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venerdì, 3 Maggio 2024

Transiti e spedizioni di armi da Monfalcone. Il percorso ignoto di 415 missili.

29.05.2019 – 10.42 – Missili, bazooka, munizioni accuratamente imballati e predisposti per il viaggio verso l’Arabia Saudita. In sicurezza? Sono questi, infatti, gli oggetti che hanno motivato ieri l’allarme e la protesta dei lavoratori portuali di Monfalcone, seguita oggi dalle interrogazioni parlamentari presentate dal Movimento 5 Stelle e dal dibattito politico. Si era accennato a una nave in transito, con carico predisposto di 360 bazooka e 415 missili – transito già di per sé pericoloso a causa dell’elevato potenziale esplosivo delle munizioni anticarro; l’interrogazione deposta da Sabrina De Carlo parla però di trasporto effettuato via camion, attraverso la rete autostradale fra Italia e Slovenia, e la preoccupazione, quindi, arriva a livelli molto alti se solo si pensa al numero di incidenti sul tratto autostradale interessato che coinvolgono mezzi pesanti: solo ieri l’ultimo incidente mortale. Può, un missile anticarro, detonare se coinvolto ad esempio dal fuoco che si sprigiona in un incidente stradale? La risposta è: dipende. Dal tipo di missile e quindi del suo carburante, dal tipo di esplosivo della testata – il ‘Kornet’ russo, ad esempio, può montare anche testate cosiddette termobariche, che contengono idrocarburi. Dall’insieme generale delle condizioni, insomma. Dire ‘impossibile’ equivarrebbe a dimenticare l’esplosione a Severomorsk in Russia, negli anni Ottanta, in cui morirono 300 persone, e altre tragedie.

Il materiale in transito a Monfalcone sarebbe stato acquistato dall’Arabia Saudita per essere destinato alla guerra in Yemen, con una spedizione curata da Bahri Bolloré Logistics, francese, e la società araba Bahri controllata dal governo saudita; si tratta, per quanto riguarda lo Yemen, di una guerra di cui nessuno parla, e che prosegue dal 2015: una ‘Proxy War’ – lo è del resto la Siria stessa – nella quale i Sunniti dell’Arabia e gli Stati Uniti, da una parte, sfidano i ribelli Sciiti e quindi l’Iran dall’altra, sotto l’ombrello del confronto di religioni, o di visioni diverse dell’Islam stesso, seppure gli Stati Uniti non siano un paese islamico. Guerra nella quale oltre ai missili anticarro e ai bazooka le armi usate sono la fame e il colera, oltre all’indifferenza, proprio perché si sa bene che la guerra c’è ma nessuno fa niente, neppure l’ONU. Il commercio di armi, del resto, è un business molto importante: nell’ultimo periodo analizzato dal SIPRI di Stoccolma il commercio, quello 2008-2012, le vendite sono cresciute del 10 per cento con gli Stati Uniti saldamente nella posizione di testa della classifica mondiale con un 34 per cento del fatturato mondiale, cresciuto del 25 per cento in meno di dieci anni a fronte di un calo della Russia, al secondo posto colpita dalla forte concorrenza, e della Germania, quarto posto in sensibile calo anch’essa. Francia stabile, è terza nel mondo per esportazioni; attenzione, ci siamo anche noi, in nona posizione con un 2,5 per cento. Non vendiamo solo fucili: i margini più ricchi dei produttori di armi sono proprio quelli sulle armi pesanti, come i missili anticarro: i maggiori clienti dell’Italia per quanto riguarda l’esportazione di armi sono gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia e l’Algeria, e poi Israele, Marocco, Qatar. Due domande sulle regole: come cambiano, le regole d’ormeggio della Capitaneria giuliana che prima non consentiva questo tipo di operazione e può, un carico di missili anticarro, transitare sull’A4 e arrivare a Monfalcone senza che nessuno ne sappia niente tanto da accorgersene solo al carico, se cosi è?

[foto: un missile anticarro usato in Siria]

 

 

 

Roberto Srelz
Roberto Srelzhttps://trieste.news
Giornalista iscritto all'Ordine del Friuli Venezia Giulia

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