, mentre soggiornava in America, aveva rilasciato alcune dichiarazioni sul futuro di Trieste sgradite alle autorità locali. La scultura venne salvata soltanto per il furore della popolazione all’idea di perdere il loro “Leopoldo” e allo stop della Soprintendenza alle Belle Arti. La scultura giacque pertanto abbandonata nelle profondità di un magazzino comunale e in seguito nel deposito del Civico Museo di Storia e Arte, prima di venire recuperata nel 1950.
In questo caso si operò un frettoloso restauro e presto la statua e la colonna furono nuovamente erette nella Piazza della Borsa. Dopo diversi decenni, anche per interessamento dei cittadini e delle associazioni culturali operanti sul territorio, è stato compiuto un ultimo, completo, restauro.
Tra il 1991 e il 1994 la colonna e la scultura sono state smontante e riportare all’antica gloria pezzo per pezzo. Il bronzo della statua ha svelato nell’occasione diverse imperfezioni: la fusione a cera persa aveva infatti nel Seicento trascurato diversi dettagli dell’originale di legno, a partire dalle decorazioni del manto e delle pieghe. Citando Gino Pavan “le maestranze dell’Arsenale fondevano con maggiore perizia i cannoni per la Serenissima Repubblica, che i bronzi di carattere artistico”.
L’architetto Trabucco aveva pertanto ordinato l’uso a quanto sembra di “rappezzi” per correggere le parti mancanti nella forgiatura col bronzo.
Infine un’ulteriore difficoltà si era creata con il restauro del 1950, quando per “fissare” la statua si era pensato bene di riempirla dal cavo nella testa con un getto di malta cementizia.
Nonostante i tanti ostacoli, verso la metà degli anni Novanta, Leopoldo I d’Asburgo tornava alla sua vecchia gloria e veniva ricollocato in Piazza della Borsa, dove rimane tutt’ora, retaggio plurisecolare delle origini della città.

*La citazione del titolo proviene da Pietro Kandler, L’Istria, “Colonna di Leopoldo I”.

Zeno Saracino
Zeno Saracinohttps://www.triesteallnews.it
Giornalista pubblicista. Blog personale: https://zenosaracino.blogspot.com/

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