Il rogo di Notre-Dame ha colpito molto l’immaginario collettivo. Appare tra l’altro inquietante che, nella stessa notte, un rogo abbia colpito anche Al Aqsa, la moschea sorta sulla spianata del Tempio di Salomone. I media hanno rassicurato l’opinione pubblica sul fatto che gli elementi originali – i rosoni, le reliquie (inclusa la corona di spine), gli interni in genere – fossero scampati alla distruzione, che colpito il tetto in legno e la guglia centrale.
Il crollo di quest’ultima è stata il vulnus più impressionante al complesso sacrale, ma si è precisato trattarsi di un elemento inserito tardivamente da Eugene Viollet-Le-Duc. L’autore (1814-1879) è infatti un primario artefice di una concezione del restauro tipicamente ottocentesca e neogotica.
Un tema su cui, qui nel cuneese, ha molto riflettuto un progetto di alta qualità come il CuNeoGotico, coordinato dal direttore del MIAAO, il professor Enzo Biffi Gentili: e proprio nel monregalese ci sono eccellenze in questo senso, come il lavoro dello Schellino di Dogliani.
Viollet-Le-Duc è fondante per quella “lettura alchemica” che si è stratificata nel tempo sull’archetipo della cattedrale medioevale, incarnato in Notre-Dame. Una componente certo presente fin dalle antiche corporazioni muratorie dei costruttori gotici, in cui la massoneria vede la sopravvivenza dei cavalieri templari, ma fortemente valorizzata dall’architetto (l’ha sottolineato anche Franco Cardini).
La rappresentazione dell’alchimia in un bassorilievo di una donna con in grembo una scala diviene una sorta di punto d’inizio per rileggere con occhi diversi i simboli della cattedrale, strutturati su più livelli (come, in letteratura, nella Commedia dantesca). Una lettura che parte dai saggi fondanti di Fulcanelli (amico dei Curie, moderni “alchimisti” operativi dell’età atomica: e Marie, del resto, venne anche dalle nostre parti, nel 1918, per analizzare le acque radioattive di Lurisia). “Il mistero delle cattedrali” (1926) e “Le dimore filosofali” (1931) sono i due pilastri della divulgazione dei potenziali significati “ermetici” di Notre-Dame, poi ripresi innumerevoli volte.
Insomma, anche nei dettagli aggiunti nell’Ottocento c’è una parte della forza e del fascino di Notre-Dame: bisogna augurarci – con una punta di tremore... - che la nostra epoca sappia coglierne le ragioni nell’operare un restauro che si annuncia un compito imponente.