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Catalogna, è ancora scontro con Madrid

La scure della Spagna si è abbattuta di nuovo sulle istituzioni catalane, già decapitate da Madrid dopo la proclamazione della 'repubblica' il 27 ottobre. Per decisione del tribunale supremo spagnolo e del gip Pablo Llarena sono finiti in carcere il candidato President catalano Jordi Turull, che oggi avrebbe dovuto sottoporsi al secondo turno dell'elezione presidenziale nel Parlament di Barcellona e altri 4 leader indipendentisti.

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Tutti formalmente incriminati per presunta ‘ribellione’ da Llarena. Rischiano 30 anni di carcere per avere portato avanti pacificamente il progetto politico dell’indipendenza.

L’arresto di Turull è un durissimo colpo per il funzionamento delle istituzioni della Catalogna, in pieno caos e sempre senza governo a oltre tre mesi dalle elezioni del 21 dicembre. Con Turull sono finiti in carcere l’ex-presidente del Parlament Carme Forcaell e tre ex-ministri del Govern Puigdemont ora deputati catalani, Raul Romeva, Dolors Bassa e Josep Rull.

Tutti in prigione

In prigione sono già da 5 mesi l’ex-vicepresidente Oriol Junqueras, l’ex-ministro Joaquim Forn e i leader della società civile Jordi Sanchez e Jordi Cuixart. Con loro Llarena ha incriminato ieri per ‘ribellione’ e rinviato a giudizio l’ex-President Carles Puigdemont e i 4 ex-ministri con lui rifugiati in Belgio e la segretaria generale dello storico partito della sinistra catalana Erc, Marta Rovira, che questa mattina ha scelto a sua volta l’esilio per evitare l’arresto. Sarebbe in Svizzera, dove già si è rifugiata la leader Cup Ana Gabriel incriminata per ‘disobbedienza’. 

Mandato d’arresto per Puigdemont

Llarena ha riattivato ieri gli euro-mandati di arresto contro Puigdemont e gli altri esiliati, che aveva ritirato in dicembre per il rischio di vederli bocciati dalla giustizia belga. Non è chiaro se dopo l’incriminazione formale avranno più speranze di essere recepiti.

Sono in tutto ora 25 i leader catalani rinviati a giudizio per ‘ribellione’, ‘disobbedienza’ o ‘malversazione’ per il presunto impiego di danaro pubblico per il referendum di indipendenza del 1 ottobre. Suscitano però le riserve di autorevoli giuristi spagnoli le mosse dal gip Llarena, e l’incriminazione dei leader catalani per ‘ribellione’. Un reato che secondo la legge spagnola suppone un ‘alzamento violento’, quando secondo tutti gli osservatori il ‘process’ catalano è stato pacifico.

Per il giudice emerito del tribunale supremo José Antonio Martin Pallin il reato di ribellione “non esiste”. Il costituzionalista Javier Perez Royo ha parlato di “un caso di abuso di potere da manuale”: c’è “un margine enorme”, ha detto, per un intervento della Corte europea dei diritti umani. 

Da Helsinki Puigdemont ha denunciato la “gravissima anomalia democratica” spagnola. “Lottiamo contro un regime autoritario, ha accusato, che non rispetta le decisioni del popolo di Catalogna”. In un tweet inviato prima di entrare in carcere Carme Forcadell, uno dei volti della ‘rivoluzione catalana’, ha scritto: “ci imprigionano fisicamente, ma non possono fermare le nostre idee”. 

Migliaia di persone sono scese in piazza in tutte le città della Catalogna in serata al grido di ‘llibertat’ per denunciare l’arresto di President in pectore Turull e degli altri leader indipendentisti.

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