Idlib e l’ambiguo gioco della pace

Stampa

L’attenzione dei media internazionali era da tempo puntata sull’imminente battaglia di Idlib. Che la notizia dell’attacco fosse vera o falsa poco importava, in realtà. Il vertice del 7 settembre a Teheran fra Putin, Rohani e Erdogan sembrava la sanzione ufficiale dell’invasione del governatorato di Idlib da parte dell’esercito governativo, supportato dall’aviazione russa e appoggiato a terra da milizie sciite filo-iraniane. L’ultimo territorio siriano interamente controllato da jihadisti e gruppi anti-governativi sarebbe stato conquistato anche a costo di una strage di civili e di centinaia di migliaia di sfollati. La diplomazia internazionale si era messa in moto con le solite chiacchiere e minacce. Erano intervenute anche le Nazioni Unite nel tentativo di scongiurare l’attacco.

Era, però, altresì palese il disagio di Erdogan nell’appoggiare tale attacco. Il presidente turco è senza dubbio fortemente interessato a mantenere la promettente alleanza con Mosca e Teheran, molto meno a sostenere il governo siriano di Bashar al-Assad. Da sempre. La politica turca ha infatti sostenuto e protetto per anni i ribelli antigovernativi, compresi alcuni gruppi jihadisti. Abbandonare il sostegno ai ribelli rischierebbe di aprire una crisi di consenso interno in Turchia, dove l’opinione pubblica sunnita che sostiene Erdogan non è certamente filo-Assad.

L’accordo fra Erdogan e Putin del 17 settembre a Sochi ha scompigliato le carte e spiazzato i media internazionali: la battaglia di Idlib non ci sarà. Almeno così sembrerebbe. A garanzia della tregua, russi e turchi intendono creare una zona smilitarizzata fra ribelli e governativi.

Colpisce sempre in tutte queste trattative sulla Siria l’assoluta assenza di interlocutori siriani. Sono gli “alleati” che fanno il bello e il cattivo tempo. E questo riguarda Russia, Iran e Turchia, ma anche Arabia Saudita, Emirati e Usa (con Inghilterra e Francia annesse), senza dimenticare gli israeliani che non stanno ufficialmente con nessuno, se non contro gli sciiti filo-iraniani. In definitiva, questo conferma, se ce ne fosse bisogno, che i siriani non sono padroni del proprio destino e della loro stessa vita. I giochi di pace o di guerra in Siria si decidono altrove.

Cosa è successo il 17 settembre a Sochi, sul Mar Nero? Putin e Erdogan hanno stretto un accordo in 10 punti che essenzialmente stabilisce la sospensione degli attacchi e la creazione di un’area demilitarizzata profonda da 15 a 20 km fra le attuali posizioni governative e quelle dei ribelli. La sorveglianza dell’area sarà garantita da truppe turche e dalla polizia militare russa. Tutti i gruppi jihadisti e ribelli, e le armi pesanti, dovranno lasciare libera quest’area entro il 15 ottobre. Turchi e russi si impegnano anche a riaprire entro fine anno le due autostrade (M4 e M5) che collegano Latakia con Aleppo e garantirne la sicurezza. Viene infine ribadito l’impegno comune a lottare contro il terrorismo.

Oltre ai civili siriani, che ottengono così una proroga al rischio di dover sfollare e/o essere vittime dello scontro armato, chi ci guadagna in questo accordo sono certamente turchi e russi. Erdogan salva capra e cavoli e allo stesso tempo ottiene un successo diplomatico notevole, che per di più rafforza la presenza militare turca in Siria. Per Putin e Lavrov rinsaldare l’alleanza con Erdogan allontana ulteriormente la Turchia dalla Nato: è preferibile convincere Assad a rimandare l’attacco di Idlib piuttosto che perdere un alleato chiave e rischiare un riavvicinamento di Erdogan agli Usa e all’Alleanza Atlantica.

Nella stessa giornata del 17 settembre, mentre i due capi di Stato si trovavano a Sochi, a complicare le cose c’è stato l’ennesimo attacco israeliano in Siria, che ha indirettamente provocato l’abbattimento da parte della contraerea siriana di un aereo militare russo diretto a Latakia. I siriani si sono profusi in mille scuse con gli alleati e i russi si sono indignati con gli israeliani per il preavviso di due minuti appena fornito dagli F-16 israeliani. Ma il bilancio non cambia: l’abbattimento per fuoco amico dell’aereo da trasporto Il-20 ha provocato la morte di 15 militari di Mosca. I russi, che peraltro hanno stipulato anche di recente parecchi accordi con Netanyahu (come le operazioni di controllo nel Golan), hanno immediatamente deciso di fornire ai siriani il sistema antiaereo S-300, la cui consegna era da tempo bloccata per l’opposizione degli israeliani. Un sistema di missili che riconosce e non attacca i velivoli amici.

Quanto durerà l’accordo di Sochi? Sperando che duri, è anche evidente che questi ambigui giochi di pace non sono mai sicuri, e soprattutto non sono ancora la pace. Ma per i civili di Idlib minacciati da una catastrofe umanitaria sono una piccola tregua di speranza. E per la comunità internazionale la speranza che le decine di migliaia di ribelli-terroristi presenti nella provincia di Idlib non sciamino altrove.

Bruno Cantamessa da Cittanuova.it

Ultime notizie

Soffia il vento delle rinnovabili… ma non abbastanza

29 Aprile 2024
Il 2023 si è chiuso con dati incoraggianti, ma vanno messi in campo sforzi di sistema. (Anna Molinari)

Nucleare sì o no? Cosa si muove in Europa

28 Aprile 2024
Il dibattito sul nucleare, civile e militare, è tornato ad essere protagonista in Europa e non solo. (Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo)

Vado a lavorare a Milano

27 Aprile 2024
Intervista a Camilla Sorrentino, co-autrice del report “Per un salario giusto”. (Ingrid Salvadori da Agenzia di Stampa Giovanile)

La tutela dell’ambiente non è contro l’agricoltura

26 Aprile 2024
Perché circa otto miliardi di persone si confrontano quotidianamente con il cibo. Quindi ci rapportiamo con l’agricoltura, troppo spesso senza nemmeno rendercene conto. (Slow Food)

Per chi suona la campana. Il punto

26 Aprile 2024
Mentre la situazione è disperata, nessuno mette seriamente in campo strumenti per negoziare la fine della guerra. (Raffaele Crocco)